Everything Everywhere All at Once, The Daniels | Recensione

Everything Everywhere All At Once | Recensione del film dei The Daniels

Everything Everywhere All At Once: l’antidoto al nichilismo secondo i The Daniels

Il multiverso è un termine usato per riferirsi all’ipotesi scientifica, che affonda le radici nella filosofia (es. Giordano Bruno), secondo cui è possibile che esista un numero potenzialmente infinito di universi coesistenti di cui anche il nostro farebbe parte. Sebbene, secondo diversi fisici, si tratti di un’ipotesi ai limiti della religione, in quanto difficilmente dimostrabile, quello del multiverso è un tema che si è infiltrato nell’immaginario collettivo e che ha ispirato un significativo numero di serie e film negli ultimi anni: tra questi, senza dubbio, il film Everything Everywhere All At Once (2022, scritto e diretto da Daniel Kwan e Daniel Scheinert anche conosciuti con lo pseudonimo Daniels) si erge come una delle rappresentazioni meglio riuscite.

“Everything Everywhere All At Once ” è stato distribuito da A24 (la casa di produzione indipendente che ha distribuito Moonlight, Lady Bird e Euphoria) negli Stati Uniti in alcune sale il 25 marzo 2022 e l’8 aprile a livello nazionale. In Italia la pellicola è stata rilasciata il 6 ottobre 2022 e a partire dal 2 febbraio, grazie alla vittoria di due Golden Globes, il film è nuovamente disponibile in alcune sale. Nel giro di un anno è diventato il film con il maggior incasso di tutti i tempi della A24, incassando oltre 100 milioni di dollari in tutto il mondo, il primo film indipendente dopo la pandemia e nella storia di A24 a raggiungere questo traguardo. La pellicola è, inoltre, candidata a 11 Oscar, tra cui miglior film, miglior regia e migliore attrice.

Il film dei The Daniels si divide in tre parti Everything, Everywhere e All At Once e segue la vita di Evelyn Quan Wang (interpretata da Michelle Yeoh, vincitrice del Golden Globe alla migliore attrice in una commedia), un’immigrata cinese che ha lasciato il proprio paese senza l’approvazione dei suoi genitori che non accettavano la storia d’amore della figlia e che ora vive Stati Uniti e gestisce una lavanderia a gettoni in difficoltà insieme a suo marito, Waymond (Ke Huy Quan, migliore attore non protagonista ai Golden Globes). La situazione in cui Evelyn si trova è stressante e problematica: la sua lavanderia a gettoni è sotto controllo dall’IRS, suo marito intende presentarle le carte per il divorzio, suo padre Gong Gong, con il quale ha un rapporto complicato, è appena arrivato da Hong Kong e, inoltre, Evelyn ha difficoltà ad accettare la figlia lesbica Joy (Stephanie Hsu), la quale intende presentare la sua fidanzata Becky al nonno.

La svolta nella vita di Evelyn avviene durante l’incontro con l’ispettore dell’IRS Deirdre Beaubeirdre (Jaime Lee Curtis), attraverso l’apparizione di una versione del marito Waymond proveniente da un universo parallelo, l’Alphaverse, il quale le confida che il multiverso è in pericolo e che necessita del suo aiuto per sconfiggere una misteriosa figura chiamata Jobu Tupaki. Da questo momento in poi il film diventa pieno d’azione e caotico, grazie all’utilizzo di una tecnologia chiamata “salta-verso” (sviluppata dalla Evelyn dell’Alphaverso) che consente alle persone di accedere alle abilità, ai ricordi e al corpo delle loro controparti dell’universo parallelo, soddisfacendo condizioni specifiche. L’assurdità delle scene d’azione è travolgente, ma non oscura affatto il messaggio di fondo del film che riguarda l’importanza di scegliere di essere gentili nonostante tutto. Il significato è, dunque, piuttosto semplice ma la sua esecuzione è originale e complicata; “Everything Everywhere All At Once” è un film che guarda al nichilismo come una filosofia di vita invitante e devastante, totalmente abbracciata da Jobu Tupaki, che si rivela essere la versione di Joy proveniente dall’Alphaverso, e che, una volta accettata da Evelyn come verità, provoca caos non solo a se stessa, ma anche alle persone intorno a lei.

La scelta di essere gentili di fronte alla completa insensatezza e indifferenza dell’universo, portata avanti da Waymond, non è simbolo di ingenuità, piuttosto un meccanismo di sopravvivenza che rende la vita degna di essere vissuta. La nostra piccolezza di fronte non solo all’universo, ma ad un multiverso la cui grandezza non possiamo neppure immaginare, non è fonte di disperazione, piuttosto di comunanza tra tutte le persone: per Waymond l’essere umano, la cui vita è priva di significato e non diversa da quella di un insetto, diventa un gigante nella sua decisione di fare il meglio che può in qualsiasi circostanza e rifiutare categoricamente di arrendersi alla disperazione.

“Everything Everywhere All At Once” dei The Daniels è un film che non fa per tutti, le sue stranezze e la trama caotica possono facilmente risultare infantili agli occhi di alcuni spettatori, ma utilizza il concetto di multiverso in maniera originale, cioè come metafora per la miriade di identità che assumiamo nel corso della nostra vita: come Evelyn, Waymond e Joy possiamo essere genitori, figli, fratelli o sorelle, partner, lavoratori e immigrati allo stesso tempo senza, però, mai smettere di portare dentro di noi il residuo di tutte le persone che saremo potuti diventare, la delusione per tutti i sogni che non siamo riusciti a realizzare. Il film ci mostra come tutte queste versioni di noi possono e devono coesistere perché non abbiamo modo di cambiare il passato e neppure di rendere realtà tutte le nostre fantasie, ma possiamo decidere come reagire di fronte alle situazioni che ci troviamo di fronte: possiamo decidere chi vogliamo essere, come vogliamo comportarci, non dobbiamo rimanere intrappolati dalla nostra percepita inutilità, possiamo e dobbiamo perdonarci e andare avanti.

Foto di copertina del film dei The Daniels: frame del film

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