Gallicchio in questa intervista presenta Vincenza, suo singolo d’esordio, disponibile dal 20 Giugno 2025 su tutte le piattaforme digitali e in rotazione radiofonica. Questo brano, di stampo acustico e deliziosamente orecchiabile, è una riflessione sulla sensazione di “inadeguatezza” che prima o poi tutti sperimentano: il cantautore, attraverso un testo molto originale e tramite la figura di Vincenza, esorta il protagonista/ascoltatore a “mollare gli schemi, i percorsi dritti e volgere quindi lo sguardo a ciò che davvero conta”. L’intervista di Gallicchio per Vincenza è anche un momento in cui il cantante racconta un po’ del suo processo creativo, degli anni in cui suonava la chitarra e scriveva ma senza mai essere soddisfatto del risultato, fino a quando un pomeriggio d’autunno le note e le parole sono iniziate ad andare al punto giusto e le canzoni ad uscire finalmente fuori.
Vincenza di Gallicchio: intervista al cantautore
Il testo del tuo brano è estremamente interessante e sembra seguire un “flusso di coscienza” che passa attraverso momenti squisitamente banali del quotidiano ad un’analisi fredda e a tratti ironica che fai di te stesso (o dell’io narrante). Come si scrive un brano così strutturato? Da dove sei partito?
Come spesso accaduto per le canzoni che ho scritto, la spinta primordiale al brano parte da una frase che mi ronza in testa e di cui percepisco una certa musicalità. In questo caso specifico mi riferisco alla frase del ritornello e cioè il fatto di chiamarsi Vincenza come sinonimo di sentirsi fuori luogo. Mancava però una struttura portante, una strofa che sostenesse la tesi del ritornello. Quindi ho immaginato me stesso all’interno di quella sensazione di inadeguatezza e, dopo qualche tentativo di cui conservo le registrazioni vocali, è venuta fuori la prima strofa con la linea melodica ben definita, che ha fatto poi da guida alla seconda. Ed è stato di fatto un flusso di coscienza vero e proprio, perché non sapevo a priori dove sarei andato a parare. Mi sono lasciato guidare dalla canzone stessa.
Perché hai titolato il brano “Vincenza”? È una persona o un’immagine narrativa?
Vincenza è una persona importante che ho conosciuto non troppo tempo fa e che ha portato una serie di cose positive nella mia vita, compresa questa canzone. “Che poi tutti ti chiamano Enza” è una dedica alla sua insofferenza rispetto al fatto che, nonostante lei preferisca il nome completo e l’abbia più volte fatto presente, tanti continuino a chiamarla con il diminutivo. Questo concetto è metaforicamente per me molto rilevante, in quanto anche il processo di autolegittimazione rispetto a quello che si è (o che si vuole essere) non sempre è sufficiente. Però Vincenza, nel brano, funge chiaramente da spunto narrativo. Me la immagino come una ragazzina, evidentemente fuori contesto ma indifferente alla cosa, che spinge il protagonista a mollare gli schemi, i percorsi dritti e volgere quindi lo sguardo a ciò che davvero conta. E qui c’è anche un piccolo spoiler del videoclip.
Nelle parole “osservo con leggerezza tutta quanta l’esistenza” sembra quasi tu voglia indicare un punto di arrivo positivo, leggero. È questa secondo te la chiave per riuscire a vivere in maniera più equilibrata?
Il brano, per quanto cosparso da una leggera malinconia, è positivo. Anche “lo spiazzo” dove parcheggio e mi fermo un attimo rappresenta la presa di consapevolezza del protagonista rispetto al dualismo chi sono/cosa faccio. E qua chi ascolta può e deve vederci quello che vuole. La scelta della propria identità e del proprio posto però, secondo me, non può che essere fatta con uno sguardo leggero. Che non significa superficiale.
Questo è il tuo singolo di esordio, cosa ti aspetti da questo percorso musicale che hai deciso di intraprendere?
Non ho particolari ambizioni, se non quella di condividere delle emozioni e delle sensazioni con le persone. E già sapere che qualcuno possa essersi ritrovato in una frase, una descrizione o un concetto espresso nel brano, è oltremodo gratificante. Spero quindi che questo processo possa ripetersi anche per le canzoni che verranno.
C’è stato un momento in particolare in cui hai deciso di voler intraprendere la carriera musicale? Cosa speri arrivi agli ascoltatori attraverso la tua musica?
Suono la chitarra da quando avevo sei anni e a tratti, tra adolescenza e tempi universitari, avevo già composto qualcosa. Ma quanto scrivevo non mi aveva mai convinto. Lo scorso autunno invece, quasi dal nulla, è venuta fuori una prima canzone; poi ne ho scritta una seconda, una terza e quando sono diventate più di dieci ho pensato che potesse aver senso investire delle risorse (anche emotive) in un percorso musicale che avesse a che fare con me stesso e il modo in cui guardo al mondo.
Hai degli eventi estivi programmati per la promozione del tuo nuovo lavoro?
Al momento qualcosa bolle in pentola, ci saranno presto delle novità in tal senso. La voglia di suonare dal vivo è tanta.
In conclusione, come suggerisce Gallicchio in questa intervista per “Vincenza”, il piacere di fare musica sta nella scrittura, nella ricerca della melodia ma anche nell’attesa del momento giusto per scrivere canzoni; quello che viene dopo è il desiderio di poter offrire a chi ascolta la possibilità di riconoscersi in quelle parole e, perché no, dare anche qualche suggerimento importante come “la scelta della propria identità e del proprio posto […] non può che essere fatta con uno sguardo leggero. Che non significa superficiale“.
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