Marguerite Yourcenar: L’opera al nero | Recensione

L'opera al nero di Marguerite Yourcenar - Recensione

«La formula l’Opera al nero data come titolo al presente libro designa nei trattati alchimistici la fase di separazione e di dissoluzione della sostanza ed era, pare, la parte più difficile della Grande Opera. Si discute tuttora se tale espressione venisse applicata ad audaci esperimenti sulla materia o se si riferisse simbolicamente al travaglio dello spirito nell’atto di liberarsi dalle abitudini e dai pregiudizi. È probabile che sia servita a indicare alternativamente o simultaneamente l’uno e l’altro.» 
Da Nota dell’autore, commento di Marguerite Yourcenar.

L’opera al nero è un romanzo scritto da Marguerite Yourcenar, pubblicato nel 1968, ma la cui stesura iniziò già nel 1920, per poi essere ripreso, elaborato ulteriormente e concluso solo decenni dopo. Il testo recensito è a cura di Marcello Mongardo, della collana Universale economica dell’editore Feltrinelli.

Marguerite Yourcenar fu insignita dell’onore di essere la prima donna ad entrare a far parte dell’Académie Française, fondata quasi 350 anni prima. Fra le sue opere maggiormente acclamate ricordiamo anche Memorie di Adriano, che la portò al successo internazionale.

L’uomo che ci accompagna nell’intenso viaggio de L’opera al nero di Marguerite Yourcenar è Zenone, alchimista, filosofo, medico e scienziato nato nella Bruges del 1500, figura immaginaria, ma che non può non ricondurci a quelle dei grandi della scienza e del pensiero realmente esistiti: Leonardo da Vinci, Paracelso, Tommaso Campanella, Giordano Bruno, Michele Serveto.

Il testo di Marguerite Yourcenar si compone di tre parti, le quali segnano il cammino vitale di Zenone, la sua maturazione e la vera e propria evoluzione. Zenone è un figlio illegittimo e per questo è condannato sin dalla nascita a portare su di sé un’onta costante, ma ciò non gli impedisce di decidere autonomamente della propria vita e di cominciare a interessarsi al mondo con occhi diversi. Occhi ardenti della più pura sete di conoscenza, disgustati dai precetti e i dogmi stantii della Scolastica e della carriera religiosa che, inizialmente, crede possa soddisfarlo. Nella prima parte del romanzo, La vita errante, Zenone parte per un viaggio senza durata e destinazione precise, egli vuole esplorare, conoscere il mondo, parte per vedere «se l’ignoranza, la paura, la stupidità e la superstizione verbale regnano anche fuori di qui».

Attraverso lo sguardo del giovane Zenone entriamo alla scoperta dell’Europa del XVI secolo, ricostruita alla perfezione da Marguerite Yourcenar e ci troviamo di fronte al Vecchio Continente scosso da fermenti di ogni tipo: la megalitica istituzione ecclesiastica del Cattolicesimo sta cadendo in pezzi a causa della corruzione che la dilania e della sua incapacità di attrarre fedeli, si vanno diffondendo nuove dottrine, come quella di Martin Lutero e Giovanni Calvino, assistiamo alla strage dell’assedio di Münster, in cui realmente si tentò di formare una comune fondata sui princìpi dell’Anabattismo, esperimento finito in tragedia.

Marguerite Yourcenar descrive la Chiesa intenta a correre ai ripari contro le “eresie” non solo religiose, ma anche ideologiche, con la censura, i roghi pubblici di scritti considerati nemici di Dio. Essa perseguita, condanna e uccide coloro che, come Zenone, votano la propria esistenza alla ricerca spasmodica della verità insita in qualsiasi cosa li circondi. L’opera al nero è anche questo: un resoconto oscuro, brutale e sconvolgente nella società del tempo.

