Charlie Chaplin e Charlot sono diventati negli anni un’unica entità, dentro e fuori il cinema. La caratterizzazione del “vagabondo”, Charlot, “the tramp” o “the little tramp” (come conosciuto nei paesi anglofoni, anche se il personaggio non ha in realtà un nome) è stata talmente forte ed impattante che si fa fatica a pensare a Chaplin senza bombetta, bastone e scarpe fuori misura, ma questo è perché lo stesso Chaplin probabilmente aveva dato vita non solo ad un personaggio fictionale ma ad una parte di sé, quella legata alla sua infanzia, e a quella parte ancora ingenua e delicata che ha conservato con forza nelle sue pellicole. Insieme con il piccolo vagabondo, Chaplin ha rivoluzionato il cinema e ancora oggi si può sentire l’eco del suo contributo nei film commedia e non solo.
Charles Spencer Chaplin: un po’ di storia
Charlie Chaplin nacque a Londra il 16 aprile 1889; i suoi genitori erano Charles Chaplin Senior, attore di varietà di talento e successo discreto, e Hannah Harriette Hill, anche lei attrice di talento ma di meno fortuna. I genitori si separarono quando Charlie era molto piccolo e da allora lui e il suo fratellastro maggiore, Sydney, iniziarono una vita di miseria, fame e orfanotrofi. La madre soffriva di disturbi psichici ed era spesso costretta in ospedali psichiatrici. I due fratelli così iniziarono ad avvicinarsi al mondo dello spettacolo, per cui il piccolo Chaplin mostrava già una forte predisposizione artistica, complice il fatto che aveva seguito da vicino il lavoro della madre nei teatri quando la donna era ancora in grado di lavorare. L’intesa e l’affetto tra i due fratelli si trasformò in una collaborazione lavorativa lucida e prolifica: fu infatti Sydney che gli fece ottenere i primi ruoli comici già all’età di 11 anni in importanti spettacoli teatrali. Questi furono gli anni difficili e avvincenti in cui la personalità e l’identità artistica di Chaplin, iniziarono a formarsi e rinforzarsi. Sempre grazie al fratello, Chaplin entrò nella famosa compagnia di Fred Karno, dove, in breve tempo, insieme a Stanley Jefferson (meglio conosciuto come Stan Laurel), divenne uno degli attori più apprezzati della compagnia. Durante la seconda tournée negli Stati Uniti, Chaplin fu notato dal produttore cinematografico Mack Sennett che nel 1913 lo mise sotto contratto con la Keystone, dando così inizio all’ascesa inarrestabile dell’attore inglese. Fu con la realizzazione di due cortometraggi, Charlot ingombrante e Charlot all’hotel, che il grande pubblico conobbe la nuova maschera creata da Chaplin: un omino con cappello troppo piccolo, scarpe troppo lunghe, pantaloni troppo larghi, baffetti e bastone da passeggio.
Charlie Chaplin e Charlot: come nacque il mito
La genesi della “maschera” del vagabondo, come racconta Chaplin nella sua biografia, non nasconde niente di leggendario: gli fu chiesto da Sennett di creare e interpretare un personaggio qualsiasi per una gag e Chaplin pensò di inventare un personaggio pieno di contraddizioni: vestiti troppo larghi, cappello troppo piccolo, ma quel personaggio era quasi sempre un comune ubriaco, quindi ancora lontano del dolce e adorabile tramp. Fu negli anni successivi, passando attraverso le più prestigiose case cinematografiche, che Chaplin rintracciò i tratti caratteriali del suo personaggio: il piccolo vagabondo ora era una figura povera ma elegante, solitaria e romantica, generosa e compassionevole, capace di superare le ingiustizie della vita con stoicità e creatività. Il pubblico se ne innamorò e lo trasformò in mito in brevissimo tempo. Chaplin è stato il primo attore nella storia del cinema a guadagnare cifre da capogiro: con la First National ebbe un ingaggio di un milione di dollari, cifra favolosa per quel periodo (1918-1923); Chaplin è stato anche tra i primi attori nella storia del cinema (insieme al piccolo Jackie Coogan) ad avere la produzione di merchandise dedicato al piccolo vagabondo (oggi pezzi da collezione preziosissimi); molto spesso venivano organizzate gare di “imitazione” del suo personaggio; veri e propri “contest” in cui i partecipanti dovevano imitare la camminata e la gestualità del vagabondo (una “leggenda metropolitana” racconta che una volta lo stesso Chaplin si presentò e arrivò terzo!).
