Neuralink e l’interfaccia uomo-macchina

Neuralink e l'interfaccia uomo-macchina

Neuralink ha finalmente svelato al mondo il suo progetto: collegare la mente umana al computer con dei sensori impiantati nel cervello.

Dopo due anni di silenzio stampa, il 16 luglio Neuralink ha parlato. L’azienda statunitense di neuro tecnologie ha finalmente mostrato al mondo i progressi fatti nel campo delle interfacce uomo-macchina e i risultati hanno dell’incredibile. Sarà possibile collegare il cervello umano al computer, o almeno i test compiuti sugli animali fanno ben sperare. L’obbiettivo di Neuralink è quello di aiutare i pazienti in stato di paralisi, permettendo loro di controllare le protesi con il pensiero.

Non deve sorprendere che dietro Neuralink, ci sia la figura di Elon Musk, che non perde mai occasione di lanciarsi in progetti quanto meno insoliti. Durante la diretta streaming in cui sono stati annunciati i risultati, Musk si è lasciato sfuggire un particolare che ha incendiato la curiosità della stampa mondiale. A quanto pare, tramite la tecnologia Neuralink, una scimmia è già riuscita a controllare in remoto un computer. Ovviamente, da qui a parlare di sperimentazioni su essere umani il percorso non è dei più semplici, e con la conferenza del 16 luglio l’intento di Neuralink è stato proprio quello di accendere i riflettori su questo tipo di tecnologie e invitare le menti più brillanti del mondo a fare domanda di lavoro presso la società statunitense. Come lo stesso Musk ha affermato è importante far capire alle persone che questo tipo di futuro non è troppo lontano, condividendo con il mondo la sua visione delle cose.

I fili nel cervello.

La tecnologia dietro il progetto è decisamente sofisticata, ma non è “rivoluzionaria” come si potrebbe credere. Neuralink ha sviluppato dei fili sottilissimi di un materiale flessibile da inserire all’interno del cervello. Spessi dai quattro ai sei micrometri (più sottili di un capello), i fili richiedono l’uso di una macchina per essere inseriti, un robot che opera ad altissima precisione, capace di inserire sei fili al minuto in completa autonomia. A causa della loro flessibilità, è quasi impossibile inserirli senza ausilio robotico, ma questa loro caratteristica li rende decisamente meno pericolosi rispetto ai predecessori di Neuralink.

L’antenato più famoso, BrainGate, sviluppato dalla Brown University, utilizzava degli aghi rigidi, che non potendo adeguarsi agli spostamenti naturali del cervello nella scatola cranica, finivano per lesionare la materia grigia. I fili di Neuralink possono adeguarsi flettendosi e inoltre, sono capaci di trasmettere molte più informazioni rispetto al sistema di BrainGate. Max Hodak, figura di spicco e co-fondatore della società americana, ha comunque tenuto a precisare che Neuralink “poggia sulle spalle dei giganti” e che i risultati conseguiti sono frutto di anni e anni di ricerche accademiche. Un gesto di modestia abbastanza raro in Silicon Valley.

Una volta recepiti i segnali cerebrali, gli impulsi verranno mandati ad un chip posizionato dietro l’orecchio, chiamato “N1 sensor”, che li amplificherà e li inoltrerà ad un computer. Per ora lo scambio di dati avviene tramite una porta USB, ma Neuralink prevede di offrire un sistema wireless, facilmente controllato da un’applicazione sul proprio smartphone.

Oltre l’uso medico.

L’interazione uomo-macchina di Neuralink, si va a collocare in un ampio filone che sta coinvolgendo l’imprenditoria tech e la filosofia dell’informatica che riguarda l’intelligenza artificiale. Sebbene il discorso sia estremamente ampio e impossibile da sintetizzare nella dicotomia “favorevoli o contrari”, ci sono esperti che temono l’arrivo della singolarità tecnologica, ovvero l’istante nel tempo in cui l’intelligenza artificiale capace di replicarsi e perfezionarsi “esploderà”, surclassando l’intera storia tecnologica umana, mentre c’è chi invece aspetta con ottimismo l’avvento di un cervello artificiale, capace di risolvere i problemi che affliggono l’umanità. Elon Musk, che rientra nella prima categoria, da tempo avverte dei pericoli della creazione di una mente più potente della nostra che potrebbe vederci come una minaccia e annientarci in pochi secondi. A tal proposito, Musk ha fondato OpenAI, un’organizzazione non profit (che condivide lo stesso edificio di Neuralink) che ha lo scopo di progettare un’intelligenza artificiale “amichevole”, rendendo disponibili a tutti i progressi e gli studi portati avanti dai suoi ricercatori.

Neuralink rappresenta dunque la possibilità concreta di “simbiosi” tra il cervello umano e quello digitale piuttosto che è un distacco netto tra i due. I dieci secondi necessari per sfilare lo smartphone dalla tasca e fare a Google una domanda, ci sembreranno un’infinità, paragonati al tempo di formulazione del pensiero, che attraversa le fibre nervose a 248 km/h. Il sistema non ci deve spaventare. Va letto come un’ulteriore sofisticazione degli strumenti che già usiamo. Ancora ovviamente è impossibile stabilire gli effetti a lungo termine sulle persone, non solo per quel che riguarda la salute fisica, ma anche per la psiche, costantemente bagnata da informazioni e impulsi esterni. Tutto questo si realizzerà solo nel caso in cui Neuralink dovesse scegliere di percorre strade diverse dall’aiutare pazienti paralizzati con il controllo delle protesi.

Come affermato durante la conferenza, il fine ultimo è quello di progettare un protocollo chirurgico non invasivo, da praticare in anestesia locale, un po’ come le operazioni laser per correggere i difetti della vista. È proprio questa semplicità esecutiva che dovrebbe farci riflettere su come in futuro le implementazioni potrebbero fuoriuscire dalla sfera medica per sconfinare in settori più “frivoli”. L’impressione a conferenza finita è infatti, che Musk e company, abbiano scelto di non rivelare proprio tutto e di celare, almeno per il momento, le vere potenzialità di Neuralink.

Fonte immagine: https://www.flickr.com/photos/jurvetson/48309135746

A proposito di Massimiliano Masciarelli

Mi annoia quello che siamo ma mi affascina quello che saremo. Porgo l'orecchio al futuro e resto in ascolto. Il più delle volte sento solo rumore bianco. Le altre, scrivo.

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