Caparezza e il nuovo album Orbit Orbit: la recensione

Orbit orbit: il viaggio di Caparezza nel suo cosmo

Dopo 4 anni da Exuvia, il 31 ottobre 2025 Caparezza ha pubblicato il suo nono album: Orbit Orbit. Conclusione di una trilogia che racconta la sua fuga da se stesso verso la libertà, apparentemente questo disco non sarebbe mai stato nei suoi piani. È infatti nato solo dopo che Michele Salvemini ha pensato al concept di un fumetto, che come ha spiegato nelle ultime interviste, ma da come ha fatto capire da sempre attraverso la sua musica, è un mondo di cui è sempre stato incredibilmente appassionato. Ha deciso quindi di rilasciare entrambi i prodotti contemporaneamente, creando un’esperienza multimediale e multidimensionale, che gode di una complementarità unica, dal momento che ogni traccia è basata su un capitolo specifico del fumetto.

La storia e il viaggio immaginifico

L’album si apre con Caparezza disteso a terra, ancorato alla realtà, speranzoso di potersi elevare da questo mondo. Ricorda i tempi della sua infanzia quando gli bastava chiudere gli occhi per immaginarsi in mondi paralleli ed è ciò che finalmente avviene in questo caso: inizia a fluttuare e arriva nello spazio, dove può pensare solo a se stesso e alla sua immaginazione. Nelle molte interviste rilasciate in concomitanza con l’uscita del disco, ha affermato che Orbit Orbit è l’onomatopea che ha attribuito all’immaginazione, fulcro di questo progetto. Continua coi riferimenti ai precedenti album, come Prisoner 709 ed Exuvia, dove si sentiva un prigioniero in cerca della sua libertà, che ha finalmente trovato “lasciando” questo pianeta e abbandonandosi completamente alla libertà immaginifica. Egli fugge anche da molte delle sue idee, che spesso lo ingabbiavano in dubbi.

Caparezza si identifica proprio nel viaggio e in ogni sua parte, dal bagaglio al traguardo, donando un messaggio positivo: non importa quanto e cosa raggiungiamo nella nostra vita, fin quando siamo noi a farlo con la consapevolezza di essere fedeli a noi stessi. Presenta poi un personaggio: Darktar, l’antieroe del fumetto, con cui chiunque può identificarsi. Un personaggio dall’animo fragile che è stato deluso tante volte dalla vita e da se stesso, che ha come ultima risorsa per farsi amare quella di suscitare senso di colpa.

Nella quinta traccia si parla esclusivamente di come l’arte del fumetto abbia salvato la sua vita: sin da piccolo è stato innamorato del medium, tanto da voler diventare un fumettista da grande. Questo brano è facilmente ricollegabile a Darktar: lui si sente quello strano, quello diverso, solo perché gli piace leggere i fumetti, piuttosto che seguire altre mode da ragazzini, ma non gli interessa dato che in esso ha sempre trovato un rifugio dal mondo esterno. È proprio attraverso i fumetti che poi scopre la musica, che diventerà la sua principale passione. Nella terza strofa il testo si incupisce e tratta di temi come l’acufene e l’ipoacusia dell’artista, che probabilmente lo porteranno a perdere l’udito nei prossimi anni, sollevandogli molte preoccupazioni. Piuttosto che preoccuparsi della sua carriera da musicista, teme di perdere la voce dei propri cari, pensiero che l’ha portato anche ad immaginarsi un suo possibile suicidio; tuttavia, l’idea di continuare a fare fumetti è ciò che lo tiene ancorato alla vita.

Continua con un inno alla conoscenza e alla curiosità dell’uomo: si rivolge alle stelle, tra i misteri più profondi per l’essere umano, per chiedere di risolvere i suoi dubbi e di dargli delle risposte. In Come la musica elettronica continua a parlare della sua vita e riconosce di star invecchiando sempre di più sia fisicamente “il mio corpo è un tempio e va benone, nel senso che cade a pezzi, Partenone”, che mentalmente. Confrontandosi con le nuove generazioni capisce di non comprendere più le nuove tendenze musicali. Allo stesso tempo riconosce di soffrire molto della nostalgia che prova per il passato, tanto da temere di non riuscire a reggere il peso del ricordo.

