Film di Scorsese: 5 consigli dopo Killers of the Flower Moon

Film di Scorsese: 5 consigli dopo Killers of the Flower Moon

Tra tutti i film usciti al cinema nelle ultime settimane, il nuovo film del leggendario regista americano Martin Scorsese, Killers of the Flower Moon, sta facendo in ogni modo parlare di sé: da un lato il successo ricevuto è soprattutto di critica (considerando ad esempio il 92% di recensioni positive sull’aggregatore Rotten Tomatoes e l’89% su Metacritic), dall’altro il pubblico generalista risente molto della durata di 206 minuti, che ha scatenato polemiche sui social network al punto da portare lo stesso regista a rispondere. Al di là dei dibattiti fittizi o meno legati alla durata del film e ad altre questioni di superficie, la pellicola ha raggiunto pienamente il suo statuto di opera d’arte cinematografica contemporanea, sicuramente per l’enorme opera di produzione alle sue spalle ma in particolare grazie alla spregiudicata libertà acquisita da Scorsese negli ultimi anni, essendo ormai intoccabile per la lunga esperienza di successi e riconoscimenti. Poste queste premesse, è opportuno raccontare non solo il punto di arrivo del regista ma anche il percorso precedente, quindi qui di seguito saranno citati e brevemente analizzati alcuni film di Scorsese da guardare dopo aver apprezzato Killers of the Flower Moon (ma anche prima).

Killers of the Flower Moon e l’intenzione di Scorsese

Innanzitutto è bene capire in che modo “catalogare” quest’ultimo film nella grande filmografia di Scorsese, il quale ha sicuramente dei temi e degli stili prediletti, ma ciò non toglie nulla alla varietà di generi affrontati, dunque appare quasi inutile rifarsi a delle categorie ben precise, piuttosto bisogna cogliere lo scopo dell’opera e l’intenzione dell’autore: la pellicola è tratta dall’omonimo saggio del giornalista David Grann e narra uno spaccato di storia statunitense, ovvero lo sfruttamento delle risorse petrolifere dei nativi americani Osage da parte di alcuni criminali pronti a tutto pur di insediarsi nelle loro famiglie e rubare le loro ricchezze, e anche e soprattutto uccidere. La critica alla società americana, al suo passato degradante e in generale all’avidità umana è esplicito nella spettacolarizzazione e nella crudeltà dello stile “scorsesiano”, ma appartiene ovviamente alle sue origini risalenti alla Nuova Hollywood; tuttavia, tra i tanti film di Scorsese, esiste un filo conduttore preciso, che lega le sue esplicite critiche alla storia e alla società statunitense, raccogliendo poche ma fondamentali pellicole per il regista e per l’intera storia del cinema.

Un caso a parte: il filone gangster

Prima di iniziare con i consigli di visione, tra le tante opere degne di menzione (perché tutti i film di Scorsese sarebbero da consigliare) è giusto citare il filone gangster di derivazione “new-hollywoodiana”, che sicuramente critica gli Stati Uniti e lo fa con la solita crudeltà, però sembra essere indipendente dal rapporto amore-odio di Scorsese con il proprio Paese e più legato ad altre sue ispirazioni, come per esempio la nostalgia e la malinconia autobiografica (Mean Streets – Domenica in chiesa, lunedì all’inferno) o il  mascherato degrado della vita malavitosa (Quei bravi ragazzi ma anche il più recente The Irishman).

Vediamo adesso 5 film di Scorsese da vedere dopo Killers of the Flower Moon (o prima):

1. America 1929 – Sterminateli senza pietà: Stati Uniti d’America tra capitalismo e criminalità

Primo lungometraggio da recuperare è America 1929 – Sterminateli senza pietà del 1972, il secondo film di Scorsese, il quale per rafforzare la veridicità dei fatti ed estremizzare il messaggio lo promuove come storia vera, quando in realtà il film è tratto dal romanzo pseudo-autobiografico Sister of the Road di Ben L. Reitman e descrive la “gelida” America della Grande Depressione attraverso lo sguardo della vagabonda orfana Bertha, la quale, viaggiando illegalmente nei vagoni di un treno-merci per cercare fortuna e anche un senso per la propria vita, si innamora di un sindacalista e mette su una banda di criminali, pronti a tutto pur di ribellarsi al potere capitalista della ferrovia. La narrazione semplice dell’autore delle origini sembra essere superficiale e a tratti surreale, ma solo col tempo si risolverà in un’esasperazione dei dettagli intenta a favorire maggior realismo e crudeltà: la fase difficile della storia statunitense è descritta attraverso una storia particolare, che però fa emergere con tutta la sua forza i caratteri fondanti del capitalismo e della criminalità del tempo, ovvero l’avidità e l’ignoranza, ingenua ed infantile come lo stesso racconto di Scorsese.

2. Taxi Driver: la disillusione post-Vietnam

Secondo titolo di questa rassegna è il film-capolavoro di Scorsese, cioè “Taxi Driver” del 1976, vincitore della Palma d’oro al Festival di Cannes e candidato ad altri tanti e prestigiosi premi: la sua struttura non è molto diversa da quella della pellicola precedente, infatti questa volta sono gli Stati Uniti della Guerra Fredda e dopo la Guerra del Vietnam ad essere sotto accusa, in particolare agli occhi di Travis, tassista newyorkese e reduce di guerra, il quale vagabondando per mestiere tra amori non corrisposti e disillusioni politiche non riesce più a comprendere la società circostante, tantomeno riesce a farsi comprendere dagli altri e dunque cerca in tutti i modi di tornare al vecchio abitudinario stato di guerra, riportandolo nella città facendosi giustizia da solo. Dall’inizio alla fine, guardando ogni scena si immagina ciò che può succedere da un momento all’altro e lo stesso si è invogliati a continuare la visione, probabilmente il vero merito del regista, che porta a eccellere ogni campo tecnico ed artistico della produzione nei minimi dettagli. È superfluo constatare che con una storia sempre particolare ed estrema si sia colto il punto: analizzare l’America dell’epoca illusa da valori in realtà inconsistenti, di cui la guerra e la criminalità diffusa sono la prova.