Il personaggio Charlot: cosa ha di speciale
Il piccolo Charlot, ancora oggi, è uno dei personaggi più iconici del cinema, ma perché è diventato così famoso? Sicuramente è necessario tener presente che, quando nacque (agli inizi del ‘900) il cinema non era come lo intendiamo oggi: venivano prodotti “corti” (quindi di dodici, massimo 14 minuti) e, per quel che riguarda la produzione comica, era fondata sullo “slapstick”, ovvero si assisteva per lo più a scene lunghe e rocambolesche di inseguimenti, ad esempio tra polizia e ladri. Quando però il pubblico si trovò davanti il piccolo vagabondo, con quella espressività fisica e facciale, con quel carico emotivo che metteva nelle storie, con quelle gag in cui molti si ritrovavano, allora la storia cambiò per sempre. Col pubblico Chaplin fu in grado di creare un rapporto tutto nuovo, sia grazie a Charlot ma anche grazie ad una tecnica cinematografica, quella della rottura del “quarto muro”: in molte riprese infatti guardava dritto nell’obiettivo e comunicava (sempre attraverso espressioni facciali) i suoi dubbi, la sua sorpresa, il suo dispiacere, condividendo così direttamente con gli spettatori il suo stato d’animo e coinvolgendo questi completamente nella storia. Inoltre Il contrasto tra la povertà e la signorilità del piccolo vagabondo scaturivano tenerezza e empatia. Altro protagonista dell’identità di Charlot è poi “la fame”: Chaplin ha sempre fatto vivere al suo personaggio la fame, quella letterale, quella che fa venire le allucinazioni (The gold rush – 1925)) o quella che ti fa rubare il pane dalle mani di un bambino (The circus – 1928); Chaplin ha continuato così ad esorcizzare i fantasmi della sua difficile infanzia attraverso quell’omino che, forse come lo stesso Chaplin bambino, riusciva a superare tutto grazie allo sguardo speranzoso e creativo che solo un bambino può avere anche durante le avversità. Chaplin nelle sue opere ha quindi accompagnato gli spettatori nelle situazioni più drammatiche e comiche che un personaggio assolutamente anonimo e ai margini della società potesse vivere: al fianco della bellissima e straordinaria Edna Purviance, Chaplin ha raccontato della miseria degli immigrati negli Stati Uniti agli inizi del XX secolo (The immigrant, 1917 – con un superlativo Eric Campbell), dell’amore incondizionato di un vagabondo verso un orfanello trovato per strada (The kid, 1921 – con un piccolissimo Jackie Coogan) e ancora dell’alienazione sociale e la povertà durante la grande depressione (Modern Times, 1936 – al fianco della bellissima Paulette Goddard). Nelle pellicole di Chaplin è narrata quindi anche la storia degli Stati Uniti degli inizi del ‘900, tra contraddizioni, povertà e divari sociali nettissimi (City lights, 1931).
Chaplin abbandona Charlot
Con l’arrivo del sonoro nel cinema (fine anni ‘20 inizi ‘30) Chaplin si trovò di fronte ad una scelta drammatica: dare o no voce al suo vagabondo. Chaplin prese così una scelta coraggiosa: abbandonò il personaggio. Per lui il vagabondo non aveva voce, la sua voce erano le espressioni facciali e la sua fisicità: dargli una voce lo avrebbe denaturalizzato. Così le pellicole successive di Chaplin vedranno protagonisti diversi, anche se nel The Great Dictator del 1940, il “barbiere” ha molte caratteristiche del vagabondo in linea con il messaggio di pace che Chaplin voleva inviare al mondo in un momento tra i bui della storia. In seguito, negli anni ‘60 Chaplin si dedicò a “restaurare” i suoi film: ne comporrà le colonne sonore e aggiungerà la voce narrante (la sua) in alcuni di essi. L’espulsione dagli Stati Uniti con l’accusa di comunismo, lo portò in Svizzera, a Vevey, dove morì nel 1977.
Charlie Chaplin e Charlot: conclusioni
Charlie Chaplin e Charlot sono tutt’oggi le figure più iconiche del cinema muto, insieme con Buster Keaton e Harold Lloyd. Il suo contributo a quello che è il cinema moderno è incommensurabile: il riuscire ad innestare insieme comicità e disperazione, isolamento e speranza, con l’eleganza cinematografica tipica di Chaplin riverbera ancora nelle produzioni odierne, ma spesso lo si dimentica o, ancor peggio, lo si sottovaluta, eppure è solo con radici così solide che il cinema è diventato un’industria tra le più produttive a livello globale, in grado di regalare ancora oggi “una lacrima e un sorriso”.
Fonte immagine: commons.wikimedia.org/wiki/ (By First National Pictures Inc. – Exhibitors Herald (1917 – 1918) on the Internet Archive, Public Domain, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=45398644)