Tick Tick…Boom! e la nostra paura di non essere in tempo

Tick,Tick...Boom! e la nostra paura di non essere in tempo

Qualsiasi sia la nostra età, ad oggi è sempre più difficile sentirci adatti e nel posto giusto al momento giusto. Ci sentiamo come se dovessimo essere sempre da qualche altra parte, come se ci fosse sempre qualcosa che non stiamo facendo che, invece, faremmo meglio a fare. Andrew Garfield è Jonathan Larson in “Tick, Tick… Boom!”, film del 2021 diretto da Lin-Manuel Miranda e prodotto per Netflix, tratto dall’omonimo musical del 1990.

Tick Tick…Boom!: La storia di Jonathan

Jon sta per compiere trent’anni e si trova in quella fascia di età in cui il peso delle nostre decisioni dinanzi ai bivi sembra gravare sulle nostre spalle più del solito, in cui crediamo non ci sia più tempo per provare: dobbiamo scegliere, e la scelta è definitiva. “Thirties to Nineties”, “dai 30 ai 90 è un passo” ci canta Jonathan nella canzone introduttiva, e percepisce già questa vorticosa sensazione di fretta, oltre che di ritardo, poiché, inseguendo per 8 anni il suo sogno di diventare scrittore per Broadway, sente di non avere concluso niente, o quantomeno, niente che convenzionalmente sia riconosciuto come “felicità”.

Jon vede che nelle sue prossimità tutti si affrettano a stabilirsi, a rincorrere quella felicità di plastica fatta di un lavoro stabile, elettrodomestici, fattorini e belle auto. Il suo migliore amico Michael (Robin de Jesus), con il quale sognava sin da bambino di trasferirsi a New York per fare carriera a Broadway, stanco si arrende, e accetta un lavoro in pubblicità. “Tick, Tick… Boom!” ci mostra che fare arte è un privilegio unico, dopo una corsa fatta di sudore e sangue, e se mai ti capitasse di cadere, risulterebbe molto difficile rialzarsi. Michael cede a quello che il moto naturale (o artificiale) della società gli impone: lascia il suo sogno artistico e incomincia a sedere in un ufficio arieggiato e luminoso, e produrre, produrre, produrre. Michael offre anche a Jon un lavoro in pubblicità, e dunque il dissidio accompagnerà il protagonista per diverso tempo.

Forse è meglio andare dove la sua creatività è finalmente accettata perché porta un profitto? Il valore di una vita risiede in quanti soldi un individuo riesce a portare alla propria azienda? Tutte queste domande dissuadono Jonathan dalla parte sognatrice di sé stesso, mentre si sta preparando per l’evento chiave della sua vita: un workshop per presentare il suo nuovo musical.

Tick Tick…Boom!: L’irrefrenabile incomunicabilità nei rapporti umani

Nel frattempo la ragazza di Jonathan, Susan (Alexandra Shipp), è sottoposta ad un’attesa straziante: ha ricevuto una proposta di lavoro e vuole sapere se la sua relazione è pronta finalmente ad una svolta. Ma Jonathan è intrappolato nel costante limbo della sua indecisione, fra perseverare e sognare infinitamente o scendere con i piedi per terra e guardare in faccia la realtà.

Il lavoro per il workshop, che vive come un’impresa eroica, lo tiene sospeso in una sua bolla di vetro, che non gli permette di avere un contatto reale con nessuno. È così che “Tick, Tick… Boom!” ci piazza davanti agli occhi una realtà complicata da digerire: in una performance di Andrew Garfield e Vanessa Hudgens viene fuori l’incomunicabilità fra due individui di una società sempre più egoistica, che fatica ad insegnare a scendere a compromessi; che mette al centro le proprie percezioni individuali e solo in modo fittizio ci fa pensare di star ascoltando l’altro. L’urgenza che percepiamo nel “realizzarci” spesso ci disumanizza e ci allontana dalle nostre sensazioni più naturali, da quello che realmente sentiamo e facciamo fatica ad accettare per non stravolgere i nostri piani.

Tick Tick…Boom!: Jonathan e noi

“Tick, Tick… Boom!” ci ossessiona fastidiosamente con il ticchettio ricorrente dell’orologio che scorre e che pesa su tutte le nostre coscienze, con la costante paura di non avere tempo per lasciare un segno, per fare realmente qualcosa che migliori il mondo, per battersi realmente per qualcosa. La verità è che andando di fretta finiamo per essere chi non siamo, e per perdere il coraggio di guardarci negli occhi. La storia di Jonathan Larson ci insegna ad essere sempre con la testa fra le nuvole ed a non avere paura di aspettare quando arriverà il nostro momento.

Foto di copertina: Wikipedia

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