Thank you for your complaints, intervista ad Emilya Ndme

Thank you for your complaints

Thank you for your complaints è il debutto discografico di Emilya Ndme

La nostra intervista all’artista

Thank you for your complaints è il tuo debutto discografico. Qual è il percorso che ti ha portato a tagliare questo importante traguardo?

Ho iniziato ad ascoltare musica davvero molto piccola. Era una necessità, quando si è bambini gli istinti si percepiscono come esigenze e questo era la musica per me. Ho iniziato poi a studiare chitarra classica, poi canto, a scrivere le prime canzoni e a formare band con le quali giravo nei locali dell’alta Toscana. Ventenne, ho partecipato a qualche concorso ed uno il più importante come autrice di testi, Il Premio Lunezia, che mi vide tra i primi 8 autori d’Italia.

Ho continuato così, studio, tanto ascolto di generi diversi, tante band, tanti live sopra e sotto al palco, collaborazioni con il mondo del teatro sino ad Emilya Ndme, che è il primo mio progetto da solista e che racchiude la visione sperimentale che ho della musica, i miei gusti e la contaminazione di diverse forme artistiche con le quali mi piace giocare.

Il disco si avvale della collaborazione di Valgeir Sigurðsson, storico produttore, tra gli altri, di Björk e dei Sigur Rós. Da Genova ai geyser islandesi il passo è breve, a quanto pare.

Valgeir ha masterizzato il disco, è stato decisamente un onore per me. L’ottimo lavoro di mixing di Gabriele Pallanca di Genova Records è stato esaltato dalle sue orecchie sapienti: è stato molto bello per me confrontarmi con una realtà come quella rappresentata da Sigurðsson e devo dire ci siamo intesi bene, ha accolto tutti i miei feedback e mi ha aiutata a raggiungere il suono che volevo dare al disco.

L’inglese è la lingua di tutte le canzoni di Thank you for your complaints. A cosa si deve questa scelta?

Ai miei ascolti, da sempre molto rivolti alla musica internazionale. I pezzi sono usciti dalla mia testa già in inglese. Negli ultimi anni l’inglese è stata decisamente la lingua con la quale mi è venuto più istintivo scrivere e quindi non ho fatto altro che assecondare il processo. Non ho idea se sarà sempre così ma attualmente questo è ciò che sento di fare.

Nell’album mescoli con facilità sonorità differenti, passando dal’ indie rock all’elettronica, attraverso il pop e il glitch. Quali sono le tue principali influenze musicali?

Sicuramente è vero, si sentono influenze differenti. La pasta sonora è la stessa ed è il collante del disco. I miei ascolti sono davvero molti: non ho limiti in fatto di gusti musicali, passo dal pop, al jazz, musica classica, indie, elettronica a seconda dell’umore o delle ricerche che sto facendo in quel momento. Se dovessi fare dei nomi attualmente ti direi FKA twigs, Aurora, Florence and the Machine, Daughter, ecc.

Accompagno spesso le mie stories su instagram a pezzi che mi piacciono. Non sono molto autoreferenziale quindi seguendomi lì si può viaggiare con me tra i miei ascolti del momento.

Il disco è molto eterogeneo a livello di temi e atmosfere, pur nella sua struttura molto intima ed introspettiva. C’è una canzone alla quale tieni più di altre?

Si, certamente: la prima è Snow. Snow ha dato vita ad Emilya ndMe e non il contrario. E’ stato anche il brano che mi ha portata per mano e mi ha dato il coraggio di iniziare questa avventura musicale e poi parla di mia madre e quindi non potrebbe essere altrimenti. Il secondo brano è Ain’t Planet B, il mio “figlio” meno pop in assoluto, più sperimentale, che mi ha fatto divertire molto con l’elettronica e che la tematica ambientale alla quale sono legatissima, argomentazione che non smetto mai di “stressare” e che vorrei davvero arrivasse a più persone possibili.

 

Fonte dell’immagine: Facebook.

A proposito di Matteo Pelliccia

Cinefilo, musicofilo, mendicante di bellezza, venero Roger Federer come esperienza religiosa.

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