La trilogia “I nostri antenati” di Italo Calvino rappresenta un percorso allegorico sulla condizione dell’uomo contemporaneo. Se “Il visconte dimezzato” e “Il cavaliere inesistente” esplorano i temi dell’incompletezza e dell’astrazione, Il barone rampante (1957) irrompe con una carica di ribellione adolescenziale e uno slancio vitale unici. Il suo protagonista, Cosimo Piovasco di Rondò, è probabilmente la figura più complessa e autobiografica della trilogia, in cui Calvino condensa la sua riflessione sul ruolo dell’intellettuale e sul vero significato della libertà.
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Il barone rampante: trama e significato di una scelta radicale
Il romanzo inizia con un gesto di rifiuto. Il giovane barone Cosimo, per protesta contro le rigide convenzioni familiari, decide di salire su un albero del giardino di casa, giurando di non scendere mai più. Questa scelta, che lo accompagnerà per tutta la vita, non è una fuga dal mondo, ma un modo per trovare un nuovo punto di vista su di esso. Vivendo sugli alberi, Cosimo non si distacca dalla società; al contrario, partecipa attivamente alle vicende del suo tempo, l’Illuminismo, da una prospettiva unica e distaccata, che gli permette di comprenderla più a fondo. La sua vita “rampante” diventa una metafora della ricerca di una libertà autentica, basata non sull’isolamento, ma sulla coerenza con i propri principi.
La figura dell’intellettuale secondo Calvino
Cosimo, con la sua passione per lo studio e la sua partecipazione attiva alla vita della comunità (seppur dall’alto), incarna l’ideale calviniano dell’intellettuale. Come sottolineato dalla critica letteraria, tra cui quella riportata dall’enciclopedia Treccani, Calvino riflette in questo personaggio sul dibattito post-bellico riguardante l’impegno politico e sociale dello scrittore. La scelta di Cosimo di “separarsi” per meglio osservare e agire rappresenta la posizione di Calvino: l’intellettuale deve mantenere una certa distanza critica dalla società per poterla comprendere e influenzare positivamente, senza cadere nell’alienazione. Cosimo fonda persino uno stato ideale tra le fronde, la “Repubblica di Arborea”, un’utopia che simboleggia il tentativo di creare un modello di società giusta.
La trilogia “I nostri antenati”: un percorso sulla condizione umana
I tre romanzi de “I nostri antenati”, sebbene autonomi, formano un ciclo tematico che esplora le difficoltà del realizzarsi come esseri umani. Calvino stesso, nella prefazione all’edizione del 1960, li definì un “albero genealogico” dell’uomo contemporaneo. Ogni protagonista rappresenta un diverso approccio alla realtà e alla libertà. Attraverso queste storie, ambientate in un passato fiabesco e araldico, Calvino ci invita a riflettere sulla nostra identità e sul nostro posto nel mondo, come evidenziato anche in analisi accademiche disponibili su portali come JSTOR.
I tre “antenati” e il loro significato allegorico
| Protagonista e romanzo | Cosa rappresenta per l’uomo contemporaneo |
|---|---|
| Il visconte Medardo (Il visconte dimezzato) | L’uomo alienato e incompleto, diviso tra bene e male, che non riesce a trovare un’unità. Rappresenta la condizione di “dimezzamento” dell’uomo moderno. |
| Il barone Cosimo (Il barone rampante) | La ricerca di un punto di vista individuale e non conformista. Rappresenta l’impegno a costruire un proprio percorso di libertà senza fuggire dalla società. |
| Il cavaliere Agilulfo (Il cavaliere inesistente) | L’uomo che esiste solo attraverso la forma, la burocrazia e la coscienza astratta, senza una vera sostanza. Rappresenta la perdita dell’essere nella società moderna. |
La lettura de “I nostri antenati” è un viaggio che ci aiuta a comprendere le radici dell’essenza umana contemporanea, un invito a porre fine al nostro “vagabondaggio e all’esilio” esistenziale. Come scrive Calvino ne “Il visconte dimezzato”: “Alle volte uno si crede incompleto ed è soltanto giovane.”
Fonte Immagine Copertina: Flickr
Articolo aggiornato il: 25/09/2025

