I doni della vita di Irène Némirovsky | Recensione

I doni della vita, originariamente Les biens de ce monde, è un romanzo della scrittrice Irène Némirovsky, pubblicato solo postumo la sua morte nel 1947. Il romanzo fa parte della cosiddetta “saga degli Hardelot”, ossia una famiglia di cartai originari di Saint Elme, una piccola città nel Nord della Francia.  I doni della vita di Irène Némirovsky sembrerebbe essere una “prova” per quello che poi sarà considerato il suo capolavoro assoluto: “Suite Francese”. Si tratta, dunque, di un romanzo classico con protagonisti Pierre Hardelot e Agnés: attraverso i loro occhi l’autrice narra più di 30 anni di storia, dai primi del ‘900, passando per gli orrori della Prima Guerra Mondiale.

La trama 

Il romanzo, dall’inconfondibile stile letterario della scrittrice, mette in relazione la microstoria della dinastia degli Hardelot, famiglia alto borghese proprietaria di una cartiera, con la storia che va dalla Prima alla Seconda Guerra Mondiale e che vede coinvolti tutti, compresa la stessa scrittrice che scrive il romanzo mentre essa stessa stava subendo le terribili conseguenze della disfatta francese e dell’invasione nazista. I due conflitti fanno da sfondo alle vicissitudini degli Hardelot, in cui l’amore di Pierre e Agnés è centrale e fa da collante all’unità famigliare, che va dal patriarca conformista Charles, proprietario della cartiera, attraverso il figlio Pierre, estromesso dai beni per aver spostato una donna non accettata dalla famiglia, fino al figlio Guy, che sposa la figlia (Rose) dell’ex fidanzata di Pierre, Simone, di ottimo lignaggio, ma mai amata da Pierre. Rose e Guy diverranno, tra alterne vicende, i proprietari della fabbrica alla fine della guerra.

Conclusioni

I doni della vita di Irène Némirovsky è un romanzo atipico: l’autrice ci lavora durante l’invasione nazista, prima ancora di scoprire gli esiti della guerra e della sua deportazione ad Auschwitz, di fatti l’opera manca di quella drammaticità che contraddistingue gli altri suoi scritti. Al contrario sembra avere una visione più positiva e fiduciosa nel futuro. Lo stile rimane inconfondibile e scorrevole, tanto da ritrovarsi già dalle prime pagine immersi nelle stradine di Saint Elme, tra le mura del castello degli Hardelot. I due protagonisti, Pierre e Agnés, incarnano perfettamente tutto ciò che di buono c’è nel mondo: l’amore, la lealtà, la fiducia. La loro storia d’amore non è perfetta nè tantomeno folle, ma meravigliosamente reale, tangibile, che resiste agli anni, al dolore, alla guerra. Nonostante le atrocità delle guerre siano lo sfondo del romanzo, l’autrice esorta anche ad una denuncia di un’intera classe sociale, quella borghese a cui appartengono gli Hardelot, che mette sempre al primo posto il denaro, il successo, la reputazione, a dispetto di tutto il resto. 

“La Guerra finirà, finiremo anche noi, ma questi piaceri semplici e innocenti ci saranno sempre: la freschezza, il sole, una mela rossa, il fuoco acceso in inverno, una donna, dei bambini, la vita di ogni giorno… il fragore, il frastuono delle guerre si spegneranno… il resto rimane…”

Fonte dell’immagine in evidenza: Feltrinelli Editore 

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