Supereroi: recensione del romanzo di Paolo Genovese

Supereroi

È uscito per Einaudi Supereroi, il nuovo romanzo di Paolo Genovese, il regista ed autore romano alle prese con una esperienza universale: che cosa mai sarà l’amore, qual è il senso della vita, del tempo e del dolore. 

«Sono entrambi convinti che un sentimento improvviso li unì. / È bella una tale certezza ma l’incertezza è più bella. / Non conoscendosi, credono che non sia mai successo nulla tra loro. / Ma che ne pensano le strade, le scale, i corridoi dove da tempo potevano incrociarsi? / Vorrei chiedere loro se non ricordano – una volta un faccia a faccia in qualche porta girevole? uno “scusi” nella ressa? un “ha sbagliato numero” nella cornetta? – ma conosco la risposta. / No, non ricordano. /  Li stupirebbe molto sapere che già da parecchio tempo il caso stava giocando con loro. /  Non ancora del tutto pronto a mutarsi per loro in destino, / li avvicinava, li allontanava, / gli tagliava la strada e soffocando una risata si scansava con un salto / Vi furono segni, segnali, che importa se indecifrabili. / Forse tre anni fa o lo scorso martedì una fogliolina volò via da una spalla a un’altra? / Qualcosa fu perduto e qualcosa raccolto. / Chissà, era forse la palla tra i cespugli dell’infanzia? /  Vi furono maniglie e campanelli su cui anzitempo un tocco si posava sopra un tocco. / Valigie accostate nel deposito bagagli. / Una notte, forse, lo stesso sogno, subito confuso al risveglio. / Ogni inizio infatti è solo un seguito, / e il libro degli eventi è sempre aperto a metà.»

I versi semplici e sublimi di Wisława Szymborska, tratti da Amore a prima vista, suonano perfetti e profondi nell’accompagnare le pagine di Supereroi, il nuovo romanzo di Paolo Genovese pubblicato da Einaudi e dal quale il poliedrico regista romano ha già tratto un film. Un film che i lettori del libro così come gli appassionati del grande schermo non possono perdersi, e che sarà presentato al pubblico alla riapertura delle sale cinematografiche. Paolo Genovese, autore di Tutta colpa di Freud e dell’iconica pellicola Perfetti sconosciuti del 2016 da cui sono stati poi ricavati vari remake di successo nel mondo, riprova ad affrontare il tema scottante delle dinamiche di coppia, ma stavolta da un punto di vista più raccolto. Rispetto alla “tavolata” di Perfetti sconosciuti, dove la crisi di gruppo scaturiva da una serie di piccole crisi di coppia che scoppiavano, qui la coppia è una, ed i nomi ricorrenti sono quelli che la compongono: Marco e Anna.

Supereroi di Paolo Genovese: la nostra recensione

Già il sottotitolo di Supereroi fa luce ed ombra su un quesito di fondo: Servono i superpoteri per amarsi tutta una vita. È un quesito a cui manca un punto interrogativo finale, e che quindi potrebbe essere letto come un’asserzione. Sono Marco ed Anna i due supereroi protagonisti del romanzo, e sono di Marco e Anna i due spazzolini nel bicchiere presenti sulla copertina del libro Einaudi. Anna è una fumettista che ha inventato la sua eroina di carta: Drusilla. Marco è un professore di fisica che si pone domande scientifiche sul tempo, dandosi poi risposte esistenziali. 

«Tutto quello che ci accade potremmo disegnarlo. Tutto. Possiamo disegnare tutto. Quello che non possiamo disegnare è il tempo. E tutti gli attimi che mette in fila.»

Il romanzo stesso di Genovese è una questione di attimi. Come tessere di un puzzle sparse sul pavimento che vanno riordinate perché alla fine si abbia una visione d’insieme. La storia di Anna e Marco è raccontata a colpi di flashback che coprono un lungo arco temporale – dall’autunno 2003 al lungo inverno 2020 – soffermandosi sui momenti “sliding-doors” che hanno fatto sì che si imboccasse una direzione e non un’altra.

