Lascia fare al destino, un romanzo di Vittorio Schiraldi

Lascia fare al destino di Vittorio Schiraldi

“Lascia fare al destino” è l’ultimo romanzo del giornalista e sceneggiatore Vittorio Schiraldi, edito da Marlin. Sebbene si tratti di una storia di fantasia, quella presentata da Vittorio Schiraldi è la fotografia di una realtà drammatica che travolge molte famiglie italiane. In questo romanzo il giornalista affronta il delicato tema del rapporto tra giovani e droga, cercando in particolare di raccontare cosa accade quando in una famiglia entra in scena la droga.

Lascia fare al destino: la storia di Ilaria e Simone

Protagonista del romanzo di Vittorio Schiraldi è Ilaria, una giovane e fragile ragazza che ancora minorenne cade nel tunnel della droga. Ilaria è figlia di due genitori separati, Lea e Lorenzo. Vive con la madre e il compagno di lei, Mario, insieme al quale la donna ha un secondo figlio, Ruben. Lorenzo è poco presente nella vita di sua figlia; a causa del suo lavoro è sempre in giro per il mondo e non ha mai molto tempo da dedicarle. La ragazza prova a farsi bastare l’affetto della madre e di Mario che la tratta come fosse figlia sua, cercando di non farle mai mancare niente, ma Ilaria è una ragazza inquieta. Ancora sedicenne, scappa da casa, ammaliata da Simone, rampollo di un’agiata famiglia borghese, dal quale Ilaria si lascia trascinare in un mondo di sbandati, fatto di fughe, viaggi e droghe. La famiglia di Ilaria si trova improvvisamente catapultata all’inferno. Lea e Mario tentano di trascinare la figlia fuori dal tunnel della tossicodipendenza e di aiutarla a riprendere in mano la sua vita, ma il percorso è lungo e tortuoso: la ragazza alterna alle fughe da casa dei periodi di relativa tranquillità, accettando più volte il ricovero in un centro di recupero, tuttavia ricade sempre negli stessi errori, rendendo difficile il compito dei genitori. Nemmeno quando Simone, il suo ormai ex ragazzo, decide di cambiare vita per concretizzare la sua vocazione di scrittura mettendo su carta, anche a fini terapeutici, le sue esperienze, Ilaria si ravvede. Al contrario, non accoglie favorevolmente il cambiamento di Simone. Ormai sono lontani i giorni felici trascorsi insieme a lui in Thailandia e in Vietnam sui sentieri della droga. La storia assume risvolti ancora più drammatici quando Simone scopre per caso di avere l’HIV, e non riesce a rassegnarsi all’idea di essere stato colpito, ora che aveva scritto l’ultima pagina del romanzo, che quindi resterà inedito. Il giorno del suo funerale Mario, che lo aveva seguito e consigliato durante la stesura del romanzo, consegnerà al padre di Simone le pagine scritte dal figlio, affinchè possa cogliere in quei capitoli l’immagine di un ragazzo che non era mai riuscito a conoscere veramente. Intanto sta per compiersi anche il destino di Ilaria, in un finale avvincente, ricco di sorprese e di emozioni.

Vittorio Schiraldi e l’incontro con Simone

“Lascia fare al destino” trae ispirazione da una serie di incontri fatti dall’autore all’interno di centri di recupero per tossicodipendenti. Con l’idea di scrivere un romanzo per raccontare il percorso che devono affrontare i ragazzi che diventano schiavi della droga, l’autore ha iniziato a fare una serie di ricerche per documentarsi. Durante le sue indagini ha conosciuto esperti, genitori e giovani quotidianamente in fila davanti a un Sert di Roma per procurarsi una dose di metadone. In fila, tra quei giovani tossicodipendenti, un giorno c’era anche un ragazzo che voleva diventare scrittore, Simone, divenuto poi uno dei protagonisti del romanzo di Schiraldi.

L’autore ha raccontato così, in un’intervista a Repubblica.it, il suo incontro con Simone:

“Quando conducevo le ricerche per il mio romanzo lo incontrai a Santa Maria della Pietà, incolonnato insieme ad altri disperati all’ingresso di quello che era stato un manicomio. Dopo avergli parlato di me, rivelandogli le miei intenzioni, lo convinsi a parlarmi della sua vita. Accettò di farlo soltanto dopo avere saputo che ero uno scrittore, perché scrivere era sempre stato il suo sogno. Gli chiesi se lo avesse mai fatto e a quel punto mi mostrò un’agenda, il diario che si portava sempre appresso. Poi aggiunse: ‘Però è tutta merda’.

