Storia di un oblio di Laurent Mauvigner, riflessione e analisi

Storia di un oblio è un romanzo dell’autore francese Laurent Mauvigner. Il titolo originale dell’opera è Ce que j’appelle obli e viene pubblicato per la prima volta nel 2011.

L’opera è stata rappresentata anche sottoforma di spettacolo teatrale, in tournée in Italia.  In particolare si ricorda la messa in scena al Teatro S. Ferdinando di Napoli con la regia di Roberto Andò.

Il linguaggio utilizzato da Mauvigner, non a caso, viene definito come un linguaggio vocato al teatro perché l’autore, dà prova con la propria scrittura caratterizzata dalla brevitas, della sofferenza e della solitudine che segna la vita delle persone. I temi ben si prestano ad un discorso intermediale e a una rappresentazione in pièce teatrale.  

L’opera racconta in poche pagine – solo 58- un fatto di cronaca realmente accaduto a Lione nel 2009. Un uomo, entra in un supermercato per bere una birra, ma diviene vittima dei vigilantes che lo uccidono prendendolo a botte. 

L’opera appare come un discorso unico, senza pause, articolato tutto d’un fiato. Il narratore immagina ciò che avrebbe potuto dire o fare quest’uomo e scrive immaginando un flusso di pensieri ininterrotto.

La scrittura di Storia di un oblio appare tesa e movimentata. Il movimento serve a rendere il lettore sempre dentro la vicenda. Rispetto al dolore della morte, Mauvigner prosegue per lampi di indignazione. Sottolineando il cinismo dei vigilantes, ricorda come siano caratterizzati da un’incomprensibile violenza che punta il dito al senza tetto fino a togliergli, ingiustamente, la vita.  

Lo sfondo del supermercato mette in risalto la rappresentazione della vita vera: Mauvigner dà voce alla classe dei subalterni e con Storia di un oblio vuole sottolineare la possibilità di sfuggire ad un dolore inguaribile: l’oblio. Per questo motivo, attraverso il medium della scrittura letteraria, l’autore fa in modo che un fatto di cronaca divenga una storia universale. 

La parola continua inesorabile e il monologo concitato del breve romanzo non s’arresta: contrariamente alla fine dell’esistenza di un uomo.

Per tal ragione il romanzo non ha una conclusione, nell’ultima pagina vi sono tre punti di sospensione che lasciano intendere un continuum tutto da scoprire e l’incipit dell’opera é rappresentato dalla congiunzione “e”,  proprio per dare costantemente l’idea di una continuità inarrestabile ancor prima che l’opera assumi una effettiva forma.

Mauvigner offre una molteplicità di prospettive pur raccontando una storia vera, dunque oggettiva, e ci riesce attraverso una narrazione tanto breve quanto complessa.

Quella che emerge in Storia di un oblio é una “scrittura del colpo” che mette in risalto l’esperienza dello shock e sottolinea ciò che accade al corpo durante l’evento tragico. L’attenzione alla corporeità non è data solo dalla scrittura che pare muoversi come accade al corpo ma soprattutto dalla scelta della copertina del romanzo.

L’opera é fotograficamente riassunta dalla mano che tiene saldamente una lattina di birra accartocciata con la forza di un pugno. Un’immagine parlante che è esplicativa sia della violenza di cui tratta l’opera, sia dell’acquisto mancato della lattina di birra. 

Mauvigner interroga silenziosamente l’accaduto, ragiona sulle cause passate e spera che il suo sia uno spunto per il futuro affinché la storia di un individuo non venga dimenticata.

Storia di un oblio sottolinea le chagrin del singolo che diviene dolore collettivo. L’autore fa in modo che, con la propria scrittura, si continui a parlare di un uomo e attraverso quest’uomo costruisce un ponte che collega riflessioni profonde.

La scrittura interiore procede per fasi: Mauvigner immagina le sensazioni dell’individuo prima di morire e scrive circa momenti di speranza, delusione, sorpresa, assenza di pausa fino alla rassegnazione. Tratta della via crucis del senza tetto nel supermercato che viene punito ingiustamente, attraverso una violenza spropositata rispetto all’azione compiuta. Ciò che resta all’uomo al termine della propria esistenza non è altro che un bisbiglio faticosamente pronunciato,  perché il silenzio é l’unica cosa che gli appartiene davvero e l’autore ragiona sul concetto di collettività affinché, tramite il discorso letterario, una morte non sia vana.

 

Fonte immagine: Copertina ufficiale del libro Storia di un oblio

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