“Abbi cura”, nuovo singolo di Limarra estratto dal nuovo album “Cosa resterà” è un’esperienza affascinante e coinvolgente. Uscito da poche settimane, il singolo è capace di trasportare l’ascoltatore verso una dimensione di riposo interiore oltre che alla rivelazione della necessità di rallentare abbandonandosi a nient’altro che a sé stessi. Il brano è un invito a riscoprirsi oltre i confini della convulsiva vita moderna attraverso un progetto che unisce sperimentazione sonora a profondità testuale con tanta intensità da sembrare una preghiera.
Abbiamo avuto la possibilità di intervistare l’artista entrando nell’intima essenza della sua opera.
Intervista a Limarra
“Abbi cura” è un brano che invita alla riflessione sul prendersi cura di sé in un mondo frenetico. Quali esperienze personali ti hanno spinto a scrivere una canzone con questo messaggio così profondo?
Abbi Cura è nata in un momento in cui sentivo forte il bisogno di rallentare e ritrovare me stesso. Dopo aver attraversato periodi di solitudine, di smarrimento e di cambiamento, ho capito che in un mondo che corre senza sosta, la vera rivoluzione è prendersi cura della propria interiorità. Le esperienze che hanno ispirato questa canzone sono quelle in cui ho dovuto imparare a fermarmi, ad ascoltarmi profondamente, a riconoscere i miei limiti non come debolezze, ma come punti da cui ripartire. Abbi Cura è un promemoria che ho scritto prima di tutto per me stesso, e che ora sento il bisogno di condividere, sperando che possa diventare anche per altri un invito a scegliere la gentilezza verso sé stessi.
Nel tuo progetto musicale, c’è una forte fusione tra sperimentazione sonora e profondità testuale. Come scegli il giusto equilibrio tra innovazione musicale e il messaggio che desideri comunicare?
Nel mio modo di scrivere, la musica e il testo devono camminare insieme, respirare nello stesso tempo. Non cerco mai l’innovazione per il gusto di sperimentare: parto sempre dal messaggio che voglio trasmettere, dall’emozione che voglio far arrivare. È il contenuto a guidarmi verso la forma sonora giusta. Se sento che una storia ha bisogno di un ritmo più spezzato, di un suono più ruvido o di una melodia più dolce, allora vado in quella direzione. In Cosa Resterà ho voluto che ogni brano suonasse come una piccola esplorazione, ma sempre fedele alla verità di quello che stavo raccontando. Il vero equilibrio nasce quando il suono non copre le parole, ma le amplifica, le fa vibrare ancora più in profondità.
Cosa rappresenta per te il titolo “Cosa Resterà” del nuovo album, e come si collega ai temi trattati nei singoli brani, in particolare in “Abbi cura”?
Il titolo Cosa Resterà è una riflessione che nasce dal bisogno di fare i conti con il tempo che scorre e con ciò che davvero resiste, ciò che si preserva nonostante tutto. È una domanda universale che mi pongo spesso: cosa di noi, delle nostre esperienze, delle nostre scelte, davvero rimane? In un mondo che cambia velocemente e che ci spinge sempre ad andare avanti, c’è un momento in cui bisogna fermarsi e chiedersi cosa stiamo costruendo, cosa stiamo lasciando. Abbi cura è un brano che si collega profondamente a questo tema. Invita a prendersi cura di ciò che conta davvero, a non dare per scontato ciò che ci rende umani: la nostra fragilità, la nostra introspezione, la nostra capacità di saper rallentare. Ogni brano dell’album cerca di rispondere a quella domanda, esplorando l’idea che forse la cosa più preziosa che ci resta è ciò che abbiamo imparato a custodire dentro di noi: le emozioni, le persone che amiamo, i momenti che abbiamo vissuto con autenticità.
Il brano “Abbi cura” si distingue per una melodia avvolgente. Come lavori sulla parte musicale per creare atmosfere che rispecchiano la forza dei testi?
Quando mi occupo della parte strumentale dei miei brani, cerco sempre di far sì che la musica diventi il battito che sostiene il cuore del testo. In Abbi cura, la melodia è pensata per essere come una carezza, qualcosa che avvolge dolcemente le parole, le rende più tangibili, più intime. Ogni scelta sonora nasce dal desiderio di creare un’atmosfera che rispecchi la forza silenziosa dei testi, quella forza che non urla, ma che penetra lentamente. Ho voluto che la musica fosse minimale, ma profonda, come un respiro, un soffio che accompagna ogni parola senza mai distrarre, ma anzi, amplificando l’emozione che ogni frase porta con sé. Strumenti delicati, ma pieni di carattere, si intrecciano in un gioco di luci e ombre, dove la melodia diventa una sorta di abbraccio invisibile che tiene insieme la fragilità e la potenza del messaggio. In questo modo, la musica non è mai solo un accompagnamento: è l’eco di ogni parola, un paesaggio sonoro che fa risuonare l’emozione più profonda che c’è dietro il testo.
Quali sono le tue principali fonti di ispirazione quando scrivi e componi, sia dal punto di vista musicale che lirico, e come ti piace evolverle nel tuo lavoro?
Se da un lato mi lascio trasportare dalle esperienze di vita quotidiana, dai momenti di introspezione e dalle emozioni che scaturiscono dalle relazioni umane, dall’altro le letture, le conversazioni, e soprattutto il contatto con la natura (che è per me una fonte inesauribile di bellezza e saggezza) diventano la mia Musa. Sotto il profilo musicale prendo dalla musica afro-americana, dal jazz, dalla bossa nova, ma anche dalle tradizioni folk siciliane e dalle sonorità mediterranee. Mi piace mescolare questi mondi apparentemente lontani tra loro, cercando di creare qualcosa che possa sorprendere, ma che allo stesso tempo resti autentico e radicato nelle mie origini. Dal punto di vista lirico, mi ispiro a ciò che è universale: l’amore, la solitudine, la ricerca di sé, ma anche le contraddizioni dell’animo umano. Mi piace che le parole possano essere interpretate sempre in modo diverso, che riescano a toccare l’ascoltatore in profondità e, allo stesso tempo, a lasciare spazio per una riflessione personale. La scrittura per me è un atto di esplorazione, un tentativo di capire meglio me stesso e il mondo che mi circonda. Ogni volta che compongo, cerco di evolvere queste tematiche, aggiungendo nuove sfumature, cercando di fondere tradizione e innovazione, passato e presente, per dare vita a qualcosa che parli davvero all’anima.
fonte immagine: ufficio stampa