Matrix Resurrections, quarto film della saga dopo 20 anni: recensione

Matrix Resurrections

Matrix 4, a vent’anni dalla trilogia, è stata una vera e propria sorpresa per tutti gli affezionati al capolavoro di azione fantascientifica. 

Il film ha suscitato grande curiosità negli spettatori – scaldandogli anche un po’ il cuore – che dopo tutto questo tempo non avrebbero mai previsto un ritorno sulla scena di Neo e Trinity, che alla fine del terzo film chiudono lo spettacolo in grande sacrificando la loro vita per salvare l’umanità.

Questa volta Matrix prende un altro aspetto

Dopo tutto questo tempo non sarebbe stato possibile creare un sequel in tutto e per tutto di quella che era l’impostazione originaria. Lo stile della trilogia, gli incastri dei personaggi e il filo conduttore della scoperta di tutti gli inganni di matrix per superarli erano “un’architettura” che non poteva essere replicata. Un capolavoro troppo giusto per il suo tempo, Matrix fu capace di creare quell’effetto futuristico (e anche filosofico) affascinante che oggi avrebbe richiesto sicuramente un tocco in più per creare lo stesso effetto wow. Sarebbe stata impresa ardua puntare solo in questa direzione e avere lo stesso successo al 2022. 

Così in questa nuova versione di Matrix si punta in parte ancora sulla “metafora” di un (questa volta in versione “pluri”) parallelismo, esasperato, ma anche su un gioco di complicità (e “condivisione di scena”) con lo spettatore, con un certo tocco di ironia ed una modernizzazione che creano una dose di distacco – necessaria – con la storia originale.

Questa volta la proiezione si svolge su quattro modali: una simulazione della realtà creata dallo stesso Neo; matrix, in cui Neo ha vissuto gli ultimi 20 o 60 anni; la vita fuori da matrix, ed un ulteriore modale, nodo lasciato all’interpretazione dello spettatore.

Questo tipo di parallelismo rende sicuramente l’andamento interessante ma anche meno godibile. Sono brevi i momenti in cui infatti si provano a chiarire i vari “salti quantici” delle vicende, e ciò rende complesso seguire perfettamente tutti i passaggi del film. Da questa prospettiva è consigliabile una revisione della trilogia per mettersi nella condizione giusta – e anche più rilassata – di osservazione.

Innegabile invece un gioco mentale anche questa volta stimolante che passa dalla originaria riflessione su una vita guidata da condizionamenti esterni, come se si fosse in una simulazione, ad un passaggio ulteriore: la scoperta di seguire una direzione non autenticamente scelta, pur avendo già raggiunto la consapevolezza di essere condizionati da fattori esterni.

Un’altra differenza è sicuramente il tocco ironico di alcune scene che “marvelizzano” un po’ il film, rendendolo sicuramente più “sul pezzo” in maniera semplice e alleggeriscono la visione (soprattutto in base a quanto specificato nel penultimo periodo) di un Matrix che si muove su tempi diversi da quelli conosciuti, forse meno armoniosamente. 

Neo è cambiato, non è più l’eroe sicuro di sé e su cui tutti avrebbero scommesso, è più fragile, ma ancora determinato. Trinity, che era stata il motore per lo svolgimento della missione originaria, è ancora più al centro della scena. Piacevolissimo vedere i due personaggi riconoscersi nella propria pelle e di nuovo in azione, probabilmente nei momenti di impatto più emozionanti in stile autentico matrix.

Il film nel complesso rende. Uno spettatore affezionato forse avrebbero preferito un Neo più simile a quello conosciuto, ma è anche vero che per l’arco temporale trascorso dai film della trilogia – usciti tra il 1999 e il 2003 – era necessario comunque un cambiamento.

Resta in ogni caso un po’ di amaro in bocca dato da un senso di incompletezza. Sarà che questa nuova versione non riesce a reggere il paragone con l’armonia del Matrix che tutti conoscevano, oppure – da non escludere – la tacita intenzione di proseguire la storia.

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