I conti con l’oste, un viaggio sentimentale tra le nuove trattorie italiane

I conti con l'oste di Tommaso Melilli in libreria con Einaudi

I conti con l’oste è il viaggio sentimentale di Tommaso Melilli tra le storie delle nuove trattorie italiane, e senza sciorinare ricette ci racconta chi siamo quando mangiamo

Tommaso Melilli è un giovane chef, viene dalla campagna della provincia lombarda ed è un narratore eccezionale. Non è esattamente una scoperta, né stupisce: la sua penna era già nota per la rubrica di cucina e costume Tovagliette su Rivista Studio e per Spaghetti Wars, un personal essay in francese sull’identità in cucina.
I conti con l’oste – ritorno nel paese delle tovaglie a quadretti, in libreria dal 18 febbraio, è edito da Einaudi nella collana Frontiere ed è il suo debutto nell’editoria italiana.
Non un romanzo ma neanche una vera e propria indagine, sul suo profilo Instagram Melilli definisce I conti con l’oste una non fiction – novel, quell’ibrido letterario tra realtà e creatività che risponde all’esigenza, finora un po’ sopita, di parlare a noi stessi del nostro presente.

Un viaggio sentimentale nelle nuove trattorie italiane

Un viaggio tra alcuni dei ristoranti e delle trattorie più interessanti in circolazione per raccontare “il dietro le quinte dei fuochi” provando a scoprire dove e come nasce quella magia che ci fa sentire a casa quando andiamo a cenare fuori.
Non l’ennesimo libro di cucina, non ci sono ricette (solo qualche consiglio nascosto tra gli incisi, tipo il modo migliore per fare il ragù), non c’è il piglio del critico gastronomico: è un libro sulla cucina scritto con l’impronta del cuoco e lo sguardo del narratore.

È un archivio di storie e aneddoti tratti dalla sua esperienza professionale e personale perché è soprattutto il racconto di un “viaggio sentimentale”, come dice lui stesso, del rientro in Italia da Parigi, dove Melilli, scivolando un po’ sul modo in cui ciò accade, da studente universitario di lettere diventa cuoco.
Sulla soglia dei trenta, il giovane cuoco in terra di Francia ricorda le sue radici italiane e si scopre oste, senza aver mai lavorato in una trattoria o osteria in Italia. Ma quando torna in Italia il vicino di casa lo accoglie dicendogli “Guarda chi c’è, lo zingaro!”, intendendo, forse inconsapevolmente o forse no, che se te ne sei andato via non appartieni a niente, né al luogo dove arrivi e neanche più al luogo da cui vieni.

È come se Melilli si fosse posto le supreme domande “chi sono, da dove vengo e dove sto andando” cercando le risposte tra fornelli e fornitori, il mondo che dichiara essergli più familiare.

I conti con l’oste è il suo personale romanzo di formazione per conciliare le due identità di oste e di zingaro, fatte di anelli voluminosi, camicie alla Adriano Celentano e bandane in cucina. L’itinerario che sceglie segue quei locali che occupano, ciascuno con la propria filosofia, il nuovo paesaggio delle trattorie italiane, senza avere la pretesa di stilare la guida delle imprescindibili trattorie del momento.

I capitoli sono gli incontri che descrivono il cambiamento della scena gastronomica italiana: Passerini è l’unica tappa francese, divenuto famoso per il suo piccione quasi crudo ma dalla pelle croccantissima, per poi scendere e risalire per la penisola da Consorzio a Torino, a Milano – capitale del glamour e sede di Trippa -, a Reis, eroicamente insediato tra le montagne della Val Varaita, da SantoPalato a Roma, per tornare anche nelle trattorie nate e rinate nella provincia natìa di Melilli.

La tradizione non esiste

In ciascuna di queste trattorie si ferma a lavorare per un po’ di tempo, in cucina o in sala, soggiorna, osserva, vive e annota: lo scopo dichiarato è seguire il proprio istinto alla ricerca dell’origine del rinnovato interesse per le trattorie, per capire che cos’è che rende un locale una trattoria, perché la trattoria sembra essere solo italiana, cosa saranno davvero il territorio e la filiera, che cos’è e se esiste la tradizione. L’orizzonte è ampio e il mestiere di cuoco – che ti deve necessariamente procurare tagli, calli e scottature alle mani – sconfina oltre la fisicità con uno slancio artistico, quasi intellettuale.

Infatti tra frattaglie di animali e saporitissime verdure spuntano citazioni colte ed emerge l’idea di fondo che attraversa il libro: la tradizione non esiste. Pur esistendo una vita alimentare popolare italiana condivisa, almeno come ricordo, il mondo cambia inarrestabilmente e continuerà a farlo. I contadini muoiono e le verdure perdono sapore, i provoloni seguono una produzione più industriale, i salami scadono sempre più in là e della tradizione culinaria non resta che l’illusione. La paradossale verità, che è sotto i nostri occhi ma per qualche ragione non vediamo, forse distratti dagli impiattamenti, è che la tradizione esiste solo con la ricerca e con l’innovazione, perché senza ricerca e innovazione sarà sempre più prossima alla pigrizia e all’abitudine.

Impiattare col mestolo

E quindi cosa rende “trattoria” una trattoria?
Forse che il menù sia corto e racconti una storia, o che le verdure siano il centro di gravità del piatto, o che serva tanta pasta, ma recuperi anche le frattaglie, i rognoni e la trippa. Che non abbia insegne, come diceva Mario Soldati. Che si prediliga più il cibo che il vino, o che si impiatti col mestolo – azione più metafisica di quanto si possa immaginare. Sicuramente che sia un posto familiare, un punto d’incontro tra il (ricordo del) passato e il presente, quello che trovi uscendo nell’ideale orto di casa.

Tra qualche anno troveremo le risposte, intanto qui un appetizer de I conti con l’oste.

I conti con l’oste – ritorno nel paese delle tovaglie a quadretti di Tommaso Melilli. 184 pp. Edito da Einaudi – coll. Frontiere, 2020. € 17,50. Disponibile in ebook.

 

Immagine da Giulio Einaudi editore

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