IMAGO VESEVI, alla Certosa e Museo di San Martino

Domenica, 12 marzo 2023, presso la Certosa e Museo di San Martino, ha avuto luogo “IMAGO VESEVI, Memorie del Paesaggio dai monaci certosini ad oggi”.

In anteprima rispetto alla Giornata nazionale del Paesaggio del 14 marzo, istituito dal Ministero dei Beni Culturali nel 2017, il Servizio Educativo del Museo Nazionale di San Martino con l’evento “IMAGO VESEVI” ha voluto dedicare questa speciale giornata al tema del Vesuvio, progettando una suggestiva narrazione su questo iconico protagonista del paesaggio napoletano. E quale luogo della città più idoneo per osservare il famoso vulcano se non dalla cornice straordinaria dello storico complesso monumentale della Certosa e Museo di San Martino?

 

“IMAGO VESEVI”, il percorso

Lungo il percorso ai visitatori è stata illustrata l’evoluzione iconografica del vulcano e il suo decisivo impatto sulla cultura popolare nel corso dei secoli, attraverso gli occhi di illustri testimoni e interpreti.

A partire dal manoscritto del monaco certosino Don Severo Tarfaglione, cronista, assieme al pittore Domenico Gargiulo detto Micco Spadaro, dell’eruzione del 16 dicembre 1631, passando per le visioni ottocentesche delle gouaches di Edoardo Dalbono, per terminare con le contemporanee riflessioni di Ferruccio Orioli, artista veneziano, ma napoletano di adozione, che ha presentato  personalmente la sua mostraDe Vesevi Rebus”. 

La performance dell’artista partenopeo Mauro Maurizio Palumbo

All’inizio del percorso a rievocare la celebre eruzione del Vesuvio del 1631, legata indissolubilmente al “terzo miracolo” di San Gennaro (quando il sangue del Santo si sciolse e il magma miracolosamente si arrestò), i suggestivi interventi recitati del regista e performer Mauro Maurizio Palumbo, nei panni del monaco certosino Don Severo Tarfaglione, che fu all’epoca testimone oculare dell’evento.

Al termine dell’esibizione, sollecitato da una nostra richiesta chiarificatrice sulla performance, l’artista ha così dichiarato “Oggi calarsi da performer nei panni di un monaco certosino non è solo entusiasmante, ma è anche una responsabilità, perché si va a interpretare un ruolo importante sia a livello storico, che spirituale e artistico. Con le mie azioni ho voluto enfatizzare i momenti più salienti di questa cronaca visiva, ma anche quelli più spirituali come quelli della preghiera verso il Santo Patrono e la cronaca delle “Parenti di San Gennaro”, legata all’ antichissimo culto del sangue del Santo”.

 

 

La mostra “De Vesevi Rebus” di Ferruccio Orioli

Un percorso insolito e visionario intorno al Vesuvio quello della mostra personale di Ferruccio Orioli, allestita nel Quartino del Vicario, in uno dei punti più panoramici e suggestivi del complesso certosino,  in stretto dialogo visivo e geografico con la scenografica veduta del Vesuvio, in cui l’artista racconta le varie forme assunte dal sistema Monte Somma – Vesuvio, osservato da diversi punti di vista e in differenti ore del giorno e stagioni dell’anno. 

I suoi acquerelli (su carta CHADI, 121×121) si presentano divisi in due registri, con “un sopra e un sotto”. Nella parte superiore, protagonista assoluto è il vulcano, la parte visibile a tutti, mentre in quella inferiore l’autore “vede” anche oggetti che sono stati e saranno nascosti dallo stesso Vesuvio: reperti pompeiani, gessi e pavimenti, reperti futuri che verranno ritrovati addirittura dopo la prossima eruzione, come ad esempio quello di un Kalashnikov che testimonierà  in futuro la violenza della nostra attuale società o altri soggetti che vogliono essere un omaggio di Ferruccio Orioli a grandi artisti della contemporaneità come Mimmo Paladino, Jannis Kounellis, Ruth Bernhard.

 

Un modo originale dell’artista di collegare passato, presente e futuro e che dimostra come il Vesuvio ancora una volta sia stato e sarà ancora in futuro fonte d’ispirazione per opere d’arte di notevole interesse. 

 

Fonte immagini: Archivio personale ( panorama di Napoli dalla Certosa; Ferruccio Orioli e le sue opere; istantanee della performance di Mauro Maurizio Palumbo)

Fonte immagine in evidenza: Locandina – Ufficio Stampa del Museo

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