Recensione del nuovo giallo di Letizia Triches, il secondo della fortunata serie del commissario Chiusano
Letizia Triches, storica dell’arte romana, ha vinto il prestigioso Premio Chiara nel 2010 col racconto Pittore contro ed è autrice della serie sul restauratore Giuliano Neri, la serie noir, edita Newton Compton, che ha inizio con Il giallo di Ponte Vecchio, una serie che ha conosciuto un enorme successo e l’ha resa tra le pubblicazioni di punta della casa editrice, che pubblica adesso il nuovo romanzo, Omicidio a regola d’arte, il secondo della serie del commissario Chiusano, che tuttavia precede il primo in ordine cronologico. Se il primo, Delitto a villa Fedora (2019) racconta delle indagini del commissario Chantal Chiusano, una donna forte e determinata con un nome da soubrette televisiva, trasferitasi a Roma a seguito della morte dell’amato marito Giovanni Aiello, pittore d’arte sacra pieno di talento ma privo di fama, dal quale la donna ha ereditato un metodo artistico nel condurre le indagini.
Omicidio a regola d’arte riguarda il passato del commissario, di origini ischitane, a Napoli al fianco del marito, sulla cui morte la donna si trova ad indagare, perché, in qualche modo, collegata ad un altro delitto del quale la città non può smettere di parlare, l’efferato delitto Mosti, nel quale sono rimasti coinvolti Michele Mosti, pittore d’arte contemporanea, ossessionato dalla propria arte e dalla celebrità e tuttavia spaventato da questa, tanto da restare celebre soltanto a Napoli, docente dell’Accademia di Belle Arti napoletana, e la sua giovane amante Sofia.
Omicidio a regola d’arte è un giallo che lascia moltissimo spazio all’arte e alla psicologia, regalando delle pagine d’immensa bellezza ed introspezione. L’arte è vera protagonista e motore della storia: al mondo dell’arte sono collegati tutti i personaggi principali – Michele Mosti e Giovanni Aiello, innanzitutto, ma anche le varie personalità che gravitano attorno all’Accademia, al commercio d’arte e alle gallerie e che trovano rilievo nella storia – ad eccezione delle due voci femminili, il cui racconto e punto di vista si alterna: Sara Steno, psichiatra e moglie di Michele, che resta suo malgrado invischiata in un rapporto insano e malato con un uomo manipolatore ed egocentrico, un legame matrimoniale che le sta allo stesso tempo fin stretto e fin troppo largo, e Chantal Chiusano, una donna serena e realizzata nel lavoro e nel matrimonio, amata alla follia da Giovanni Aiello, suo marito, che la donna vede spegnersi giorno dopo giorno, inesorabilmente, senza conoscerne la causa e senza poter intervenire. Due uomini e due donne che non potrebbero essere più diversi di così e che, tuttavia, sono uniti in un comune destino di morte e dolore nel segno, inquietante, dell’arte. Destino di morte che conosciamo fin dalle primissime pagine del racconto dove a parlare è un defunto, Giovanni o Michele, che assiste alle esequie dell’uno e dell’altro e non riconosce sé stesso: condannato all’oblio perpetuo della propria memoria, una sorta di crudele contrappasso per chi, attraverso la propria arte, aveva cercato l’immortalità.
Il romanzo di Letizia Triches è molto più che un racconto noir o giallo, che dir si voglia: è un romanzo psicologico nel quale l’arte e il mistero trovano ampio spazio, scritto nello stile incalzante e scorrevole del giallo ma con l’attenzione ai dettagli e l’occhio esperto del saggio di carattere artistico. Una lettura imperdibile per gli amanti del noir.