Tenco e Dalida: la storia di un amore tragico tra musica e malinconia
Un amore struggente, intenso e potente, ridotto in cenere da un soffio di vento. La storia di Tenco e Dalida è una delle più tormentate e affascinanti della musica italiana, un legame bruciato troppo in fretta che ha fatto sognare un’intera generazione, lasciando dietro di sé una scia di domande e un’infinita nostalgia.
Due anime inquiete: chi erano Luigi Tenco e Dalida
Luigi Tenco: il cantautore esistenzialista della scuola genovese
Luigi Tenco nacque in Piemonte il 21 marzo 1938, ma crebbe a Genova, culla di quella che sarebbe diventata la Scuola genovese dei cantautori. Figlio della guerra e di un’assenza paterna, Tenco trovò rifugio nella musica. Da autodidatta imparò a suonare chitarra, sax e clarinetto, riversando nelle sue composizioni una profondità rara. I suoi testi erano poesie intrise di un’inquieta visione del mondo. Con il suo sguardo carico di dolore e malinconia, cantava l’amore in modo sublime, risultando sempre inafferrabile, lontano dai riflettori, un artista puro dal fascino esistenzialista.
Dalida: l’icona internazionale dalla voce di platino
Dalida, pseudonimo di Iolanda Cristina Gigliotti, nacque al Cairo il 17 gennaio 1933 da genitori italiani. La sua ascesa fu folgorante: proclamata Miss Egitto, si trasferì a Parigi, dove divenne un’icona della musica internazionale. Fu la prima donna a vincere un disco di platino, collezionando settanta dischi d’oro in sette lingue diverse. Con la sua versione di Guaglione, intitolata Bimbo, conquistò un disco di diamante creato appositamente per lei. La sua voce sensuale e la sua presenza scenica magnetica la resero una diva amata in tutto il mondo.
L’incontro tra Tenco e Dalida: un legame nato tra le note
Fu in una calda sera d’estate del 1965, nella sua casa di Roma, che i loro sguardi si incrociarono per la prima volta. Tenco suonava la chitarra, timido e intenso; Dalida rimase stregata da quel suono e da quella voce. Si rividero a Parigi nella primavera del 1966, passeggiando lungo la Senna in una città in pieno fermento artistico. Trascorsero la notte all’hotel Prince de Galles a Montmartre, un luogo che sarebbe tornato tragicamente nelle loro vite. La loro storia d’amore, vissuta lontano dai riflettori, era un incastro perfetto di due anime complesse e appassionate.
Il festival di Sanremo 1967: il palco della tragedia
Nel 1967, la loro casa discografica, la RCA, propose alla coppia di partecipare al Festival di Sanremo. Quella che doveva essere la consacrazione del loro amore e del loro sodalizio artistico si trasformò nel capitolo più buio della loro vita.
“Ciao, amore ciao”: una canzone di Tenco e Dalida controcorrente
Tenco voleva presentare Li vidi tornare, un brano antimilitarista, ma fu giudicato troppo forte. Ripiegò allora su Ciao, amore ciao, una canzone potente sull’emigrazione, ispirata anche alla storia della famiglia di Dalida. Quei versi carichi di nostalgia e sentimento li avvicinarono ancora di più. Salirono sul palco dell’Ariston, ma qualcosa non funzionò. L’esibizione di Tenco fu tesa, sofferente. Quella sera, la canzone venne eliminata dalla giuria.
La tragica notte: la morte di Tenco e il biglietto d’addio
Mike Bongiorno annunciò l’esclusione. Tenco, deluso e in balia dei suoi demoni, si rifugiò nella sua camera d’albergo. La depressione latente esplose. Con un colpo di pistola alla testa, Luigi Tenco si tolse la vita. Fu Dalida a trovarlo, ore dopo. Accanto al corpo, un biglietto, un atto di protesta contro un sistema che non lo aveva capito: «Faccio questo non perché sono stanco della vita (tutt’altro) ma come atto di protesta contro un pubblico che manda “Io, tu e le rose” in finale e a una commissione che seleziona “La rivoluzione”». Una morte che ancora oggi suscita interrogativi e dolore.
L’eredità di un dolore: la vita di Dalida dopo Tenco
Il ritrovamento del corpo senza vita di Tenco segnò per Dalida l’inizio di una lenta discesa. Un mese dopo, il 26 febbraio 1967, nello stesso hotel di Montmartre dove avevano vissuto la loro passione, tentò il suicidio, ingerendo una massiccia dose di barbiturici. Sopravvisse, ma la sua anima rimase per sempre ferita. Continuò a cantare, portando sul palco il suo dolore e interpretando con struggente intensità proprio Ciao, amore ciao in memoria di Luigi. Ma il lutto non la abbandonò mai. Il 3 maggio 1987, nella sua villa parigina, Dalida si diede alla morte, lasciando un ultimo biglietto: «Perdonatemi, la vita mi è insopportabile». In quelle parole si cela il sigillo di una delle storie d’amore più tormentate di sempre. Due anime maledette, unite dal destino, che forse solo nella fine hanno trovato la loro pace.
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