Stella al Piccolo Bellini | Recensione

Stella al Piccolo Bellini

Stella, in scena l’11 e 12 ottobre al Piccolo Bellini di Napoli, inaugura la stagione Dance&Performance del Teatro Bellini curata anche quest’anno da Manuela Barbato ed Emma Cianchi. Poco meno di un’ora di spettacolo ed è il risultato di un lungo lavoro di ricerca, spiega il coreografo Luciano Padovani quando, dopo aver abbandonato i panni di Aldo Moro, si rivolge al pubblico in sala.

Del fatto di cronaca, la Compagnia Naturalis Labor ci restituisce attraverso il buio dello spazio scenico, la temperatura delle stanze in cui si consumò l’omicidio Moro. Un evento spartiacque e mai raccontato attraverso la danza, ma già consegnato al grande pubblico attraverso il cinema di Bellocchio e il teatro, nelle interpretazioni per citarne alcuni, di Timpano e Gifuni.

Danzare la storia è la sfida di Naturalis Labor

In scena: Roberta Piazza, Andrea Rizzo e Luciano Padovani

Alcuni oggetti di scena collocano l’azione in un luogo e in un tempo precisi. Una radio anni Settanta che diffonde nella sala del Piccolo Bellini le parole di uno dei nove comunicati stampa rilasciati dalle BR, si colloca accanto a disordinate pile di libri e su un tavolo in legno una vecchia macchina da scrivere Olivetti verde acqua fa da compagna a una pistola e a tante sigarette – è il preludio di un finale già scritto e inevitabile.

La performance è di fatto un passo a due che vede protagonisti Roberta Piazza e Andrea Rizzo nei panni dei due brigatisti e carcerieri di Aldo Moro. Figura storica ingombrante e complessa, è interpretato qui da Luciano Padovani stesso, che siede di spalle rievocando il celebre scatto con la stella a cinque punte come sfondo. Nella pièce invece è il suo corpo a fare da sfondo alle vicende cariche di tensione che si articolano al centro del palco e sul proscenio.

I performer agiscono tra le pieghe della storia, in una pièce che racconta una relazione tormentata quanto il periodo storico in cui è ambientata, restituendone così il clima soffocante attraverso una tensione costante ed un ritmo lento, quasi sospeso, privo di svolte decisive. Il pezzo è accompagnato da suoni che richiamano lo space rock anni Settanta – alternati ad assoli di chitarra ben riconoscibili invece – come la intro di Shine on you crazy diamond, che riecheggia il finale di Buongiorno, notte di Bellocchio e sancisce quasi l’inizio della performance, esaltando la fluidità di movimento dei due.

Iconico il momento in cui, uno dei due danzatori, seduto al tavolo legge e studia alcuni documenti come fosse alla ricerca delle parole giuste e più pregnanti per il suo comunicato. Intanto, al ritmo del suono dei tasti della macchina da scrivere prima e del pezzo travolgente Oye como va, Roberta Piazza rompe l’ordine delle cose e spargendo fogli ovunque semina disordine, caos e vita.

Con la testa piena di libri, sogni e ideali i due, come da copione, scelgono nel finale la violenza puntando la pistola contro il disarmato Moro compiendo l’efferato omicidio politico che li consegnerà definitivamente alla storia come terroristi e violenti. La danza diventa così il luogo della memoria e della colpa, ma soprattutto fragile e umano tentativo di comprensione. La pistola di Stella non emette però alcun suono e Padovani sceglie il silenzio per dar voce al peso della storia, affidando così ai corpi dei performer in scena la possibilità di esprimere ciò che le parole non riescono.

Fonte immagini: ufficio stampa

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