Le ultime tracce: Pathosfera e Perlificat sono probabilmente le più potenti dell’intero disco. Nella prima, Caparezza parla delle sue emozioni, la dimensione all’interno della quale ha sepolto tutte queste. Tuttavia, da quando si è reso conto che seppellirle non fa altro che rendere insensibili a qualsiasi tipo di dolore, deumanizzando chiunque lo faccia, ha capito che imparare a convivere e reagire a tutto ciò che cerca di farci del male è importante per continuare a vivere come esseri umani. «Ho paura che stia diventando automa, cyborg; Ma se ho questa paura sono ancora salvo»: nell’ultima strofa e nell’ultimo ritornello Caparezza riconosce l’importanza delle emozioni, che finalmente torna a sentire: questo pathos sta donando sangue a ciò che prima era un fantasma: è come se stesse facendo resuscitare l’artista che aveva perso qualsiasi tipo di empatia. Nella seconda, Caparezza compara l’essere umano ad un’ostrica: un essere che si rinchiude nel suo guscio, ma che al suo interno riesce a creare tra gli oggetti più belli e perfetti in natura: la perla, da qui il nome della canzone. Tutto ciò che l’essere umano deve aspirare a fare è perlificare tutto ciò che affronta. Anche per questa capacità, Caparezza afferma di non poter perdere la sua fascinazione per l’essere umano, capace di creare opere d’arte e unico essere che possiede la facoltà dell’immaginazione.

Lo stile e la space music

Orbit orbit: il viaggio di Caparezza nel suo cosmo
Caparezza (pagina Spotify)

L’album è ispirato alla space music, della quale l’artista è molto fan, e soprattutto perché si lega perfettamente all’immaginario dei testi e del fumetto. Tuttavia, nonostante questa componente molto più creativa e immaginifica, si sente un Caparezza che per la prima volta abbandona il suo ruolo di “attore” che recita un personaggio: in questo disco è Michele a cantare. Non cerca, come quasi sempre nella sua discografia, di creare altre voci, altri personaggi: vuole semplicemente esprimere se stesso, e ciò rende tutta l’opera decisamente più profonda. Nella seconda metà dell’album vi è un allontanamento sempre maggiore dalla space music e un riavvicinamento alla musica suonata con strumenti fisici: scelta coerente con i testi dei brani, che vedono un riavvicinamento all’essere umano e alle sue emozioni.

Nelle scelte stilistiche si riflette anche il concetto chiave dell’immaginazione: in Cosmonaufrago, infatti, l’autore ha lasciato carta bianca ai musicisti che hanno collaborato con lui, che hanno infatti portato avanti una jam improvvisata per tutta la seconda metà della canzone. Antitetica invece la scelta nella traccia immediatamente successiva: in Perlificat, Caparezza si è affidato ad un’orchestra composta da settantaquattro elementi, per creare una traccia di una grandiosità unica, probabilmente la più maestosa di tutta la sua discografia.

Conclusione

Ogni volta che Caparezza pubblica un album, è probabile che diventi il suo migliore; anche questa volta Michele Salvemini non è stato da meno. Per tematiche, scelte artistiche e musicali, questo è un album che ha davvero pochi difetti, che vengono comunque coperti dalla magnificenza degli innumerevoli pregi. Un inno all’immaginazione, all’uomo in quanto capace di immaginare e creare, ma anche al fumetto: Caparezza ha deciso di esternare il suo amore per ciò che fa da carburante per la sua vita e questa dedica è ciò che rende l’album reale, genuino, inimitabile.

Immagine in evidenza: copertina dell’album e del fumetto (Feltrinelli)

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