Caso Cambridge Analytica: come si gestisce il consenso?

Caso Cambridge Analytica: come si gestisce il consenso?

Il caso Cambridge Analytica che ha coinvolto anche la piattaforma social Facebook è stato uno dei maggiori scandali politici del nuovo secolo.

Cambridge Analytica nasce come società di comunicazione nel 2013, era una società inglese, specializzata per lo più nella raccolta di informazioni per finalità politiche ed elettorali. Nel corso del tempo ha gestito diverse campagne elettorali tra cui:  quella del senatore repubblicano Cruz e nel 2016  quella del presidente Donald Trump, campagna che lo ha portato a vincere la presidenza degli Stati Uniti. Questa società fu importante anche per aver collaborato nella campagna della Brexit. Nonostante nel corso degli anni molti avessero esposto denuncia nei confronti della compagnia, lo scandalo vero e proprio venne fuori solamente nel 2018 quando il noto informatico Christopher Wylie fece delle dichiarazioni ammettendo che con Cambridge Analytica avevano raccolto le informazioni personali di milioni di persone, grazie all’aiuto di Facebook, cercando di manipolare il pensiero degli iscritti e delle persone in generale. Con Facebook la società aveva modo di ottenere i profili psicologici delle persone, i loro interessi, hobby, amicizie.

Caso Cambridge Analytica: come vengono raccolti i dati

Molto spesso gli utenti venivano sottoposti dei quiz, per studiarne le preferenze. Christopher ha anche ammesso che Facebook era pienamente a conoscenza della fuga e ottenimento di dati degli utenti e che non sia mai intervenuto in merito. Come vi abbiamo anticipato inizialmente, Cambridge Analytica ha partecipato e condotto attivamente la campagna di Trump nel 2016, è venuto fuori che questa campagna elettorale sia avvenuta utilizzando a pieno l’appropriazione di dati e delle preferenze degli elettori, sono stati inoltre creati dei bot e delle fake news che screditassero l’avversaria Hilary Clinton. Durante il processo la difesa, in particolare il CEO della società inglese, ha sempre negato le accuse, affermando oltretutto di non aver mai usato dati personali degli utenti presi da Facebook. Il signor Wylie rispose a queste dichiarazioni con un plico pieno di prove e dati compromettenti che non potevano far altro che smentire la difesa al processo. Parliamo di fascicoli pieni di e-mail, contratti, spostamenti di denaro e l’estrazione di 60 milioni di dati sensibili di utenti americani. Al processo ovviamente si è trovato coinvolto anche Mark Zuckerberg, il quale si era presentato nel 2018 davanti al Congresso degli Stati Uniti dichiarando che nel 2015 era venuto a conoscenza di questo scambio di dati, che aveva chiesto alla società di cancellarli, cosa che non è mai avvenuta, e infine si è scusato dichiarandosi responsabile della fuga di dati.

Zuckerberg ha testimoniato anche successivamente davanti al Parlamento Europeo ribadendo le sue scuse e ammettendo come fosse stato tutto causato da una sua negligenza. La società dopo lo scandalo si è trovata costretta a chiudere, mentre Facebook ha ricevuto sanzioni di milioni di dollari.

 

Fonte immagine: wikimedia commons

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