Nero di Giovanni Esposito | Recensione

Nero di Giovanni Esposito | Recensione

Presentato in anteprima il 12 maggio al Cinema Modernissimo di Napoli, Nero segna il debutto alla regia di Giovanni Esposito, che in questa pellicola veste anche i panni del protagonista. Abituati a vederlo in ruoli comici, qui Esposito sorprende non solo con un’interpretazione drammatica intensa e credibile, ma anche dimostrando, al suo esordio dietro la macchina da presa, una sensibilità registica e una versatilità degne di nota.

Trama del film

Paride, detto Nero, è un piccolo delinquente di mezza età che vive arrangiandosi come può per prendersi cura della sorella Imma, affetta da una grave forma di autismo. Durante una rapina andata male, succede qualcosa di inspiegabile: Nero scopre di poter guarire le persone con le mani. Ma ogni volta che lo fa, perde uno dei suoi sensi.

Il cuore dell’opera non è però il potere, ma il legame con Imma, interpretata con profondità e pudore da Susy Del Giudice. Lei stessa, durante la conferenza stampa, ha raccontato quanto fosse spaventata dal rischio di banalizzare o semplificare un ruolo così complesso. Ha lavorato con una specialista dell’autismo, ha studiato espressioni e movimenti, il modo in cui si comunica anche senza parole. E si vede. La sua non è una rappresentazione “da manuale”, ma una presenza genuina, toccante e rispettosa.

Imma non parla, comunica con lo sguardo, con il corpo e con l’anima. E quando Nero, nel momento forse più straziante, pensa di “curarla”, si ferma. Perché non è lei ad avere qualcosa da sistemare. È il mondo che deve imparare ad accoglierla. Il messaggio arriva forte e chiaro: non tutto ciò che è “diverso” va aggiustato. A volte è proprio in quella differenza che si nasconde la bellezza più rara.

Nero di Giovanni Esposito, un debutto intenso e autentico

Dal punto di vista registico, Giovanni Esposito stupisce davvero. Ha uno sguardo delicato, empatico, e riesce a raccontare una storia vibrante senza mai strafare. La regia è pulita, mai pretenziosa, e lascia parlare i personaggi e le emozioni. La fotografia è essenziale ma molto espressiva: Napoli non viene mai spettacolarizzata, ma mostrata per com’è, viva e cruda. La colonna sonora è discreta e ben dosata, accompagna senza sovrastare, e nei momenti più forti lascia spazio al silenzio – che in questo lavoro dice più di mille parole.

Una delle scene più commoventi è quella in cui Nero, ormai sordo, torna a riprendersi Imma. Lei lo vede dalla finestra, esce e lo abbraccia. Un momento semplice, ma con dentro una grande verità: non serve niente di più che esserci l’uno per l’altra. Lì si coglie con forza il nucleo emotivo attorno a cui tutta la narrazione si costruisce.

Curare gli altri lo consuma, lo svuota, ma in qualche modo lo rende più umano. Il lungometraggio non ti dice “il sacrificio salva tutto”, ma ti lascia la domanda: quanto siamo disposti a dare per chi amiamo?

Attenzione: l’articolo contiene spoiler

Sul finale, il regista compie una scelta narrativa potentissima: Nero è chiamato a prendere una decisione estrema per salvare chi ama. E compie un gesto definitivo, che segna la fine di un percorso. Un atto d’amore che restituisce vita dove sembrava esserci solo buio, in un parallelismo struggente con ciò che la sorella aveva fatto per lui anni prima.

Nero di Giovanni Esposito è un film che, quindi, parla di perdita, ma anche di scelta. Ci ricorda che l’umanità più vera si nasconde spesso in chi ha meno da perdere ma più da dare.

Fonte immagine: ufficio stampa

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