Così cominciammo a incontrarci sempre più spesso e da quel momento il mio obiettivo, quello di scrivere un romanzo, andò perdendo interesse in me, sostituito dall’idea di convincere Simone a scrivere il suo. Lo avevo infatti convinto a farmi leggere qualche pagina del suo diario e ne ero rimasto favorevolmente impressionato. Gli dissi quindi che, se il suo sogno era quello di scrivere, poteva realizzarlo, ma doveva scegliere tra la droga e la possibilità di farcela. Fui categorico con lui e Simone per un paio di giorni sparì, quasi travolto da quel dilemma. Quando tornò disse: ‘Giura che ce la posso fare’. Poi attese la mia risposta e aggiunse: ‘Fanculo la droga!’. E io ero felice, perché avrei cercato di trasformare quel sogno in un suo progetto di vita. Lo convinsi a scrivere il romanzo della sua esistenza di randagio, rinunciando all’eroina per credere finalmente in sé stesso e guardare con fiducia al futuro, e da quel momento lui entrò definitivamente nella mia vita che ormai avevo impegnato in una battaglia che speravo di vincere. “

Purtroppo però il destino di Simone era già segnato; scopre infatti di essere malato di AIDS e muore prima che il suo romanzo possa vedere la luce. Dopo la morte del giovane, Schiraldi accantona l’idea del suo romanzo per riprenderla solo qualche anno più tardi, quando ritrova in un cassetto alcuni degli appunti di Simone, qualche lettera, qualche capitolo che gli era rimasto di quel libro ormai concluso e consegnato a suo padre, il giorno dei funerali. Così decide che è giusto raccontare la sua storia.

Il risultato è una narrazione che non tratta solo di tossicodipendenza, ma pone l’accento soprattutto sulle relazioni familiari e umane, nonché sui rapporti d’amicizia che s’instaurano tra i giovani abituati a vivere allo sbando.

Lascia fare al destino: la “magia” dei giovani

Vittorio Schiraldi dà un’interessante lettura del fenomeno della droga, analizzandolo dal punto di vista dei giovani che cadono nella tossicodipendenza, dominati dalla mancanza di autostima e voglia di vivere, ma anche da quello dei genitori che vengono letteralmente investiti da una drammatica realtà che non riescono ad evitare.

L’autore è abile nel raccontare i sentimenti dei protagonisti del suo libro, che è infatti un coacervo di emozioni dettate da speranze, sconfitte, delusioni e rinascite.

Inoltre, con questo romanzo, Schiraldi conferma che la droga è democratica, perchè colpisce tutti, uomini e donne, giovani e adulti, poveri e benestanti. Non sempre infatti i tossicodipendenti sono figli di un contesto disagiato, spesso, come nel caso di Ilaria e Simone – i protagonisti del romanzo-, i ragazzi dipendenti dalle droghe appartengono a famiglie borghesi, benestanti; sono figli di gente perbene che, nonostante non faccia mancare loro nulla, non riesce a scansare una realtà tanto pericolosa, impedendo ai propri figli di fare e di farsi del male. Non c’è una valida ragione per spiegare perchè questo accade. Forse, come tenta di chiarire Schiraldi nel suo libro tramite il personaggio dell’anziana madre di Mario, “i giovani ci fanno del male perché lo fanno innanzitutto a se stessi, ma si rifiutano di rendersene conto non perché siano incoscienti ma perché si credono magici. Loro vivono credendo alle cose che possono accadere in qualsiasi momento, contro qualsiasi evidenza, persino quando tutto sembra ormai perduto, quando loro riusciranno a salvarsi con una grande magia. Per questo sono giovani, per questo tante volte si comportano come se fossero immortali e hanno anche imparato a morire con questo sogno. È questa la loro debolezza , ma è anche la loro unica forza. Loro forse non saprebbero spiegartelo ma hanno capito come sta andando il mondo. Hanno capito quanto sia importante la magia, quanto sia importante credervi e noi, qualche volta, dovremmo imparare qualcosa da loro”.

“Lascia fare al destino” è un romanzo che coinvolge, emoziona e fa riflettere. Da leggere anzitutto perché, sebbene sia ambientato negli anni ’70 – come si può intuire leggendolo -, è estremamente attuale, dato che il fenomeno della droga è ancora inarrestabile e tuttora, come raccontano le pagine di cronaca, tanti giovani sono sue vittime. In secondo luogo, perché esplora con delicatezza e umanità una realtà complessa, non facilmente esaminabile.

[foto: https://www.marlineditore.it ]

A proposito di Antonella Sica

Napoletana, laureata in Comunicazione pubblica, sociale e politica alla Federico II. Giornalista pubblicista; appassionata di musica, sport, attualità, comunicazione. Ama scrivere, fotografare, creare lavorando all'uncinetto e a punto croce. Realizza bijoux a crochet utilizzando anche materiale di riciclo.

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