Franco Melidoni e il suo Peppiniello in Miseria e Nobiltà

Franco Melidoni e il suo Peppiniello

Franco Melidoni si presenta come un simpaticissimo signore, allegro e gioviale. Un uomo semplice di grande umanità ed umiltà, pur provenendo da una lunga stirpe di attori del teatro e del piccolo grande schermo ed essendo un attore egli stesso. Un incontro casuale, il nostro, ma che ci dà l’opportunità di conoscere una persona che conserva a distanza di anni un ricordo indelebile di quella che è stata l’esperienza più importante di tuta la sua vita. Franco Melidoni ha interpretato la parte di Peppiniello in Miseria e Nobiltà, trasposizione della famosissima opera teatrale del grande Eduardo Scarpetta e che resterà nella memoria di tutti per la sua famosissima battuta ricorrente nel film: “Vincenzo m’è padre a me!” 

Tutti, almeno una volta nella vita, hanno visto Miseria e Nobiltà. Al sud probabilmente un pò d più, al punto che molte delle battute sono citate a memoria dagli stessi napoletani. Miseria e Nobiltà, la commedia scritta nel 1888 dal grande Eduardo Scarpetta, vanta un numero impressionante di messe in scena  e grazie alla trasposizione cinematografica di Mario Mattone, è divenuta ancora più famosa, addirittura immortale, grazie all’interpretazione del grande principe della risata Antonio De Curtis, in arte Totò.  Abbiamo approfittato di questo fortunatissimo incontro, avvenuto per caso – o per destino? – presso l’agenzia di Antonio Luise, imprenditore e collezionista dei cimeli di Diedo Armando Maradona nonché caro amico del grande Melidoni come di molti grandi artisti, per porgergli alcune domande. 

Franco Melidoni e il suo Peppiniello – Un momento dell’Intervista

Franco Melidoni, come sei stato scelto per il ruolo di Peppiniello in Miseria  Nobiltà? 

Vengo da una famiglia di attori, mio nonno era molto amico di Eduardo Scarpetta e aveva il consenso di portare in scena tutte le sue commedie in tutta Itali, ad eccezione di Napoli e Roma, infatti mio padre è nato a Crotone. Il nonno sceglieva una città, affittava il teatro per un anno e metteva in scena tutte le sue commedie, facendo il tuto esaurito tutte le sere. Mia zia, Giulia Melidoni, che interpretava Bettina nel film, è nata a San Pier d’Arena. Mi trovavo a Milano, ero andato a trovare mio padre che lavorava nella compagnia di Carlo Dapporto. Una signora che si occupava di quelli che oggi chiamano i casting, mi vide e disse a mia madre che stavano scegliendo gli attori per la nuova commedia di Mario Mattone, tratta dall’opera di Scarpetta e di partecipare ai provini a Roma, subito dopo le feste di natale. Andammo agli Stabilimenti  Ponti-De Laurentis e durante i provini, a cui hanno peraltro partecipato alcuni attori poi divenuti famosi, vedemmo che nessuno mi mandava a chiamare. Quando furono usciti tutti, ci chiamarono per firmare il contratto, senza che io avessi fato nulla. Mi chiesi perché? Poi venne fuori che la stanchezza dello scomodissimo viaggio in treno, unita al sonno e ai miei vestiti stropicciati, avevano contribuito a darmi l’aspetto e l’espressione giusta per interpretare questo bambino cresciuto in povertà. E così ebbi la parte!

Si ricorda un episodio divertente in particolare durante la lavorazione del film? 

Ricordo la scena in cui il cuoco portava tutte quelle cose da mangiare e Totò e gli altri grandissimi interpreti che non toccavano cibo da giorni, ci si avventarono. Il cibo si freddò e usarono dei mozziconi accesi nascosti qui e là per simulare il vapore della pasta ancora calda. Totò, che sapeva improvvisare come nessuno e poteva permetterselo, poiché era una genio, ebbe l’idea di infilarsi gli spaghetti nelle tasche della giacca. Sullo schermo, l’idea ha funzionato alla grande, ma la costumista non gradì e si arrabbiò da morire nel ritrovarsi il vestito di scena sporco ma, come già detto, Totò era un grande e queste eccentricità gli venivano perdonate, in virtù del suo genio e del fatto che fosse un gran signore!

A proposito di Totò, com’èstato lavorare a contatto con lui?

Io ero piccolo e lo vedevo più come un nonno, era gentile e affettuoso. Per girare il film mi assentai un mese da scuola ed un autista era incaricato di prendere l’assegno per me ogni settimana e consegnare i miei compiti fatti: studiavo durante le pause delle riprese, qualche volta lui era lì accanto. Rividi Totò a Cerignola qualche anno dopo. Lui stava girando il film Gambe d’oro era era ormai cieco (probabilmente oggi un intervento avrebbe risolto il suo problema) e poi lo rividi a Fiumicino, seduto nella Cadillac, auto che lui amava molto e cambiava ogni anni e fumava una delle sue predilette Turmac, le sue sigarette preferite. Mi avvicinai e dissi: “Principe sono Franco Melidoni, Peppiniello!” lui tese le mani e disse, “fatti vedere” e quando mi toccò il viso e le spalle mi disse:  “Comm sì crisciut!” e quella fu l’ultima volta che lo vidi.

Franco Melidoni ha ricevuto in seguito altre offerte di lavoro nel cinema ma i genitori hanno preferito che proseguisse con gli studi. Tuttavia il teatro è parte del DNA della famiglia Melidoni e Franco ha continuato a recitare in teatro, insegnando a sua volta recitazione, soprattuto ai più piccini, nella memoria del suo indmenticabile Peppiniello e alla sua immortale battuta: Vincenzo m’è padre ame!

Fonte: foto di Antonio Luise, foto di Peppiniello dal Web, si ringrazia Antonio Luise Immobiliare per l’ospitalità. 

 

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