Metacinema: 3 film che raccontano sé stessi e riflettono sul cinema

Metacinema: 3 film che raccontano sé stessi e riflettono sul cinema

Il metacinema è un procedimento narrativo in cui il cinema riflette su se stesso, mostrando i propri meccanismi e mettendo in discussione la sua natura di finzione. Si tratta dell’arte che si interroga sull’arte stessa, sfruttando le strutture tradizionali del cinema per analizzarlo con una vena autocritica e autoriflessiva. È cinema che parla di cinema, che si guarda allo specchio per interrogarsi sulla sua reale essenza. Un cinema che compie una sorta di autoterapia per scoprirsi a pieno ed essere cosciente di ogni sua parte.

Questa tendenza non è recente. La prima volta in cui il cinema sentì l’esigenza di mostrarsi risale al 1901 con The Big Swallow di James Williamson, in cui un uomo, infastidito dall’essere ripreso, si avvicina fino a “mangiare” la macchina da presa e l’operatore. Qui, la gag sperimentale si basa sulla profondità di campo, una riflessione tecnica che rivela il linguaggio del cinema. Il metacinema è, in sintesi, un gioco metalinguistico autoriflessivo.

3 film famosi che sono esempi di metacinema

Di seguito, mostriamo 3 film in cui il metacinema è parte fondante della narrazione cinematografica, riassunti in una tabella per una rapida consultazione.

Film (Regista, Anno) Elemento metacinematografico chiave
8 ½ (Federico Fellini, 1963) La crisi creativa di un regista che mette in scena la difficoltà di fare un film, confondendo realtà, sogni e il film stesso.
Viale del tramonto (Billy Wilder, 1950) Una critica feroce allo star system di Hollywood e al passaggio traumatico dal cinema muto al sonoro.
The Fabelmans (Steven Spielberg, 2022) Il racconto autobiografico di come la passione per il cinema e l’atto del filmare diventino uno strumento per capire la vita.

1. 8 ½ di Federico Fellini

8 ½ di Federico Fellini è un vero capolavoro del metacinema che compie una riflessione sul concetto di creatività cinematografica e ispirazione artistica. Già dal titolo capiamo quanto la riflessione sia forte: 8 ½ sono infatti i film diretti fino a quel momento da Fellini (il “mezzo” fa riferimento a Luci del Varietà, co-diretto con Alberto Lattuada). La storia vede come protagonista Guido Anselmi (Marcello Mastroianni), un regista in crisi creativa. Il suo tentativo di realizzare il prossimo film è costantemente ostacolato dai personaggi che orbitano attorno a lui. Il clima della pellicola è pienamente onirico: il montaggio segue spesso associazioni mentali in cui non c’è un nesso logico tra le scene, proprio come in un sogno. 8 ½ è considerato da molti il vero capolavoro di Fellini, ancor più della Dolce Vita.

2. Viale del tramonto di Billy Wilder

Viale del tramonto di Billy Wilder è metacinema a tutti gli effetti. Il film, del 1950, non nasconde una fortissima critica verso i meccanismi produttivi di Hollywood e l’intero star system. Lo vediamo quando lo sceneggiatore Joe Gillis si reca ai Paramount Studios, dove si evidenzia come i criteri produttivi siano interamente basati sul denaro. L’arte non esiste, esiste solo il guadagno. Lo vediamo soprattutto in Norma Desmond (Gloria Swanson), una vecchia diva del cinema muto abbandonata dopo l’avvento del sonoro. Norma incarna il dramma di tanti attori costretti a ritirarsi perché il loro stile non era più adatto. Sarà lei a pronunciare la celebre frase: «Io sono sempre grande, è il cinema che è diventato piccolo». Un vero e proprio colpo al cuore.

3. The Fabelmans di Steven Spielberg

The Fabelmans di Steven Spielberg è forse il più grande omaggio al cinema degli ultimi anni. Anche qui parliamo di metacinema, ma con un romanticismo che lo rende un emozionante canto d’amore per la settima arte. Lo vediamo già nella prima scena, quando il piccolo protagonista resta folgorato da un incidente ferroviario visto sul grande schermo. Quell’immagine lo spingerà a comprare una ferrovia giocattolo per poterla filmare ossessivamente con la sua cinepresa. La pellicola è malinconica e intrisa di un profondo amore verso la madre e verso il cinema stesso, visto come strumento per comprendere la realtà. La scena finale è un momento di pura emozione per qualsiasi amante del cinema.

Altre informazioni e curiosità sul metacinema

Cosa si intende per metacinema?

Per metacinema si intende ogni forma di cinema che parla di se stesso. Questo può avvenire in vari modi: raccontando la storia della realizzazione di un film, mostrando esplicitamente cineprese o set cinematografici, oppure usando personaggi che sono consapevoli di essere in un film. È una riflessione del cinema sulla propria natura, linguaggio e impatto culturale.

Cosa vuol dire rompere la quarta parete?

Rompere la “quarta parete” significa infrangere il muro immaginario che separa i personaggi dalla realtà del pubblico. Questo accade quando un attore si rivolge direttamente agli spettatori, guardando in camera. Sebbene sia una tecnica metacinematografica, non tutto il metacinema rompe la quarta parete. Ad esempio, 8 ½ è metacinema perché parla del processo creativo, ma i suoi personaggi non si rivolgono mai al pubblico.

Chi ha inventato il metacinema?

Non esiste un singolo inventore, poiché il metacinema è un’attitudine nata con il cinema stesso. Tuttavia, uno dei primissimi e più chiari esempi è il cortometraggio The Big Swallow (1901) del regista britannico James Williamson. Mostrando un uomo che “inghiotte” la cinepresa, il film ha reso visibile per la prima volta l’apparato cinematografico, riflettendo sulla sua stessa esistenza in modo giocoso e sperimentale.

Articolo aggiornato il: 01/09/2025

Fonte dell’immagine: Wikipedia

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