Cadrò, sognando di volare – di Fabio Genovesi | Recensione

Fabio Genovesi

Lo scrittore toscano Fabio Genovesi, dopo “Il mare dove non si tocca” (Mondadori, 2017), torna in libreria con il romanzo dal titolo “Cadrò, sognando di volare“. Edita da Mondadori e uscita lo scorso gennaio, l’opera è un inno ai sogni, quelli che ciascuno di noi ha in serbo in un cassetto dal periodo dell’adolescenza ma che forse ha sempre avuto paura di tirare fuori e di provare a realizzarli.  

Cadrò, sognando di volare” di Fabio Genovesi, la sinossi

Anni Novanta. Fabio è un ragazzo di ventiquattro anni che proviene da una famiglia semplice e studia giurisprudenza ormai da anni anche se non gli piace minimamente. Un’estate, mentre è in procinto di partire per Siviglia, viene chiamato a fare il servizio civile presso una struttura per minori perché ha dimenticato di fare la procedura del rinvio del militare, esistente all’epoca. Arriva nella struttura ma non ci sono più i bambini, bensì due preti un po’ sciroccati e una donna delle pulizie con la figlia “problematica”. Con uno dei due sacerdoti, Don Basagni, un vecchio missionario che ha deciso di chiudersi in casa e non vedere più nessuno, riesce ad instaurare un bel rapporto di amicizia, basato sulla passione comune per il ciclismo. Siamo nel 1998 e Marco Pantani, “Il pirata”, trionfava nel Giro d’Italia e nel Tour de France, vincendoli entrambi.

Cadrò, sognando di volare” è una frase pronunciata da Alfonso Gatti, che seguiva e raccontava il Giro d’Italia, quando a quarant’anni imparò ad andare in bicicletta. Questa frase, che è diventata in titolo del libro, esprime in sintesi tutto quello che il romanzo di Fabio Genovesi intende comunicare. Abbiamo una sola vita e se vogliamo essere felici, dobbiamo avere il coraggio di buttarci in essa, senza timori e rimpianti, senza paura di ferire gli altri, le nostre aspettative e quelle delle persone che ci amano. E cosi faranno i due protagonisti del romanzo, Fabio e Don Basagni, si faranno coraggio insieme, prendendo la linfa della loro forza di cambiamento dalla passione per Marco Pantani che non è un semplice ciclista. Pantani è un uomo di umili origini che si impegna, suda, fatica e ce la fa, malgrado la vita gli sia stata ostile più volte, per i numerosi infortuni e non solo.

Cadrò, sognando di volare” è anche un saluto al grande Marco Pantani, nell’anno in cui avrebbe compiuto cinquant’anni, lasciandoci troppo presto. 

“Perchè io a Babbo Natale ci credevo ancora, e ci credeva Don Basagni, ci credevano milioni di persone come noi. E ci credeva Pantani, ci crede chiunque abbia ancora qualcosa dentro che sia caldo e magico, e trasformi un corpo come tanti, nato per riempire i treni e i supermercati e comprare e spendere e consumare e morire, in un volo di passioni e di emozioni, in qualcosa che è vivo veramente”.

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A proposito di Rita Giordano

Sono laureata in Scienze Internazionali e Diplomatiche e mi occupo di progettazione sociale per il No Profit. Mi definisco curiosa e appassionata verso l’arte in tutte le sue forme: amo scrivere, dipingere ma soprattutto leggere, tanto da andare in astinenza se non leggo per più di un una settimana. Ho collaborato con varie riviste specializzate (Storie, Cevitasumarte, Guerra e Pace, Eco delle città).

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