Perché ti ho perduto: Vincenza Alfano racconta Alda Merini

Vincenza Alfano

Recensione di Perché ti ho perduto, il nuovo romanzo di Vincenza Alfano

Vincenza Alfano, autrice, giornalista ed insegnante napoletana, presenta il suo ultimo romanzo, edito Giulio Perrone, durante la rassegna letteraria Ricomincio dai Libri a Napoli: il romanzo è Perché ti ho perduto, riscrittura di una precisa stagione della vita di Alda Merini, la “poetessa dei Navigli”, la cui voce riecheggia tra le pagine, tra un paragrafo e l’altro, dove l’autrice la cita testualmente.
Il romanzo si apre a Milano nel 1943: la guerra impazza e Alda viene strappata alla sua Milano e alla scuola da una bomba che le spazza via, in un colpo solo, la casa e l’infanzia. La giovane interrompe gli studi per trasferirsi in campagna con la madre, presso gli zii materni, dove studia da autodidatta, ritagliandosi del tempo sottratto alle incombenze della vita dei campi. Esordisce come autrice giovanissima, appena quindicenne, quando diviene la rivelazione del cenacolo di Giacinto Spagnoletti e l’amante di Giorgio Manganelli, col quale ha conosciuto la passione e l’ossessione, indagato le profondità del dolore e dell’estasi. Un amore folle: troppa la differenza d’età, troppo grandi gli ostacoli da affrontare, essendo Manganelli sposato ed Alda Merini poco più che una bambina. Un amore vissuto intensamente ma di nascosto, fatto d’incontri fugaci, sospiri e poesia, un amore impossibile che, tuttavia, resiste alla sferza del tempo. 

Romanzo doloroso e delicato, Perché ti ho perduto indaga il periodo più buio della vita della poetessa, quello trascorso al manicomio Paolo Pini di Milano tra il 1965 e il 1972, in compagnia dei suoi fantasmi, delle anime sofferenti di quella che appare come una bolgia infernale dove ogni anima è spersonalizzata, ridotta al numero del proprio letto, dei ricordi che si mescolano alle fantasie, accanto all’amica e nemica di una vita, la follia, croce e delizia, porta d’accesso privilegiata ad un grado ulteriore di comprensione del reale, ma anche il cancello altissimo che, inevitabilmente, le preclude l’accesso alla realtà degli altri. Alda Merini ci prova ad aggrapparsi a quella realtà, a sfuggire alla follia provando a ritagliarsi per sé uno spazio di normalità attraverso il matrimonio con Ettore Carniti, un uomo poco sensibile agli interessi letterari e alla vena poetica della moglie, e l’esperienza difficilissima della maternità, ma è soltanto la poesia l’unica strada che le permette di attraversare tutte le stagioni della sofferenza per arrivare a dare un nome a ciò che vede, ciò che sente, ciò che pensa. A salvare Alda Merini è stata la poesia, l’unica àncora che potesse tenerla a galla, in superficie, impedendole di scivolare nell’abisso oscuro del dolore: poesia, passione che, nella finzione del romanzo, la donna condivide con Celeste, un meraviglioso espediente letterario ideato da Vincenza Alfano per consentire ad Alda Merini di dialogare con sé stessa e al lettore di vivere con lei questo dialogo.
Il lettore percorre con Vincenza Alfano la strada, tortuosa e tutta in salita, verso la salvezza di un’anima che si scopre matta nel confronto con l’altro, con un mondo che impedisce la libertà d’espressione e filtra ogni emozione nelle maglie strette del perbenismo, lei così fiera e libera, priva di filtri e di schermi. Matta perché vive intensamente, ama intensamente, soffre intensamente. Matta perché poetessa in una società che concepisce la donna soltanto moglie e madre, un mondo a misura di uomo. Matta perché immersa in una realtà che forse non c’è o forse è più reale di quella che si vede e si percepisce con i cinque sensi, perché percepita con l’anima. Matta e dunque da contenere, con gli psicofarmaci, l’elettroshock, le urla, le percosse, il terrore. “I pazzi, in fondo, sono incontinenti” scrive Alfano “Lo sanno tutti. Bisogna legarli, percuoterli, imbavagliarli.
Ma nulla può contenere la forza dirompente della poesia. La poesia diviene, così, la lingua della follia, i versi il dialogo inarrestabile con la coscienza, la porta d’accesso ad una realtà ulteriore, le pause del discorso divengono i silenzi profondissimi ed inquietanti di un ambiente tutto bianco, troppo bianco, per essere davvero reale.

Perché ti ho perduto è un libro  imperdibile, frutto di un lavoro minuzioso ed intenso sulla biografia dell’autrice: Vincenza Alfano sa restituire con poesia e delicatezza, senza risultare invadente, un frammento della vita di Alda Merini, il più doloroso, ma forse il più intenso.Un libro che non rinuncia a mostrare l’abisso, indicando nella poesia la via di uscita, l’unica in grado di riflettere il mistero della vita, provando a spiegare con l’anima ciò che non si può spiegare con la ragione.

A proposito di Giorgia D'Alessandro

Laureata in Filologia Moderna alla Federico II, docente di Lettere e vera e propria lettrice compulsiva, coltivo da sempre una passione smodata per la parola scritta.

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