Aladdin live action: Guy Ritchie dirige il tappeto volante

Aladdin live action

Dal 22 maggio ha fatto la sua comparsa nelle sale cinematografiche Aladdin live action, il remake del classico d’animazione Disney del 1992 con attori in carne e ossa.

Reduce dal recente Dumbo e in vista del prossimo Il Re Leone, la major ha ora deciso di portare sul grande schermo un cartoon che è nell’Olimpo dei Classici, Aladdin. Un’operazione condotta in maniera “testarda” dalla casa di Topolino, intenzionata a conquistare le nuove generazioni offrendo loro “nuove versioni“ delle storie che, in passato, hanno reso grande la Disney. 

Per riproporre le Notti d’Oriente di Aladdin e farci volare sul tappeto volante della fantasia, gli Studios hanno voluto chiamare dietro la macchina da presa Guy Ritchie, regista avvezzo al crime, all’action e all’ironia, che spesso ha riportato in sala, in chiave “moderna”, dei miti della letteratura, dando vita a pellicole come Sherlock Holmes e King Arthur. Una scelta che ripaga soprattutto quando le riprese si fanno movimentate e spericolate.

Aladdin live action è quello che potevamo aspettarci e forse anche di più: paesaggi e colori accesi d’Oriente, romanticismo spensierato, amicizia e sentimenti che superano le diversità, corse coreografiche tra mercati arabi.

Aladdin live action: la trama

Aladdin (Mena Massoud) è un ragazzo che vive alla giornata insieme alla sua scimmietta Abu. Un giorno, mentre scappa dalle guardie per un furtarello al mercato di Agrabah, si imbatte nella principessa Jasmine (Naomi Scott) – fuggita da palazzo -, e la salva da una brutta situazione grazie a una fuga rocambolesca. Per il ragazzo è amore a prima vista verso quella che gli si è presentata come l’ancella della figlia del Sultano, ma la cui vera identità gli verrà svelata dal malvagio visir Jafar (Marwan Kenzari), che lo coinvolgerà nei suoi piani con la promessa di un grande tesoro in cambio del recupero di una misteriosa lampada dalla Caverna delle Meraviglie. La lampada e il Genio (Will Smith) contenuto in essa diventeranno proprietà di Aladdin, che ovviamente esprimerà il desiderio di diventare un principe molto ricco, invece che uno straccione, per poter essere degno di Jasmine. Un inganno che verrà presto smascherato da Jafar stesso, stufo di essere il numero due e pronto a soppiantare il Sultano in carica a qualunque costo.

Il cast: Will Smith “geniale”

Guy Ritchie è bravo nel restituire al film l’atmosfera esotica e ammaliante da “Mille e una Notte” del cartoon originale, facendone una versione stile Bollywood. E giova al dinamismo della storia la sua regia briosa, specie nella scena della fuga tra le strade di Agrabah (quasi una sequenza di parkour tra tetti cittadini) o in quella dell’ingresso di Aladdin in città, sotto le vesti del principe Alì. Aladdin/Alì arriva in un corteo strabordante e gioioso di danzatori, ballerine, struzzi, elefanti, doni imponenti, coreografie, canti, tripudi cromatici e di tessuti. Una festa per occhi e orecchie. 

Ma a fare la differenza è sicuramente la scelta di Will Smith come Genio della Lampada. Il personaggio sembra letteralmente cucito addosso all’attore, che mescola la sua simpatia al passato da rapper e a una CGI pirotecnica, dando vita a un Genio che non viene schiacciato dal confronto con l’indimenticabile Robin Williams della versione originale (da noi doppiato dal mitico Gigi Proietti, che in questo live action dona la voce al Sultano). Smith ha avuto l’accortezza di non cercare di imitare l’inarrivabile lavoro fatto da Robin Williams, facendo l’unica cosa possibile, far suo il personaggio. Dalla verve straripante e da stand-up comedy dell’originale si è quindi passati a un Genio molto più cool, fusione di due dei personaggi più amati di Smith, Willy il Principe di Bel Air e Hitch. Il risultato è davvero convincente e, per fortuna, l’attore ha fatto anche un’altra mossa consapevole: non ha soffocato il film con la propria presenza. Il Genio è il chiaro e scontato mattatore dell’intera pellicola, l’attrazione principale: dalla sua comparsa fino alla fine del film non potrete fare a meno di essere accompagnati da un sorriso inebetito – positivamente – sul volto, osservando tutti i suoi movimenti, la sua mimica facciale, le sue battute. Tuttavia è in scena il giusto, sa quando lasciare spazio alle sue due giovani co-star: nel ruolo del ladro Aladdin e della principessa Jasmine ci sono due attori emergenti, Mena Massoud e Naomi Scott. Sono loro l’anima pura e romantica del film: appartenenti a due mondi completamente diversi, scoprono di avere un animo molto simile, desideroso di giustizia e libertà.