3. Re per una notte: l’illusione dei media

Re per una notte del 1982 progredisce nella narrazione dell’emarginato cronico (non a caso interpretato dallo stesso incredibile Robert De Niro), il quale però ora è già «scoppiato come una bomba ad orologeria», anzi sembra comportarsi in modo perfettamente normale nella sua fanaticità e ciò rende gli eventi ancora più surreali: il protagonista Rupert è un accanito fan del comico Jerry Langford, che pur di presenziare nel suo programma per una notte decide di sequestrarlo e minacciare lo staff televisivo di ucciderlo. Mentre il tassista Travis è profondamente disilluso, l’aspirante comico Rupert è profondamente illuso, perché per lui la riconoscenza degli altri è più importante di qualunque cosa, ma non in maniera genuina come voleva il primo, ritenuta ormai impossibile, piuttosto nella maniera della nuova era della televisione, dove la società americana è solo un pubblico e la vita è solo apparenza. Si può affermare che per l’autore ha vinto l’illusione, cosa che si è già compresa dal finale di Taxi Driver (che è giusto non “spoilerare”).

4. Fuori orario: il normale cittadino consapevole ed impotente

Pochi anni dopo, nel 1985, esce Fuori orario, uno dei film più surreali di Scorsese, in cui nuovamente si concentra su New York per descriverne le luci e le ombre, come capitale rappresentativa degli Stati Uniti nel mondo e naturalmente come sua città natale: Paul è un programmatore e lavora presso una società informatica newyorkese, quindi come di consuetudine dopo il lavoro si reca in un bar dove conosce una ragazza che lo invita da un’amica, il che lo porta ad una serie di sfortunati eventi, come la perdita dei soldi dal portafoglio, e a strani incontri, come la sua fanatica spasimante Julie, che rendono la sua serata di relax e divertimento una nottata di confusione e paura, costringendolo a fuggire da una folla sempre maggiore e sempre più inferocita di persone. Qui il surreale diventa in tutto e per tutto grottesco, per la forte componente ironica della narrazione, che in realtà è satirica per il sottotesto critico verso la società americana; inoltre, altra differenza dal film precedente è che il protagonista, più che essere un emarginato illuso, non è proprio più un emarginato, almeno apparentemente, dal momento che vive secondo i canoni del normale cittadino, ed è proprio agendo in tal modo che si ritrova in situazioni sempre più problematiche: il nuovo tipo di personaggio (non a caso interpretato dal nuovo Griffin Dunne) non esplode né per disillusione né per illusione, anzi sembra quasi farsi trasportare dal flusso caotico degli eventi affinché lo riporti in conclusione al suo posto, perché questa è l’ordinarietà americana ed egli ne è consapevole.

5. Gangs of New York: ritorno alle origini e al sangue dell’America

Infine, prima ovviamente dell’ultimo titolo uscito al cinema, vi è Gangs of New York del 2002, ispirato a The Gangs of New York: An Informal History of the Underworld, un trattato del 1928 sulle varie gang armate che popolavano il quartiere newyorkese dei Five Points nel XIX secolo. Dopo vari anni in cui si è dedicato ad altri tipi di storie, alle soglie del XXI secolo il regista decide di tornare a parlare dei suoi Stati Uniti d’America e nello specifico della sua città natale, trovando nuovi stimoli per il proprio sguardo critico nella New York della seconda metà dell’800, in cui varie bande lottano per spartirsi il territorio e la gestione degli affari illeciti, in particolare i Dead Rabbits del giovane Amsterdam, in cerca di vendetta per il padre ucciso, e i Native American di Bill Poole “il Macellaio”, lo spietato assassino del padre del ragazzo: la lotta diventa così sempre più aspra soprattutto dopo la chiamata obbligatoria alle armi per la Guerra Civile Americana. Questo film non solo pare più vicino ai prodotti mainstream rispetto agli altri consigliati, ma è pure quello più simile ad un film storico in costume tradizionale, eppure con la sua narrazione dissacrante il cineasta è capace di “sporcare” anche questo tipo di pellicola con i suoi personaggi imperfetti e l’esasperazione della violenza, riportando quella che potrebbe essere una genesi del gangster americano (ampiamente descritto nei film di Scorsese) e la stessa genesi dell’intera America, fondata sul sangue.

Fonte dell’immagine per “Film di Scorsese: 5 consigli dopo Killers of the Flower Moon”: Wikipedia

A proposito di Giuseppe Arena

Ciao, mi chiamo Giuseppe Arena e sono di Napoli. Fin da bambino amo il cinema, infatti ora lo studio alla facoltà di Scienze della comunicazione, presso l'Università Suor Orsola Benincasa; inoltre nel tempo libero, oltre a guardare film, ne parlo pure su "Eroica Fenice" e sulla mia pagina Instagram "cinemasand_". Oltre al cinema, sono appassionato anche di altre arti, comunemente incluse nella "cultura-pop", come le serie-tv e i fumetti: insomma penso che il modo migliore per descrivere il mondo sia raccontare una storia!

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