La banda del club dei cuori solitari del sergente Pepper dei Beatles
Il 1 giugno del 1967 i Beatles pubblicavano “Sgt. Pepper’s Lonely Heart Club Band”. Il loro ottavo album in cinque anni, il primo vero concept album della storia. Fino ad allora le canzoni venivano pubblicate come singoli o, a volte, raccolte in un album.
Il record di lunghezza di un disco all’epoca era detenuto da Bob Dylan con Blonde On Blonde. Il menestrello di Duluth incise ben quattordici tracce in un solo lavoro. Canzoni bellissime, ma ognuna con una propria storia e un proprio universo di riferimento.
“Sgt. Pepper’s Lonely Heart Club Band” è un disco speciale perché è stato il primo ad avere un proprio filo conduttore. Più che un prodotto musicale, sembra appartenere al campo della letteratura. Ascoltarlo è come leggere Robinson Crusoe o 1984. E come quando si recensisce un romanzo: non si può che partire dalla storia.
“Sgt. Pepper’s Lonely Heart Club Band” comincia in teatro. Si sente il brusio degli spettatori. Cala il sipario, ma a suonare non sono i Beatles. Nè tantomeno John Lennon o Paul McCartney. Sul palco c’è la Sgt. Pepper’s Lonely Heart Club Band. Comincia un rock’n’roll che nella sua semplicità preannuncia all’ascoltatore l’inizio di qualcosa di diverso, che va ben al di là del filo logico che unisce le tredici tracce. Non c’è nemmeno un attimo di pausa con la seconda canzone, o meglio, il secondo capitolo.
The Beatles, all you need is pop
“With A Little Help From My Friends”: con questa semplice trovata ci si rese conto che un disco poteva essere il supporto di una vera e propria opera musicale. Segue un pezzo storico: “Lucy in the Sky with Diamonds”. Si viene catapultati in un mondo psichedelico. Immagini colorate e visioni acide come di chi ha fatto uso di sostanze allucinogene. Come suggerito tra le righe del titolo, con la sigla Lsd ben nascosta. “Follow her down to a bridge by a fountain/Where rocking horse people/eat marshmallow pies”.
“Fixing A Hole” sembrò anch’essa ispirata ad esperienze allucinogene. In virtù del verbo fix che in gergo indica il “bucarsi”. Abbandonato il tema della psichedelia, i Beatles si incentrano sulla solitudine. L’incomprensione generazionale, all’epoca argomento molto dibattuto. “She’s leaving home” fu ispirata da una notizia del Daily Mirror in merito a una sparizione di una ragazza. “Why would she treat us so thoughtlessly/How could she do this to me?” si chiede Paul McCartney.
Sgt Pepper porta i Beatles e la musica pop nel mondo dell’arte
Il genio di Lennon viene fuori nuovamente con le atmosfere giocose, quasi circensi, di “Being for the benefit of Mr Kite!”. Un caleidoscopio che trascina come un vortice in una pista di acrobati e giocolieri. “Within you without you” è, invece, l’unico aiuto del disco firmato da George Harrison. Un pezzo che ci porta dritti in India, pervaso come è di spiritualità, un tratto distintivo della futura carriera del membro più ribelle tra i Beatles, nato grazie anche al contributo di numerosi musicisti indiani, perlopiù suonatori di sitar. La quotidianità è l’indiscussa protagonista e musa ispiratrice delle canzoni successive. “When I’m Sixty Four” fu dedicata da McCartney al padre per il suo compleanno. “Lovely Rita” è la vera storia d’amore nata tra lo stesso Paul e un’addetta ai parchimetri, conosciuta mentre lo stava multando.
Siamo al giro di boa di questa lunga fase di climax. La suspense, l’epilogo del disco è vicino. Citazioni criptiche si susseguono in “Good Morning, Good Morning”. Brano composto da Lennon, dal significato mai del tutto chiarito. Forse, l’intenzione di raccontare l’evoluzione di una giornata. Intento che sarà in seguito realizzato con maggiore successo. La Sgt. Pepper’s Club Band torna così sul palco, è il momento della reprise. Un’idea geniale, che verrà copiata da tantissimi artisti. Altro non è che la ripresa del brano iniziale. Stesso ritornello, stessa musica, cambia solo qualche strofa. Seguono i consueti ringraziamenti al pubblico che fanno da intercalare al capolavoro del disco.
A day in the life: ultimo brano dell’album
Un giorno nella vita, che potrebbe uno qualsiasi tra i migliaia della nostra esistenza. Un giorno che è in realtà li riassume tutti, è il finale, l’apocalisse, il giudizio universale. Naturalmente i Beatles furono ispirati da un fatto realmente accaduto. La morte di un deputato della camera dei Lord in un incidente stradale.
“A Day In The Life” inizia dolcemente, quasi in maniera dissoluta. Seguono poi crescendi orchestrali che danno l’impressione di essere alla fine del mondo. Un pezzo che entra dritto nella storia della musica diviso in due parti. Dieci anni prima di “Bohemian Rhapsody”. Suoni, voci e loop che al giorno d’oggi può comporre chiunque con un semplice computer, ma che all’epoca erano rivoluzionari, tanto da richiedere ore di lavoro. Se si ascolta attentamente, alla fine del primo crescendo è possibile ascoltare un fruscio di fogli e rumore di sedie che sbattono. Interferenze che i tecnici non riuscirono ad eliminare in fase di montaggio.
Marx, Freud, Einstein e Poe in un’unica copertina
Tante sono le ragioni per cui “Sgt. Pepper’s Lonely Heart Club Band” è da ritenersi un disco memorabile. Non c’è classifica che menzioni l’opera dei Beatles tra le opere più importanti del Novecento. In primis, non si era mai vista tanta accuratezza nei dettagli in un prodotto riservato alle masse. Una cura di ogni minimo aspetto nuova alla musica pop: il racconto, l’epica, il folk, l’elettronica, l’assoluto e il quotidiano condensati in tredici canzoni. Anche la copertina fece storia, al punto da divenire un oggetto iconico della cultura pop, alla pari della banana dei Velvet Underground. Tutte le fonti di ispirazione dei Beatles vennero ritratte in un celeberrimo ritratto.
Ci sono Marx, Einstein, Fred Aistaire, Marlon Brando, Edgar Allan Poe, Oscar Wilde, Freud. Il disco venne stampato con il medesimo frontespizio per la prima volta in tutto album. Il termine “album” nacque probabilmente con questo lavoro. Inoltre, altra novità per l’epoca, “Sgt. Pepper’s” conteneva al suo interno testi e immagini. Si sfogliava proprio come un album fotografico.
“Sgt. Pepper’s Lonely Heart Club Band” è un disco che vive ancora di contrasti a cinquant’anni dalla sua pubblicazione. È di massa e di avanguardia, ricercato e popolare, audace e comunicativo allo stesso tempo. Forte di quel titolo così lungo, che nella nostra epoca ultra-connessa occuperebbe lo spazio di un tweet.