Metacinema: 3 film che raccontano sé stessi e riflettono sul cinema

Metacinema: 3 film che raccontano sé stessi e riflettono sul cinema

Quando parliamo di metacinema, di per sé, parliamo di un dispositivo di narrazione cinematografica che va oltre il semplice racconto di una storia su schermo. Si tratta dell’arte che si interroga sulla natura dell’arte stessa, sfruttando le strutture tradizionali del cinema per esplorare quest’ultimo con una vena autocritica e autoriflessiva. È cinema che parla di cinema, che si guarda allo specchio e si interroga sulla sua reale essenza. Un cinema che, forse, non è mai stanco di conoscersi e compie una sorta di autoterapia per scoprirsi a pieno ed essere finalmente cosciente di ogni parte di sé.

Non è qualcosa di nuovo, né tantomeno qualcosa di sconosciuto. Basti pensare al fatto che, ad esempio, la prima volta in cui il cinema sentì questa forte esigenza di esplorarsi risale al 1901 con The Big Swallow di James Williamson e la Scuola di Brighton, in cui viene mostrato un signore distinto che viene ripreso contro la sua volontà e inizia a protestare avvicinandosi alla macchina da presa fino a mangiarla e ad ingoiare con soddisfazione la camera e lo stesso operatore. Qui, la gag sperimentale è basata sulla profondità di campo che consente all’operatore di tenere perfettamente a fuoco l’immagine mano a mano che il signore vorace si avvicina. Insomma, il metacinema è un vero e proprio gioco metalinguistico autoriflessivo.

Di seguito, mostreremo 3 film in cui il metacinema è parte fondante della narrazione cinematografica.

1. 8 ½ di Federico Fellini

8 ½ di Federico Fellini è un vero e proprio capolavoro del metacinema che compie una riflessione sul concetto di creatività cinematografica e ispirazione artistica a 360 gradi. Già dal titolo, in effetti, capiamo quanto la riflessione metacinematografica di Fellini sia forte: in effetti, con 8 ½, non ci si riferisce a nessun aspetto contenutistico reale. 8 ½ sono infatti i film diretti da Federico Fellini, con quel “mezzo” che fa riferimento a Luci del Varietà co-diretto con Alberto Lattuada. La storia vede come protagonista Guido Anselmi (interpretato da uno splendido Marcello Mastroianni), regista di 43 anni in procinto di scrivere il suo prossimo film. Tuttavia, la sua vena creativa sarà costantemente ostacolata da questi personaggi che orbitano attorno a lui (produttori, tecnici, attori…). Il clima nella pellicola è pienamente onirico: il film stesso comincia con un sogno, e il montaggio vede spesso protagonista quel classico meccanismo delle associazioni oniriche in cui non c’è un reale nesso logico che collega le azioni. Possiamo sognare di essere a cena e il momento dopo sulla luna, nulla ce lo vieta realmente. 8 ½ è dunque un film da recuperare il prima possibile, dato che è considerato da molti come il vero masterpiece di Federico Fellini, ancor di più della Dolce Vita.

2. Viale del tramonto di Billy Wilder

Viale del tramonto di Billy Wilder è metacinema a tutti gli effetti. Il film si inscrive in un periodo storico molto complesso per la storia del cinema, il 1950, non nascondendo una fortissima critica verso i meccanismi produttivi di Hollywood e l’intero star system. Lo vediamo quando Joe Gillis si reca ai Paramount Studios per proporre il suo film: qui, si crea una situazione che metterà in evidenza quanto effettivamente i criteri produttivi di Hollywood siano interamente basati sul denaro. L’arte non esiste, esiste il guadagno e tutto è subordinato a quest’ultimo. Così come lo vediamo in Norma Desmond (Gloria Swanson), una vecchia diva del cinema muto che si definisce “abbandonata dal cinema” dopo l’introduzione del sonoro all’interno di quest’ultimo. Norma incarnerà il dramma di tantissimi divi e dive del cinema muto, costretti ad abbandonare le scene a causa dello stile attoriale ormai non più consono ai canoni del nuovo cinema. Sarà proprio Norma Desmond a pronunciare la frase divenuta successivamente la più rappresentativa dell’intera pellicola, ossia: «Io sono sempre grande, è il cinema che è diventato piccolo». Un vero e proprio colpo al cuore.

3. The Fabelmans di Steven Spielberg

The Fabelmans di Steven Spielberg è forse il più grande omaggio al cinema degli ultimi anni. Parliamo anche qui di metacinema, ma il romanticismo che ripercorre tutta la pellicola è forse il canto del cigno più emozionante dell’intera filmografia di Spielberg. Lo vediamo già nella prima scena, quando il piccolo protagonista rimane con occhi e bocca spalancati di fronte alla scena di un treno sui binari mostrata sul grande schermo. Quell’immagine non lo abbandonerà mai, portandolo addirittura a comprare una ferrovia giocattolo per poterla filmare continuamente con la sua piccola cinepresa. La pellicola è malinconica, nostalgica, ma anche intrisa di un profondo amore verso sua madre – in primis – e il cinema in generale. La scena finale (che è meglio non spoilerare per preservarla) porterebbe qualsiasi amante del cinema ad avere gli occhi lucidi dall’emozione.

Fonte dell’immagine: Wikipedia

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