«”Quante possibilità ci sono che due persone che si incontrano per caso si incontrino una seconda volta?” pensa Marco. Sa che la percentuale è cosí bassa che statisticamente viene definita irrilevante. Ma irrilevante non vuol dire impossibile.»

I sentimenti universali ci sono tutti in questo secondo esperimento di scrittura di Paolo Genovese, che nel 2019 aveva già pubblicato con Einaudi Il primo giorno della mia vita: la fragilità e le insicurezze di due bambini solitari, le paure e le angosce nel diventare adolescenti e soprattutto adulti, nell’incontrarsi, innamorarsi, tradirsi, lasciarsi, ritrovarsi. È un romanzo che vale la pena di leggere poco a poco, ritrovando nei cassetti della propria memoria tasselli simili che in un modo o nell’altro finiranno per combaciare. Numerosi sono i rimandi musicali: le colonne sonore che hanno accompagnato un evento e come tali restano impresse nei ricordi. Il primo confronto che viene alla mente con un caso letterario relativamente recente è quello con La solitudine dei numeri primi di Paolo Giordano, da cui Saverio Costanzo realizzò un film – a nostro parere – “così così” rispetto al romanzo d’esordio del fisico piemontese. Paolo Genovese ha invece scritto e pensato come un regista, cioè vedendo e mostrando ciò che le pagine man mano rivelano della storia tormentata dei due supereroi. Esemplare una striscia di Drusilla che recita:

Nel fumetto lei sta cucinando, lui è seduto sul divano.

lui: Dopo dieci anni tutte le coppie diventano supereroi?

lei: No. Solo quelle che continuano a lottare.

lui: E le altre?

lei: Le altre resistono solo perché il cambiamento fa più paura della routine.

Difficile non riconoscersi in almeno una delle decine di avventure raccontate da Marco e Anna, il cui finale, in realtà, lascia un po’ di amaro in bocca. La citazione che abbiamo scelto per voi è contenuta in una sola pagina, e, data la passione smisurata di Marco per i numeri, vi sveliamo anche di quale si tratta: in esclusiva per voi, pagina 146. 

«Io vorrei tornare a Ponza e incontrarti qui per la prima volta, – dice Anna guardando Marco negli occhi.– E che ne sai che sarebbe successo qualcosa? – la rimbecca subito Tullia.– Perché secondo te se due si incontrassero in un momento diverso non si innamorerebbero lo stesso? La risposta di Marco è calda e Anna vorrebbe abbracciarlo, fregandosene dei presenti e del tavolo che li divide.– Se, ad esempio, tu e Anna vi incontraste oggi, qui, sul corso, vi innamorereste? – insiste Tullia.– Tu che dici? – sorride Marco ad Anna.– Forse dipende dall’istante, – risponde lei. È Vittorio a riportare tutto sulla fisica. A voce alta. Sbiascicando.– Quindi secondo voi, in un’ipotetica formula, il fattore C è più importante del fattore D… dove C sta per caso e D sta per destino? Laurène si riaffaccia in terrazza attirata dalla veemenza di Vittorio. Gli fa segno di abbassare la voce col dito davanti alla bocca.– E qual è la differenza? – chiede Tullia.– Gli incontri sono solo casualità.– Magari all’inizio è caso, dopo capisci se è destino, – riprende Marco.– Allora ci sono tanti destini possibili? – chiede Anna. Laurène si siede e si versa del passito. – Così è poco poetico.– È poetico chiedersi, a distanza di tempo, se sei felice che lei sia stata il tuo destino, – ribatte Marco. – Se sei felice di essere entrato in quel negozio di scarpe, o in quella libreria. O di esserti riparato sotto quel portico, che se non avesse piovuto magari non ti saresti mai incontrato con lei. Ecco, se la risposta è sì, allora il caso diventa destino.

Fonte immagine: Ufficio Stampa Einaudi.

A proposito di Giulia Longo

Napolide di Napoli, Laurea in Filosofia "Federico II", PhD al "Søren Kierkegaard Research Centre" di Copenaghen. Traduttrice ed interprete danese/italiano. Amo scrivere e pensare (soprattutto in riva al mare); le mie passioni sono il cinema, l'arte e la filosofia. Abito tra Napoli e Copenaghen. Spazio dalla mafia alla poesia.

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