Dal 18 aprile al 21 luglio 2025, la Fondazione Donnaregina per le arti contemporanee – museo Madre apre ufficialmente le sue porte per la mostra Euforia di Tomaso Binga, a cura di Eva Fabbris con Daria Khan, exhibition design Rio Grande. Un’esposizione contenente i quarant’anni della sua attività artistica attraverso più di centoventi opere tra cui installazioni, fotografie, collage, documenti e testimonianze di performance.
L’anteprima di Euforia il 17 aprile
All’anteprima della mostra Euforia, Tomaso Binga –pseudonimo maschile di Bianca Pucciarelli Menna (20 febbraio 1931) – arriva sulla sedia a rotelle. Tutti fremono nell’accoglierla calorosamente, tant’è che appena varca la soglia del museo, un’équipe di fotografi, giornalisti e cameraman la circondano per starle il più vicino possibile, senza perdersi nemmeno un frammento del suo sguardo, della sua gioia frastornata di essere lì. Mentre occhi e schermi sono puntati verso di lei, come se il suo valore artistico potesse colarle dalla bocca e dalle mani, Bianca sembra solo umilmente emozionata di trovarsi al Madre, dove sono esposti i suoi lavori. Infatti, l’unica cosa che ripete è: «Sono felice. Sono felice. Avete fatto tutto voi, è una cosa meravigliosa. Ma sono io? Non sono io? Chi è? Io ho dato solo i miei quadri, voi li avete valorizzati. Grazie». Si scopre così il percorso della mostra, insieme all’artista, nelle diciotto sale del terzo piano del museo, in cui si ha l’occasione di immergersi visivamente ed intellettualmente nell’arte rivoluzionaria di una perfomer che ha saputo strumentalizzare il suo femminile per sovvertire gli schemi di genere attraverso un linguaggio dirompente e critico.
L’esposizione della mostra Euforia al Madre: Tomaso Binga
Come spiegato dalla direttrice del museo Eva Fabbris, l’urgenza di raccontare e mostrare un patrimonio artistico come quello di Binga sembrava oggigiorno più efficace che mai. Già la scelta di irrompere nel mondo dell’arte con uno pseudonimo maschile sembra essere un buon suggerimento provocatorio su quelli che sono stati i suoi intenti artistici e critici. Infatti, grazie alla scrittura verbo-visiva di cui l’attivista si occuperà per tutta la durata della sua carriera, ciò che si sperimenta osservando le sue opere è un totale rovesciamento dei ruoli di genere e del linguaggio ad essi correlato. L’immagine e la parola si fondono qui insieme per assumere le vesti di una potenza avanguardistica, capace di inserirsi come frattura e sconvolgimento dei sistemi binari. Significativo in questo senso stretto sono gli alfabeti da lei riscritti in cui il corpo nudo dell’artista ri-crea le forme delle lettere. Il suo corpo si spoglia e si mette al servizio della parola, criticando attraverso l’immagine il linguaggio stesso di cui diventa consapevolmente manifesto. Così facendo, Tomaso Binga, sancisce un femminismo autodeterminante carico di denuncia, rielaborando lettere e grammatica italiana, con l’obiettivo di proporre nuovi codici di senso e suscitare nuovi modelli di pensiero e comportamento sociali attraverso la trasversalità dell’arte della performance. L’esposizione adesso disponibile è figlia di due anni di ricerche realizzate in stretta collaborazione con l’artista e il suo archivio, prendendo forma e vita all’interno del museo Madre con un allestimento sperimentale dal tracciato circolare ideato dal collettivo multidisciplinare Rio Grande in dialogo con Tomaso Binga.
Fonte immagine: Ufficio stampa