Lasciami entrare: il male che chiede affetto | Recensione

Può il male avere bisogno di una carezza? Lasciami entrare (Låt den rätte komma in, 2008) di Tomas Alfredson, uno dei film più inquietanti e poetici del cinema nordico, prova a darci una risposta. Il film, adattamento dell’omonimo romanzo di John Ajvide Lindqvist del 2004, è ambientato in una Stoccolma livida e innevata e segue l’incontro di due solitudini: Oskar, un dodicenne fragile e introverso, vittima di bullismo a scuola; e Eli, una bambina-vampiro che abita nel suo stesso condominio. Ciò che nasce tra loro è più di un’amicizia, più di un amore. Viene fuori, piuttosto, un legame profondamente disturbante, che mette in crisi ogni idea convenzionale di bene e male, ogni confine tra innocenza e mostruosità, lasciando lo spettatore senza punti cardinali per decifrare ciò a cui assiste. Lasciami entrare, recensione.

Lasciami entrare, recensione: un racconto al sapore di sangue e silenzio

Lasciami entrare è innanzitutto un film sul bisogno disperato di connessione. Il titolo sembra essere proprio questo: una supplica all’accoglienza, al calore umano. Il gelo di Stoccolma non è solo fisico, ma anche esistenziale. I personaggi, che portano con sé un’aura di tragica solitudine, si muovono in spazi silenziosi, case spoglie, cortili deserti e innevati, strade congelate. Lontano anni luce dalle narrazioni hollywoodiane sul vampirismo, dalla cifra spettacolare di Twilight o dalle atmosfere gotiche di Dracula, in Lasciami entrare si assiste ad un rifiuto della mitologia sensuale o romantica del mostro. Qui, infatti, il vampiro non è maledetto, ma solo affamato e bisognoso di affetto. La mostruosità è svelata in chiave di necessità, non di maledizione.

È una pellicola sull’isolamento ai margini, sull’amore che può nascere anche dove in teoria non dovrebbe. Oskar è solo, anche quando c’è qualcuno accanto a lui. Nessuno riesce davvero a toccarlo, né la madre, né il padre, neanche i coetanei. Eli è invece un enigma. Non si capisce se sia viva o morta, se sia un maschio o una femmina, una bambina o un’adulta. La definizione più verosimile è che si tratta di un essere antico intrappolato in un corpo infantile, condannata a nutrirsi di sangue ma assetata di contatto. Non chiede mai il permesso di entrare per un motivo ben semplice, che poi è una regola vampirica: ha bisogno che qualcuno la voglia dentro, non importa perché. Ecco che il titolo diventa simbolico, quasi spirituale. Di seguito, il trailer del film:

Amore o dipendenza?

Quello che lega Oskar ad Eli resta qualcosa di oscuro, non pienamente decifrabile; solo intuibile. È amore o simbiosi? Cura o manipolazione? Può sembrare tenerezza, ma nasconde qualcosa di più inquietante. Non è amore puro, ma piuttosto un rapporto nutrito da ferite di bisogno e dipendenza. Eli protegge Oskar, gli insegna a difendersi, ma nel momento in cui lui comincia a dipendere da lei, qualcosa si spezza. Il rapporto si trasforma in un’alleanza di sangue e solitudine, dove protezione e dannazione si confondono. Perché in fondo Eli non è solo una salvatrice, ma è anche una figura ambigua, ambivalente, manipolatoria e bisognosa allo stesso tempo. Non offre a Oskar solo affetto: gli offre una via d’uscita, ma a caro prezzo.

Alfredson non giudica, non spiega. I suoi personaggi non sono mostri, anzi: sono solo bambini abbandonati a loro stessi. In questo quadro, il mostro è soltanto colui che ha imparato a sopravvivere, non importa come. La regia è asciutta, la fotografia desaturata, il montaggio essenziale. Non c’è spazio per l’eccesso in Lasciami entrare, non c’è nulla di ingombrante o di superfluo. Ogni elemento che viene mostrato è pensato per evocare una sensazione più che per spiegare qualcosa.

Lasciami entrare chiede solo di osservare cosa succede quando due solitudini si riconoscono e decidono di legarsi per non crollare, anche se questo significa smettere di essere innocenti. E il fascino di questo film forse risiede proprio in questo.

Lasciami entrare recensione
Lasciami entrare, scena del film. Fonte immagine: trailer ufficiale del film

Lasciami entrare, recensione: perché vederlo oggi?

Lasciami entrare, nonostante sia uscito ormai quasi vent’anni fa, è un film ancora profondamente attuale. Parla ai ragazzi che si sentono invisibili, agli adulti che hanno dimenticato com’era sentirsi fuori posto, a tutti coloro che anche solo per un attimo hanno provato a lasciar entrare qualcuno nel proprio dolore.

Il regista sceglie di parlare la lingua della sospensione, di operare una forma di rispetto per l’ambiguità. C’è molta allusione, poca chiarezza; tante sfumature, poche pennellate pastose. Vederlo oggi è quindi un’esperienza rara di cinema profondo. Alfredson ci propone anche una riflessione implicita su come scegliamo chi far entrare davvero nella nostra vita e i rischi che questa decisione comporta. Un film che interroga l’amore, la paura, il bisogno, la sete di riconoscimento, la dipendenza, il senso di inadeguatezza, la simbiosi: tutti temi su cui tutti, almeno una volta, ci siamo interrogati nella nostra vita.

Lasciami entrare, dove vederlo

Il film ha ottenuto riconoscimenti internazionali, tra cui il premio al Miglior film al Tribeca Film Festival del 2008. È stato inserito anche da The Guardian tra i migliori film horror di tutti i tempi.

Attualmente Lasciami entrare è disponibile in streaming su MUBI (abbonamento), Amazon Prime Video (a noleggio o acquisto), Apple TV (a noleggio). È disponibile anche in DVD/Blu-ray in edizione italiana con sottotitoli e contenuti speciali, spesso reperibile su Amazon o IBS.

Fonte immagine in evidenza: Wikipedia, trailer ufficiale del film – Detentore copyright: Magnet Releasing

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