In questa intervista GARGANE racconta il suo nuovo singolo “Occhi Scuri”, già disponibile sulle principali piattaforme streaming dal 13 Giugno. In questa occasione, il cantautore racconta non solo la genesi compositiva del suo brano e le varie correnti che hanno influenzato il suo lavoro, ma spiega anche il rapporto, spesso controverso, con i social e col tipo di fruizione artistica, in questo caso musicale, che oggi viene proposta: breve, incisiva ma che forse troppo spesso non lascia abbastanza “tempo” per assaporare davvero un brano. L’invito che GARGANE fa in questa intervista per Occhi Scuri è quello, quindi, di ritornare a vivere il momento musicale come un momento di immersione totale in una dimensione che non è fatta solo di armonie, ma anche di “colori, sapori, paesaggi ed emozioni“.
Ecco come GARGANE ha risposto alle nostre domande.
Il brano ha una musicalità coinvolgente e potente, ricco di varie fusioni. Come si crea un brano tanto poliedrico? Qual è il punto di partenza?
«Ogni brano ha una storia a sé, di solito l’origine è ciò che guida la crescita del brano. Con questo voglio dire che il primo pensiero, colore o sapore che ha innescato il pezzo è solitamente ciò che poi lo guiderà nel suo sviluppo. Alcuni brani hanno più colori, sapori, paesaggi ed emozioni al loro interno, è da lì che poi diventano poliedrici. Se il pezzo racconta una storia, c’è caso che la storia cambi insieme alla musica, portando l’ascoltatore in un viaggio e a esplorare luoghi diversi nello stesso paesaggio musicale».
Hai omaggiato Django Reinhardt e questo sembra sottolineare un legame forte con una certa tradizione musicale. Quanto e perché è importante tenere vivo il dialogo musicale odierno con la tradizione?
«Se ci pensate, riferendosi al tempo della vita, il bambino vive in un mondo vecchio mentre quando diventa vecchio il mondo in cui vive è nuovo, giovane. C’è quindi un forte legame con il vecchio e il nuovo, c’è un dialogo. Ci deve essere un giovane che continua a parlare a un vecchio e viceversa. Nella musica penso sia esattamente la stessa cosa. Ciò che c’era prima guida i passi a ciò che verrà dopo».
Quando hai composto il brano sei partito dal ritmo o dall’immagine poetica?
«Per questo brano è stato abbastanza un fifty-fifty. C’è nello sfondo il tema e l’armonia di un brano reinterpretato da Django Reinhardt e sopra, però, ci sono parole che richiamano un’antica poesia russa e la voglia di provare a scriverne un’altra, partendo solo dal titolo Occhi scuri».
Cosa pensi dell’impatto dei social sulla produzione musicale degli ultimi anni?
«Dirò una cosa banale, ma credo che i social abbiano sicuramente dato molta visibilità e accesso a tanti contenuti che altrimenti sarebbero rimasti tra le solite quattro mura. D’altra parte, però, la ricerca dei contenuti da offrire e la rilevanza degli stessi, si è abbassata notevolmente. Questo in risposta alla logica dei social: molti contenuti, brevi, semplici e soprattutto vestiti bene. La disponibilità all’ascolto si è abbassata e i contenuti che la richiedono sono spesso mescolati ad altri in cui l’attenzione non è così necessaria. Lasciamoci il tempo di capire».
Cosa speri che “Occhi scuri” regali agli ascoltatori?
«Spero che li porti dentro un tramonto, in un ballo scalzi a fine estate, rapiti da uno sguardo e, magari, a riprendere in mano una chitarra e iniziare a cantare».
Fonte immagine: ufficio stampa