Cosa succederebbe se, da un giorno all’altro, la morte smettesse di fare il suo lavoro? Le intermittenze della morte (2005) di José Saramago, Premio Nobel per la Letteratura nel 1998, è un viaggio fantastico che esplora questo interrogativo senza cadere in riflessioni puramente metafisiche. Le opere di Saramago sono spesso potenti allegorie, e in questo caso la sua satira acuta mira dritto al cuore dell’uomo contemporaneo e delle istituzioni che ne governano la vita: lo Stato e la Chiesa.
Indice dei contenuti
Trama de Le intermittenze della morte
In un Paese senza nome, allo scoccare della mezzanotte del 31 dicembre, non muore più nessuno. La reazione iniziale è di gioia collettiva, ma il sogno dell’eternità si trasforma presto in un incubo logistico e sociale. Le agenzie di pompe funebri e le compagnie assicurative falliscono. Gli ospedali e le case di riposo collassano sotto il peso di anziani intrappolati in corpi decadenti e di malati terminali condannati a una sofferenza senza fine. Presto si scopre che la morte torna a funzionare appena si varca il confine; così la “maphia” (scritto volutamente così dall’autore) si adatta, organizzando viaggi della speranza per chi desidera morire, mentre il governo, impotente, è costretto a tollerare il traffico illegale.
Dopo sette mesi di caos, la morte stessa, personificata in una donna, decide di porre fine allo sciopero. Inizia a inviare lettere viola per annunciare ai cittadini la data esatta della loro dipartita, con una settimana di preavviso. Tuttavia, un violoncellista le sfugge: la sua lettera viene rispedita al mittente per tre volte. Incuriosita e irritata, la morte decide di consegnargliela di persona. Lo spia, lo ascolta suonare e, inaspettatamente, se ne innamora. I due trascorrono una notte insieme, e la morte si addormenta. Il romanzo si chiude con una frase lapidaria: «il giorno dopo non morì nessuno».
Le due facce della crisi nel romanzo
Il paradosso dell’immortalità forzata genera una crisi che Saramago esplora su due livelli complementari.
Conseguenze sociali e politiche | Conseguenze filosofiche e religiose |
---|---|
Collasso del sistema sanitario e pensionistico. | La Chiesa entra in crisi: senza morte, la promessa della resurrezione e della vita eterna perde ogni significato. |
Fallimento delle industrie legate alla morte (pompe funebri, assicurazioni). | La paura della morte come fondamento della fede viene meno. |
Incapacità del governo di gestire la crisi e ascesa della criminalità organizzata (la “maphia”). | La vita senza la sua fine naturale diventa una condanna e non una benedizione. |
Lo stile unico e il messaggio finale
Saramago cattura il lettore con il suo stile inconfondibile: lunghi periodi, scarsa punteggiatura e dialoghi non segnalati da virgolette, ma solo da una maiuscola iniziale. Questa scelta, come evidenziato dalla critica e dalla Fondazione José Saramago, non è un vezzo, ma un modo per creare un flusso narrativo continuo, quasi un racconto orale che riflette la coscienza collettiva di una società in subbuglio. I luoghi non definiti e l’assenza di nomi propri (a parte quelli che compaiono nelle lettere della morte) conferiscono alla storia una valenza universale, rendendola un romanzo fantastico, distopico e profondamente politico. In modo simile al suo capolavoro Cecità, un evento inspiegabile mette a nudo l’inadeguatezza delle istituzioni e le contraddizioni dell’animo umano.
La prospettiva ironica e controversa, come attestato dall’Enciclopedia Treccani, non è mai fine a sé stessa, ma serve a farci riflettere: forse, più che l’immortalità, è l’amore l’unica forza capace di fermare la morte.
Fonte immagine: Amazon
Articolo aggiornato il: 30/09/2025