Non è vero che in campagna c’è silenzio è il recente testo di Martina Salvai pubblicato per i tipi della casa editrice Golem Edizioni.
Il testo, scrittura narrativa prima di Martina Salvai, è risultato finalista alla terza edizione del progetto di promozione letteraria “LetteraFutura” e vincitore del premio “Amelia in Giallo”, organizzato dal gruppo letterario Note di Carta e dalla casa editrice Golem edizioni.
Non è vero che in campagna c’è silenzio: il testo
Una narrazione che scorre tra parole e vuoti, in cui dubbi e omissioni si affastellano in un ritmo che incalza e stringe il lettore, sul filo di un’intricatissima trama narrativa: così potremmo sintetizzare Non è vero che in campagna c’è silenzio, che abilmente scopre le sue carte narrative un po’ alla volta, disseminando indizi e aprendo la storia a sviluppi inaspettati.
Il tutto ruota intorno alle vicende di una poliziotta e di una giornalista che si trovano a collaborare insieme su un caso particolare che getta ombre e apre voragini nel paese; le luci si fanno ombre, emergendo verità scabrose e scandali inaspettati.
La narrazione dell’autrice segue un duplice filo che porta il lettore all’interno di un flusso in cui presente e passato si sfiorano, si toccano, fino a confondersi tra loro; i dati si innestano a ricordi, i fatti di cronaca a vicende personali, il tutto decritto attraverso uno stile particolarissimo in cui la narrazione si fa quasi metanarrazione laddove Martina Salvai decide di inserire nella sua fictio anche le bozze che la giornalista coprotagonista del testo scambia con il suo caporedattore; uno stile composito e personalissimo, che formalmente rende complessa la scrittura.
Una lettura a doppio filo, si diceva, una storia che scorre dipanandosi in due storie e da cui si aprono, come fili di una treccia di fili altre storie ad esse connesse e così via in un innesto plurimo e molteplice; e una chiusa che in realtà sembra un germe di anticipazione per una storia futura su Non è vero che in campagna c’è silenzio innestata: così Martina Salvai, infatti, si congeda dai suoi lettori, all’interno dei Ringraziamenti in calce al testo.
Sarà davvero così? Per rispondere a questa – e ad altre domande – abbiamo intervistato l’autrice di Non è vero che in campagna c’è silenzio.
Martina Salvai: intervista all’autrice di Non è vero che in campagna c’è silenzio
Martina, come nasce la trama del tuo Non è vero che in campagna c’è silenzio?
È difficile dire come nasca la trama di un romanzo, ci sono diversi elementi che hanno contribuito a costruire la storia, anzi, le storie che si intrecciano nel libro: fatti di cronaca, letture di genere e non, serie tv, film, videogiochi, riflessioni quotidiane sul mondo che mi circonda… Ma decostruendo e arrivando allo scheletro di un libro, cioè alla sequela dei fatti, di solito per me una storia nasce da un semplice presupposto, un unico presupposto che mi porta a immaginare tutto il resto da cui parte e a cui deve tornare la storia per mantenere la sua coerenza e organicità. In questo caso il presupposto è stato: cosa farebbe una giovane donna qualsiasi, una persona con una vita piuttosto banale, che abita nella contrada Leopardi di Torre del Greco (luogo ai bordi della città dove il senso della comunità è ancora vivo) se incappasse nel cadavere di un suo vicino di casa? Questa è stata la scintilla.
Nel tuo libro alterni capitoli i cui titoli sono costituiti da frasi o parole evocative del contenuto di cui tratti a capitoli indicati unicamente da un numero, in progressione crescente: come interpretare questa scelta all’interno della ratio stilistica della tua narrazione?
Nel libro la trama principale viene raccontata nei capitoli numerati, divisi per giornate, dove assistiamo alle indagini dal punto di vista della protagonista Amanda Sifri. È un modo per dare ordine ai fatti e agli eventi, cosa che in effetti avviene quando si scrive un giallo: si racconta di un omicidio, una cosa che crea scompiglio e disturba l’equilibrio delle cose, e si indaga per riportare l’ordine o illudersi di farlo. I capitoli che interrompono il flusso narrativo sono le pagine del diario di Amanda, sospendono il tempo, si incastrano in una dimensione interiore dove il concetto di “ordine” probabilmente non esiste. Lì può accadere di tutto.
Le vicende di Mara Mennella e di Amanda Sifri sono legate tra loro da una vicenda che sconquassa la città in cui è ambientata la storia: come hai costruito il profilo delle due protagoniste? Quali esempi e richiami letterari – tra letteratura poliziesca, di investigazione giornalistica o d’altro tipo – hai tenuto in mente nella loro formazione?
A questa domanda è un po’ difficile rispondere perché è raro che io abbia in mente un modello preciso a cui ispirarmi nella creazione di un personaggio. Anzi è proprio il concetto di “creazione del personaggio” che non mi si addice. Una scrittrice che ammiro molto, si chiama Karin Tidbeck, in un’intervista ha parlato di sé definendosi “scrittore/scrittrice-spettatore/spettatrice” (Karin Tidbeck, per riferirsi a se stessa usa, in inglese, il pronome they – usato al singolare neutro per indicare il genere indefinito – che identifica un tipo di identità neutra, non nettamente definita). La persona che scrive registra gli eventi così come accadono nella propria mente e anche quando si parla di personaggi è un po’ come conoscere qualcuno per la prima volta. Per me è lo stesso, la personalità di Mara e quella di Amanda si sono sviluppate man mano che si ritrovavano ad affrontare ciò che accade loro nel corso della storia, io mi limito a registrare i fatti. Se c’è qualche riferimento letterario è involontario e potrebbe dipendere da quello che stavo leggendo, guardando o giocando nel periodo in cui scrivevo.
Il tuo testo si chiude con dei Ringraziamenti atipici, in quanto in essi scrivi: «Vediamo, potrei dirti che c’è una storia anche dietro il nome di Amanda Sifri. […] Scommetto che ho acceso la tua curiosità, vorresti conoscere questa storia. […] Ne riparliamo un’altra volta»; possono queste tue parole essere intese come presagio di un tuo prossimo libro incentrato su ulteriori vicende di questo personaggio? Cosa puoi anticipare ai lettori di Eroica Fenice?
È una domanda legittima e ciò che posso dire è che, nonostante le difficoltà in cui incappa in questa prima avventura, Amanda ci ha preso davvero gusto a indagare.
Ringraziando Martina Salvai, ricordiamo che il suo Non è vero che in campagna c’è silenzio è acquistabile sia nelle librerie fisiche che nelle librerie digitali (tra cui anche il sito della stessa casa editrice che l’ha pubblicato: Golem Edizioni).
Fonte immagine in evidenza: casa editrice Golem Edizioni