In uscita venerdì 5 dicembre è l’album d’esordio di Lula, nome d’arte di Lucrezia di Fiandra, intitolato LULA. Lula può essere definita come un’artista multiforme, in grado di muoversi tra diversi stili e strumenti, tra cui la chitarra e la batteria; il risultato è un album autentico ed estremamente intimo, dove l’artista racconta se stessa e le sue emozioni.

Conosciamo Lula
Lula nasce a Roma, in un contesto per lei molto favorevole alla musica: la sua passione deriva in parte dal fratello maggiore, bassista e compositore, e dallo zio, figura di estrema importanza. Lula inizia ben presto a cimentarsi nell’ambito musicale, partecipando nel 2020 al Festival di Sanremo nella categoria Nuove Proposte. E’ nel 2024 che esce il singolo “Grandine“, solo un accenno all’album in uscita.
Il 5 dicembre è in uscita il tuo primo album LULA, un album che racconta di te stessa e del tuo percorso. Come ci si sente all’idea di entrare in scena parlando apertamente delle tue emozioni?
Sono contenta, ho lavorato tanto tempo alla realizzazione di questi brani e ognuno tira fuori un pezzo di me. Sono una persona molto emotiva e questo a volte è stato un motore molto potente per la mia scrittura, a volte ho dovuto rimettere in ordine i pensieri per comprendermi meglio. Spero che tutte queste emozioni possano arrivare a chi ascolterà il mio disco.
Nel 2020 hai avuto l’opportunità di condividere il palco di Sanremo Giovani con Gabriella Martinelli presentando il testo “Il gigante d’acciaio”. Cosa ha significato per te collaborare assieme?
È stato un momento molto importante per il mio percorso artistico, mi ha dato modo di partecipare a un qualcosa di enorme, calcare un palco dal valore inestimabile e mettermi in gioco con tutta me stessa. Gabriella è stata una compagna d’avventura, ma anche una guida preziosa, e lo continua ad essere tutt’ora!
Il brano CIAF! è dedicato ad un’altra tua grande passione: la pallacanestro. Credi che la pallacanestro abbia contribuito a renderti la persona che sei oggi anche da un punto di vista musicale?
Assolutamente sì. I valori dello sport sono stati inconsciamente quelli che ho portato avanti anche nella musica: l’importanza della condivisione, del lavorare insieme, lo spirito di sacrificio e la grinta nell’affrontare ogni sfida. Mi ha fatto comprendere benissimo anche le differenze con la musica, che non è una competizione, anche se a volte ci spingono un po’ a pensarlo.
Play in inglese significa sia “giocare” che “suonare“, e questa è una cosa molto significativa per me.

Uno dei tuoi testi è dedicato ad una persona molto importante per te, da cui deriva anche il tuo nome d’arte e il titolo dell’album: tuo zio. Chi era per te tuo zio e che impatto ha avuto sulla tua musica?
Ho un’immagine ricorrente della mia infanzia: io che canto “Con te partirò” sulle sue gambe cercando di impostare la voce, ero davvero molto buffa, ma lui mi chiedeva sempre di cantargliela, forse per prendermi un po’ in giro ma io mi divertivo tantissimo. Anche a lui piaceva tanto la musica, suonava il piano e la chitarra e si divertiva ad accompagnare i suoi amici nelle serate spensierate.
Ho perso mio zio Gianni a 19 anni, è stato un momento molto duro per la mia famiglia ma ci ha anche unito tanto. E da questo momento così difficile ho iniziato ancora più forte a sentire il desiderio di scrivere. Lui è stato la mia spinta più grande. La mia primissima canzone l’ho scritta per lui, e poi anni dopo è arrivata Buon compleanno.
“Va bene così” è un brano dal significato molto forte, che tenta di riassumere l’ansia sociale della generazione di oggi. Ti è mai capitato di sentirti obbligata a comportarti in un determinato modo per essere conforme alle aspettative della società odierna?
Continuamente. Siamo tutti bombardati da un costante senso di inadeguatezza, di non essere abbastanza, di non fare abbastanza, e diventa tutto talmente normale che a un certo punto non ci si fa più caso. Ma ogni tanto bisogna fermarsi e dire che no, non è normale, che forse ci meritiamo di amarci un pochino di più, di permetterci di sognare un po’ più in là degli schemi già preimpostati per le nostre vite.
Se dovessi scegliere una sola traccia dell’album che ti rappresenti al meglio, che gridi Lula, quale sceglieresti?
È una scelta molto complicata, ma dico La zattera della Medusa. Non a caso è il singolo main dell’album. Credo sia il più potente dal punto di vista contenutistico e anche musicale. Quello dove esce fuori più umanità, senza fronzoli o giri di parole, e spero che arrivi dritta al petto di chi la ascolta come è successo a me mentre la scrivevo, e come mi succede sempre quando la canto.
Social di Lula:
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Fonte Immagine in evidenza: Ufficio stampa, Cover ufficiale dell’album.

