Es Nova è un collettivo artistico-musicale nato nel 2015 che si muove al confine tra arte contemporanea, sound art e performance improvvisata, attraversando territori quali ambient, minimalismo, jazz di frontiera, elettroacustica e rock progressivo. Negli ultimi anni il collettivo ha orientato la propria ricerca verso esperienze fortemente legate all’audiovisivo, dando vita a performance, installazioni e progetti site-specific in gallerie, musei e luoghi del contemporaneo. Per comprendere meglio il contesto in cui operano, è utile approfondire il concetto di Sound Art come definita dalle istituzioni museali internazionali.

Indice dei contenuti
- Qual è la vostra idea di performance?
- Quali sono i vostri autori e artisti di riferimento?
- Come lavorano gli Es Nova? Chi fa cosa?
- Cos’è per voi il performer? Quanta libertà vi lasciate?
- Approccio alle gallerie d’arte e luoghi del contemporaneo
- Che cos’è per voi la critica?
- Che cos’è per voi l’educazione all’estetica?
| Ambito operativo | Membro responsabile |
|---|---|
| Produzione, chitarre ed elettronica | Nicola |
| Voce, fotografia e social media | Erica |
| Pianoforte, tastiere e amministrazione | Alice |
| Comunicazione e ufficio stampa | Katiuscia Tomei |
Qual è la vostra idea di performance?
Per noi “performance” significa un atto intenzionale finalizzato a uno scopo, che si svolge dentro un campo estetico-musicale e in un contesto di fruizione condivisa con un pubblico. Le nostre performance sono più vicine al concetto di musicking, che non all’idea tradizionale di esecuzione di un repertorio. La nostra improvvisazione radicale in gruppo si muove soprattutto in una dimensione relazionale, più che performativa in senso classico.
Quali sono i vostri autori e artisti di riferimento?
Sono tantissimi, ma senza fare classifiche direi che i principali riferimenti, i nostri gusti, si muovono intorno a Stockhausen, Cage, Cecil Taylor, Zorn, il movimento Fluxus, Pink Floyd, John McLaughlin, il free jazz, il noise, Arvo Pärt, Sun Ra.
In campo extramusicale ci sentiamo vicini a Lacan, Nietzsche, Steiner, Bion, Duchamp, Man Ray, Kandinsky, Malevich, Jaques Tati.
Come lavorano gli Es Nova? Chi fa cosa?
Lavoriamo in parte come un collettivo musicale, in parte come un gruppo di ricerca, in parte come gestori del nostro stesso percorso. Ci è sempre piaciuta l’idea di riuscire a funzionare come una piccola comunità di lavoro e ricerca. Una palestra sociale, regolata e aperta al dialogo, nella quale “allenarsi”, mettendosi costantemente a confronto con le sfide e i conflitti del lavoro artistico e dello stare in relazione con altri. Nicola cura soprattutto la parte produttiva e artistica, oltre alle chitarre e l’elettronica. Erica, oltre alla voce, segue la fotografia e la comunicazione social. Alice si occupa delle parti pianistiche, delle tastiere e della gestione amministrativa dei progetti. Accanto a noi c’è una rete di collaboratori che lavora con Es Nova fin dalla nascita del progetto: grafici, videomaker, tecnici del suono, curatori. Da quest’anno si è aggiunta anche Katiuscia Tomei, che gestisce la comunicazione e l’ufficio stampa.
Cos’è per voi il performer? Quanta libertà vi lasciate?
Anni fa il performer era qualcuno che sapeva eseguire un repertorio in modo affidabile e professionale, con il giusto sound, facendo la sua parte senza troppe “storie” collaterali.
Oggi è più vicino a qualcuno che, oltre a tutto questo, condivide la sua estetica, porta in campo il suo vissuto, sbaglia, offre soluzioni, rischia, si espone. E attinge a dimensioni non sempre facili da abitare. In generale ci lasciamo quanta più libertà possibile, senza imposizioni e senza scadere nell’anarchia. Ognuno è responsabile del suo spazio all’interno del mondo Es Nova e decide come abitarlo. Abbiamo alcuni confini di massima, poi lasciamo che la nostra creatività si muova nelle dimensioni più congeniali a ognuno.
Approccio alle gallerie d’arte e luoghi del contemporaneo
Le gallerie ci interessano perché offrono uno spazio già immerso in accadimenti artistici, e spesso una fruizione più attenta a un discorso come il nostro. Ogni luogo ha una vita propria e sentiamo l’esigenza di riempirlo di suono: è come se il visivo chiamasse il sonoro e viceversa. Proponiamo un evento diverso per ogni contesto, evitando di forzare lo spazio e mettendoci invece in ascolto del luogo stesso: cosa chiede? Quale tipo di esperienza suggerisce? Di volta in volta, cerchiamo la forma più adeguata di fruizione, cercando di coinvolgere lo spettatore in modo globale.
Che cos’è per voi la critica?
La critica è, prima di tutto, la testimonianza della libertà di parola e di pensiero. È ciò che mette l’opera in tensione, confrontandola con categorie estetiche, gusti personali e interpretazioni. L’opera, una volta realizzata, diventa parte dell’opera stessa. Poi si apre un secondo tempo in cui ognuno ha il diritto di farne ciò che vuole: smontarla, ridicolizzarla, ignorarla, travisarla o costruirci sopra letture ex-post. L’intenzionalità permane, ma resta sullo sfondo, tace e ascolta cosa ne pensano gli altri. I social hanno reso questo processo un fenomeno di massa, nel bene e nel male.
Che cos’è per voi l’educazione all’estetica?
Riteniamo che l’educazione estetica sia, prima di tutto, un’acquisizione di categorie e strutture mentali tramite cui la percezione può acquistare significato e profondità. Se da una parte è vero che la percezione è già carica di cognizione e di teoria, dall’altra nessuno penserebbe che per capire un libro di fisica o matematica sia sufficiente saper leggere simboli e numeri. Significherebbe fermarsi alla forma esteriore, ai grafemi.
Nell’arte accade probabilmente qualcosa di simile: occorre cogliere anche la struttura interna, quella che unisce percezione e cognizione. L’educazione estetica, a nostro parere, riguarda il significato del vedere e dell’udire, e richiede un lavoro interno.
Si passa da una fruizione passiva a un ascolto e a una visione maggiormente attivi e interroganti. Questo approccio permette di cogliere rimandi, strutture, nel tentativo di cogliere il senso complessivo di un lavoro. Ovviamente non si tratta di passaggi netti, ma di sfumature via via più accentuate. Fino a dove si possa spingere questa ermeneutica è un tema ancora più complesso e affascinante. Si tratta in sostanza di imparare ad ascoltare e comprendere, vedere e capire allo stesso tempo, ognuno a suo modo.
Si ringrazia Katiuscia Tomei, ufficio stampa, per la collaborazione.
Fonte immagine in evidenza: esnovamusic.com

