Casanova dell’infinita fuga, al Mercadante | Recensione

Casanova dell'infinita fuga, al Mercadante | Recensione

Continuano gli appuntamenti della stagione 2024/2025 al Teatro Mercadante di Napoli: va in scena Casanova dell’infinita fuga, di Ruggero Cappuccio, dal 12 al 23 marzo.

L’uomo più discusso del XVIII secolo, amante libertino e vulnerabile uomo

Con la sua drammaturgia e la direzione scenica, Ruggero Cappuccio porta sul palcoscenico la figura di uno degli uomini più discussi del XVIII secolo: Casanova dell’infinita fuga ci parla di un uomo riconosciuto nel tempo come un amante libertino, ma indagato qui oltre questo stigma affidatogli. Infatti, il Giacomo Casanova di Cappuccio si rivela anche un raffinato autore, un essere umano vulnerabile, un amante dedito al piacere erotico verso le donne, certo, ma anche un uomo libero dalle limitazioni borghesi di quel tempo e, quindi, una figura progressista da questo punto di vista.

Casanova dell’infinita fuga, scritto e diretto da Ruggero Cappuccio, va in scena al Teatro Mercadante con Claudio Di Palma, con Emanuele Zappariello, Francesca Cercola, Viviana Curcio, Eleonora Fardella, Claudia Moroni, Gaia Piatti e Estelle Maria Presciutti; con la voce delle donne di Sonia Bergamasco e le coreografe aeree FUNA Maria Anzivino, Sara Lupoli, Marianna MocciaViola Russo. Infine, con le musiche di Ivo Parlati, i costumi di Carlo Poggioli e le scenografie di Paolo Iammarrone e Vincenzo Fiorillo.

Casanova dell’infinita fuga: un piacere libero

Si legge in una parte della sinossi su Casanova dell’infinita fuga: «Il velo di seduttore vanesio che ricopre Casanova presso l’immaginario collettivo cade inesorabilmente e rivela un grande autore, un uomo che scrive con rarissima e affilata modernità, che ama le donne e ne incontra sessualmente un numero di gran lunga inferiore rispetto alla superficiale moltiplicazione attribuitagli. Soprattutto, Giacomo Casanova si manifesta attraverso la sua grande capacità di ascolto, l’assenza di ogni gelosia, la straordinaria inclinazione a scegliere creature che padroneggino la propria espressività erotica, e mirino ad un piacere esente da conflitti e limitazioni mentali borghesi» – mettendo in risalto l’idea di rivalutazione di tale figura, forse dalla storia sminuita.

Il Casanova dell’infinita fuga, dipinto dalla drammaturgia e dalla regia entrambe consegnate nelle mani di Ruggero Cappuccio, si restituisce alla platea non più soltanto nelle vesti di un comune donnaiolo, né di un semplice amante libertino, bensì palesa i contorni di una figura molto più complessa. All’ultimo appuntamento con la sua vita, il Casanova di Cappuccio innesca un circuito di memorie personali, di confronti con la dimensione femminile che rivelano, appunto, la straordinaria capacità di un uomo appartenente a un tempo lontano di ricercare l’altra nella misura di una sfida, creando un contatto che sa di condivisione e riconoscimento di sé.

Tra binari onirici e ambiguità della carne

In Casanova dell’infinita fuga Ruggero Cappuccio crea una scena onirica, sulla quale sembra trovare espressione finanche l’indicibile, i meandri della memoria nonché le pulsioni recondite dell’animo umano. Su quella stessa scena, il protagonista si manifesta nella sua essenza di essere umano, nell’estensione di un animo fragile e vulnerabile, al contrario di quell’immagine da spavaldo libertino. Le figure si stagliano sul palco come se fossero fantasmi, figure evocative insite nel paesaggio mentale ed emotivo del protagonista.

Ed è proprio in questi contorni di sogno che Casanova dell’infinita fuga – lo indica proprio il titolo – esplora una fuga interiore umana: si alternano le sensazioni derivanti dal tempo fugace, scorrevole inesorabilmente, al desiderio ed a una malinconica percezione di mortalità. Forse è proprio in questa la fuga infinita, dalla caducità delle cose, da una transitorietà che il protagonista cerca di oltrepassare ricercando nella concretezza della carne un oltre interiore.

Fonte immagine: Ufficio Stampa 

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A proposito di Francesca Hasson

Francesca Hasson è giornalista pubblicista, iscritta all’Albo dal 2023. Appassionata di cultura in tutte le sue declinazioni, unisce alla formazione umanistica una visione critica e sensibile della realtà artistica contemporanea. Dopo avere intrapreso gli studi in Letteratura Classica, avvia un percorso accademico presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II e consegue innanzitutto il titolo di laurea triennale in Lettere Moderne, con una tesi compilativa sull’Antigone in Letterature Comparate. Scelta simbolica di una disciplina con cui manifesta un’attenzione peculiare per l’arte, in particolare per il teatro, indagato nelle sue molteplici forme espressive. Prosegue gli studi con la laurea magistrale in Discipline della Musica e dello Spettacolo, discutendo una tesi di ricerca in Storia del Teatro dedicata a Salvatore De Muto, attore tra le ultime defunte testimonianze fondamentali della maschera di Pulcinella nel panorama teatrale partenopeo del Novecento. Durante questi anni di scrittura e di università, riscopre una passione viva per la ricerca e la critica, strumenti che considera non di giudizio definitivo ma di dialogo aperto. Collabora con il giornale online Eroica Fenice e con Quarta Parete, entrambi realtà che le servono da palestra e conoscenza. Inoltre, partecipa alla rivista Drammaturgia per l’Archivio Multimediale AMAtI dell’Università degli studi di Firenze, un progetto per il quale inserisce voci di testimonianze su attori storici e pubblica la propria tesi magistrale di ricerca. Carta e penna in mano, crede fortemente nel valore di questo tramite di smuovere confronti capaci di generare dubbi, stimolare riflessioni e innescare processi di consapevolezza. Un tipo di approccio che alimenta la sua scrittura e il suo sguardo sul mondo e che la orienta in una dimensione catartica di riconoscimento, di identità e di comprensione.

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