Mena Massoud, attore egiziano, è una bella sorpresa. Il suo è un Aladdin ovviamente molto simile a quello del film d’animazione, ma che ha anche delle sfumature diverse, è più impacciato e timido, meno spavaldo e focoso. Il lavoro maggiore in fase di scrittura, tuttavia, è stato fatto su Jasmine. Non sogna più solo l’amore, ma vorrebbe essere l’erede del padre sultano (Navid Negahban) e prendere decisioni per il suo Paese. Ha anche una nuova canzone, Speechless, scritta dai vincitori dell’Oscar per La La Land Benj Pasek e Justin Paul. L’introduzione di un personaggio inedito, un’ancella interpretata da Nasim Pedrad, permette poi di costruire momenti nuovi per la principessa. Un’impennata femminista figlia del #MeToo, che dà vita a una versione fin troppo emancipata della giovane donna per quei luoghi e quei tempi. Peccato si sia scelta un’attrice poco espressiva come Naomi Scott per il ruolo, sicuramente molto bella ma non intensa quanto la versione animata e pertanto poco credibile nei panni dell’accesa pasionaria.

L’altra modifica che Guy Ritchie compie, che però va più identificata come una lacuna in quella che è una sceneggiatura che riesce a rispettare quanto richiesto dall’opera del 1992, risiede nel personaggio di Jafar. L’unico personaggio che veramente ha perso smalto: Marwan Kenzari è troppo giovane per il ruolo. Risulta un cattivo che non è mai una reale minaccia e finisce per sparire di fronte al carisma degli altri protagonisti.

Aladdin live action è un film spumeggiante, che funziona e intrattiene i più piccoli fra gli spettatori e – cosa non semplice – riesce nell’impresa di non infastidire gli amanti del cartone.
Capolavori immortali, i classici Disney – in particolare quelli degli anni ’90 – hanno segnato generazioni di bambini, che a loro volta li hanno fatti vedere ai propri figli. Quelle immagini sono un patrimonio collettivo, fanno parte della nostra cultura, ci sono quasi entrati nel DNA. È normale quindi che chi è cresciuto con Sebastian, Abu e Simba storca il naso di fronte alla riproduzione scena per scena degli amici della sua infanzia: per quanto evoluta, la computer grafica non ha il calore e la morbidezza dei disegni fatti a mano. Al netto di tutti i pregiudizi naturali e spontanei quando ci si confronta con un classico molto amato, Aladdin live action è una versione indubbiamente fedele all’originale per la simpatia, l’atmosfera favolistica, il romance di fondo, la colonna sonora (firmata sempre da Alan Menken che aveva curato quella del 1992) ma non una mera copia.
Del suo prototipo ha colto l’essenza, ovvero il dito puntato verso la maggiore importanza della ricchezza interiore (il “diamante grezzo” vagheggiato dallo spirito della Caverna delle Meraviglie) rispetto a quella esteriore. Il giovane protagonista, infatti, compie un viaggio alla scoperta delle sue virtù, in particolare dell’onestà e dell’autenticità, rifuggendo gli incantesimi e i trucchi, ma soprattutto gli inganni e le maschere con cui avrebbe voluto fingersi migliore, per andare all’essenza di ciò che è. La pellicola non annoia in nessun momento, e non ferisce lo spettatore più maturo: ai più piccoli riuscirà a donare una magia unica, anche grazie a tutti gli effetti speciali proposti, da Abu al Tappeto.

Aladdin resta una favola unica, dal sapore di rivendicazione, di straccioni che diventano principi e di diamanti allo stato grezzo che riescono a risplendere come il miglior gioiello di sempre. E questa versione riesce a restituire tutta la magia, risultando tra i migliori live action Disney.

Nunzia Serino

A proposito di Nunzia Serino

Nata a Giugliano in Campania (NA) nel 1987, ha studiato Lettere Moderne e Filologia Moderna all'Università degli Studi di Napoli Federico II. Docente di Lettere presso la Scuola Secondaria di I grado e giornalista pubblicista, ricopre il ruolo di Editor e Caporedattrice sezione Cinema e Cultura per Eroica Fenice.

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