Le parole e le lunghe e profonde riflessioni di Zenone riportate da Marguerite Yourcenar spesso ci arrivano in soccorso nel nostro tentativo di dare una spiegazione a tanta bestialità, ma poi si cade nella disillusione, capiamo che quelle scoperte scientifiche che un momento erano considerate da distruggere, nel futuro diventeranno parte di noi e l’essere umano le sfrutterà per compiere sempre maggiori malvagità: «ci si abitua alla ferocia delle leggi del proprio secolo, come ci si abitua alle guerre suscitate dalla scempiaggine umana…».

L’opera al nero di Marguerite Yourcenar non è una lettura da prendere a cuor leggero: chi è attratto più da una scrittura che si concentra sulle azioni, sulla parte attiva e dinamica tout court dei personaggi, forse non riuscirà a comprendere la grandiosità di questo testo, perché è proprio nei momenti di stasi e di elucubrazioni mentali che esso scava nel profondo dei cuori. Il viaggio non è solo quello che si compie a piedi e che implica uno spostamento fisico, ma è quello che si può compiere anche rimanendo fermi, stesi su un letto di una piccola stanza, esattamente come accade a Zenone nella seconda parte, La vita immobile. È qui che inizia a compiersi il mistero della Grande Opera. Zenone, acquisita la conoscenza sul mondo materiale, si appresta ad affrontare il primo e più complesso passo del processo alchemico, il nigredo: la decomposizione, la distruzione di ogni verità e certezza fino a quel momento assodate possono avvenire soltanto indagando dentro se stessi, gettandosi nell’abisso dell’anima.

Il climax costruito da Marguerite Yourcenar ne L’opera al nero coincide il capitolo denominato appunto L’abisso, in cui al lettore sembra di essere risucchiato all’interno delle pozze nere degli occhi di Zenone, che tuttavia corrispondono allo sguardo dell’intera umanità.

Che cos’è l’uomo? Si può davvero raggiungere la Vera conoscenza? Qual è il funzionamento del cosmo? Ogni pregiudizio viene a smantellarsi e ciò che resta di noi non è che uno scuro precipitato di quesiti. A Zenone non resta che continuare ad andare avanti e compiere le restanti parti della Magnum Opus. E cosa non è L’opera al nero di Marguerite Yourcenar se non il percorso che ogni essere umano dovrebbe idealmente compiere lungo tutto l’arco del ciclo vitale? Non può esservi un totale perfezionamento dell’uomo, anche Zenone ne è consapevole, ma per raggiungere il rubedo occorre necessariamente affrontare la decostruzione del nero e l’illuminazione candida del bianco.

Obscurum per obscurius, ignotum per ignotius, il motto per eccellenza degli alchimisti diventa in Marguerite Yourcenar una metafora per affrontare le buie ore della nostra contemporaneità, neanche troppo lontana da quella che osserva Zenone e a cui egli stesso dovrà far fronte: «Andare verso l’oscuro e verso l’ignoto attraverso ciò che è ancor più oscuro e ignoto». 

Il messaggio finale del romanzo sancisce il principio di autodeterminazione di ogni persona, il diritto innegabile a decidere ed essere responsabili delle proprie scelte e della vita ultima. Marguerite Yourcenar nelle pagine conclusive di questo suo grande libro ci invita a vivere liberi, a combattere contro le verità precostituite, a riflettere, elaborare nuovi visioni del mondo che sfidino i fanatismi e il male intrinseco nell’umanità, proprio come il suo protagonista. Zenone in aeternum.

Immagine di copertina: Pixabay

A proposito di Sara Napolitano

Ciao! Sono Sara, studentessa iscritta al terzo anno del corso di laurea Lingue e Culture Comparate presso l'università "L'Orientale" di Napoli. Studio inglese e giapponese (strizzando un po' di più l'occhio all'estremo Est del mondo). Le mie passioni ruotano attorno ad anime, manga, libri, musica, sport, ma anche natura e animali! Da sempre un'irriducibile curiosa.

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