Canti della gratitudine di Franco Arminio | Recensione

Il poeta e scrittore Franco Arminio nasce nel comune avellinese di Bisaccia, nell’Irpinia orientale. I suoi racconti da sempre si focalizzano sui disagi e le meraviglie nascoste dei paesi più trascurati e dimenticati, come anche il suo stesso luogo d’origine, fortemente colpito dal terremoto del 1980. Secondo Roberto Saviano, il celebre autore di Gomorra, Arminio è stato il miglior poeta ad aver saputo descrivere il terremoto e tutto ciò che, in seguito, ha generato. Fin dalle prime righe della sua nuova raccolta di poesie pubblicata nel gennaio 2024 e intitolata Canti della gratitudine capiamo l’importanza di temi che spesso ritornano anche in altri suoi libri, stabilendo un unico fil rouge tra la fratellanza, la solidarietà, l’amore per la natura e la possibilità di salvare sé stessi e gli altri. Il libro è suddiviso in quattro sezioni di componimenti poetici:

 Grazie

In questa prima parte il focus tematico è dato dall’ispirazione di Arminio verso la natura e la gratitudine. L’ispirazione poetica, già leggendo i primi componimenti, emerge in modo peculiare trasmettendo una serie di messaggi potenti e universali per qualsiasi tipo di lettore che si approccia all’arte letteraria di Franco Arminio. Sicuramente la semplicità e l’essenzialità che contraddistinguono la sua scrittura consentono alle parole di essere lette e rilette affinché il lettore possa trovare un suo personale significato. Di particolare rilevanza, nelle prime pagine, è la necessità assoluta di accompagnarsi alla natura, cercando di identificare in essa una fedele compagna di vita.

Creature dal cuore azzurro

All’interno della seconda sezione di Canti della gratitudine il lettore si ritrova ad affrontare, invece, il trasporto del sentimento amoroso che esplode in tutta la sua dolcezza e la sua forza, mettendo in evidenza l’intensità delle passioni. Le passioni delle quali Franco Arminio ci narra riguardano sia la sfera intima che quella più civile ma alla base di esse è fondamentale che ci sia l’entusiasmo per qualcosa o per qualcuno perché, come egli stesso scrive, è proprio l’entusiasmo l’unico antidoto «che ci difende da molte malattie». D’altronde nella prima pagina dedicata a questa sezione, esordisce scrivendo che «non c’è amore senza rivoluzione, non c’è rivoluzione senza amore.»

L’Italia dei paesi

Questa terza sezione è un vero e proprio inno alla vita arcaica e semplice che riassume accuratamente con i suoi abili giochi di parole come: «Portare il corpo nei luoghi e i luoghi nel corpo, questo è ciò che voglio fare» oppure «il paese è stato abbandonato due volte: da chi è partito e da chi è rimasto.» Quella di Arminio è una protesta legata ad un’Italia che è sempre più tristemente spopolata ma è anche un atto di richiamo rivolto a chi lascia la propria terra d’origine – come la sua amata Bisaccia – per cercare fortuna altrove e a chi, invece, è rimasto. Dal momento in cui questa, per il poeta, è una questione spinosa ma urgente da affrontare sia nell’Italia meridionale che settentrionale, Arminio preferisce utilizzare con destrezza l’espressività della poesia facendo di essa anche una delle più potenti armi di protesta.

 Geografia dell’inquietudine

La quarta sezione di Canti della gratitudine è un excursus dei sentimenti e delle storie familiari, nel corso del quale l’autore presta particolare attenzione alle sue figure genitoriali. È affascinante il modo protettivo con il quale si rivolge alla madre scrivendo: «Temere era la forma del tuo affetto. Le tengo io le tue paure ora che è solo cenere il tuo petto», trasmettendoci quell’amore profondo che accomuna tutti gli esseri umani di voler continuare a sentirsi figli anche quando ormai non è più possibile. Geografia dell’inquietudine, come suggerisce anche il titolo, offre al lettore una serie di componimenti caratterizzati da una vena particolarmente malinconica e inquieta che rispecchia a pieno i pensieri più reconditi del poeta nel ricordare con gratitudine i suoi affetti più cari.

Fonte immagine: Archivio personale

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