Cannabis e cinema: un rapporto lungo, controverso e simbolico

Nel corso della storia del cinema, la cannabis è stata protagonista di una narrazione complessa, che ha seguito l’evoluzione culturale, sociale e politica del mondo occidentale. Da simbolo di devianza a icona pop, la rappresentazione della cannabis sul grande schermo ha attraversato numerose fasi, spesso riflettendo o influenzando il modo in cui la società percepisce questa sostanza.

Le origini: dalla propaganda al proibizionismo

Negli anni ’30 e ’40, il cinema statunitense ha contribuito attivamente alla demonizzazione della cannabis, con pellicole come Reefer Madness (1936), una produzione moralista che presentava la marijuana come una droga capace di indurre follia, violenza e degrado morale. In realtà, questo film era parte di una più ampia campagna di disinformazione e paura che culminò con il proibizionismo della cannabis negli Stati Uniti nel 1937.

In queste prime rappresentazioni, la cannabis era associata a criminalità e perdizione, spesso in modo caricaturale e propagandistico. Queste narrazioni contribuirono a rafforzare le critiche e la generale indignazione che avrebbe accompagnato la pianta per decenni.

Anni ‘60 e ‘70: la controcultura e la rivoluzione verde

Con l’avvento della contro-cultura hippie, la cannabis divenne un simbolo di libertà, ribellione e ricerca spirituale. Il cinema ne rifletté i nuovi valori con film come Easy Rider (1969), che raccontava il viaggio psichedelico e anticonformista di due motociclisti nell’America rurale. La marijuana era ormai parte di un immaginario alternativo, in opposizione ai modelli sociali tradizionali.

Durante gli anni ’70, la figura del “fumato” – spesso un personaggio comico, trasandato e pacifico – divenne uno stereotipo ricorrente. Pellicole come Up in Smoke (1978) con il duo Cheech & Chong diedero vita al genere della stoner comedy, una sottocategoria incentrata sull’umorismo legato all’uso di cannabis.

Anni ’90 e 2000: normalizzazione e satira

Negli anni ’90, la cannabis iniziò a essere trattata con un approccio più rilassato, a metà tra normalizzazione e ironia. Film come Dazed and Confused (1993) e The Big Lebowski (1998) mostrarono personaggi consumatori di cannabis senza caricarli di eccessiva negatività, inserendoli in contesti quotidiani o surreali.

Il personaggio di Jeff “The Dude” Lebowski, ad esempio, è diventato un’icona del cinema contemporaneo: pigro, svagato ma profondamente pacifico, incarna una filosofia di vita alternativa in cui la cannabis è parte di un rituale esistenziale più ampio.

Parallelamente, il tema iniziava ad apparire anche in contesti meno comici, come nel film Traffic (2000) di Steven Soderbergh, che affrontava le dinamiche del narcotraffico in modo più realistico, pur distinguendo la cannabis dalle droghe più pesanti.

Il cinema recente: legalizzazione e nuovi racconti

Negli ultimi anni, con la crescente legalizzazione della cannabis in molti paesi, anche il cinema ha cambiato tono. La pianta non è più solo un elemento comico o deviante, ma diventa parte integrante di storie più complesse, come in Weeds (2005-2012), serie TV che racconta la trasformazione di una madre di famiglia in spacciatrice dopo la morte del marito.

Produzioni recenti come Grass is Greener (2019), un documentario su Netflix, analizzano il legame tra cannabis, musica e razzismo sistemico negli Stati Uniti. Qui la cannabis è vista come uno strumento narrativo per parlare di disuguaglianze sociali, giustizia e cultura afroamericana.

Anche nel cinema indipendente europeo, la cannabis fa la sua comparsa come elemento culturale e terapeutico, presente in storie di comunità rurali, giovani creativi, o anziani che scoprono benefici alternativi per la salute. In questi contesti si fa strada anche il tema della canapa industriale e dei prodotti alternativi come i trinciati di canapa, spesso utilizzati in scena per evocare uno stile di vita naturale e sostenibile.

Dallo stigma alla complessità

Il viaggio della cannabis nel cinema è la storia di un simbolo che cambia volto, accompagnando la trasformazione della società. Dalla propaganda proibizionista alla celebrazione nella pop culture, fino all’odierno sguardo più maturo e articolato, il cinema ha saputo adattare il ruolo della cannabis alle epoche, offrendo allo spettatore strumenti per riflettere, ridere o anche semplicemente riconoscersi.

Con la legalizzazione già avvenuta in alcuni paesi, è probabile che la cannabis continui a essere raccontata non più come eccezione, ma come parte integrante della narrazione umana – complessa, sfaccettata e profondamente culturale.

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A proposito di Marcello Affuso

Direttore di Eroica Fenice | Docente di italiano e latino | Autore di "A un passo da te" (Linee infinite), "Tramonti di cartone" (GM Press), "Cortocircuito", "Cavallucci e cotton fioc" e "Ribut" (Guida editore)

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