Dalí è a Napoli!
Il 28 febbraio è stata presentata alla stampa la mostra “Io Dalì” al PAN – Palazzo delle Arti Napoli, che sarà aperta al grande pubblico dal 1 marzo al 10 giugno. L’esposizione si incentra sulla figura poliedrica di Dalì attraverso disegni, video, fotografie, riviste e installazioni. Tutto è stato pensato per esaminare la sua principale opera d’arte: se stesso.
La mostra è stata curata da Laura Bartolomé e Lucia Moni per la Fundaciò Gala-Salvador Dalì e da Francesca Villanti, direttore scientifico di C.O.R. – Creare, Organizzare, Realizzare – con la consulenza scientifica di Rosa Maria Maurell. Alla conferenza stampa erano presenti personalità d’eccezione come il sindaco di Napoli Luigi De Magistris e l’Assessore Nino Daniele in rappresentanza del Comune di Napoli – Assessorato alla Cultura e al Turismo, Montse Aguer, Direttrice dei Musei Dalì, Alessandro Nicosia, Presidente di C.O.R che ha realizzato la mostra, e Jesús Manuel Gracia Aldaz S.E. l’Ambasciatore di Spagna.
Dalì: il surrealismo sono io
«Il geniale pittore spagnolo, viene presentato in quest’occasione come un precursore dei tempi, un pioniere dell’arte del nuovo millennio; percepisce, prima di molti altri, l’importanza della cultura di massa e la trasforma in una piattaforma di promozione della propria opera, il palcoscenico dove poter declamare il proprio io. […] la mostra esplorerà l’anticonformismo di Dalì, analizzandolo come artista che sperimenta in tutti i campi della creazione, inclusi quelli più innovativi, come l’installazione e la performance.» – Luigi de Magistris, Sindaco di Napoli
La prima opera d’arte di Dalì è se stesso, la chiave per comprendere tutto il suo universo. Già nell’infanzia, segnata dalla morte del primo Salvator Dalì, morto nove mesi e dieci giorni prima di lui, iniziò a sviluppare un ego smisurato per non morire nel confronto e nella competizione con la figura del fratello morto, che tornava puntualmente in vita nelle parole dei genitori.
Un creatore che non si è fatto incasellare, che non è rimasto prigioniero di una sola espressione artistica. Ma libero pensatore, pittore, disegnatore, scrittore, amante della scienza, catalizzatore delle correnti d’avanguardia, illustratore, designer, cineasta, scenografo. Dalì è questo molto altro: la giustapposizione di se stesso e del suo personaggio, della realtà e della leggenda, della vita pubblica e di quella artistica. Sapiente pittore, grazie alle tantissime ore trascorse dipingendo e studiando, era interessato alla visione e alla percezione.
Una delle caratteristiche della mostra, che subito cattura l’attenzione degli spettatori e desta sgomento, è la quasi assenza dei dipinti. Il motivo è presto spiegato. L’esposizione non si incentra sul pittore Dalì ma sull’artista vero e proprio, indagando l’immagine che ha voluto dare di sé, lo scarto tra la leggenda e la persona reale, il modo in cui si è voluto presentare al mondo tramite i mass media.
L’enigma dell’uomo coi baffi
«L’uomo con i baffi più assurdi della storia con gli occhi costantemente spalancati quasi in ogni fotografia, come a voler dimostrare che lui vedeva il mondo diversamente da tutti” ci consegna il più attuale dei messaggi, perché l’unico modo per guardare il mondo e continuare a vederlo è con uno sguardo che ne colga le diversità. […] Dalì si è impossessato di una chiave e ci ha aperto nuove porte oltre la realtà data. Perché l’io non soccomba in un mondo che schiacci l’io diviso e possa abitare un mondo svuotato dall’indifferenza degli dei.» Nino Daniele – Assessore alla cultura e al turismo
Il desiderio di creare una leggenda si colloca nella ricerca dell’immortalità, nel desiderio di permanenza. Questo anelito, unito alla crisi della fede, lo ha avvicinato alla scienza, facendolo interessare alla genetica, all’olografia, alla stereoscopia. Così crea i primi dipinti stereoscopici, grazie ad un gioco di specchi, che emula i vecchi visori della fotografia stereoscopica, per dare l’illusione della tridimensionalità dello spazio pittorico. Durante la mostra è possibile sperimentare la visione dei quadri di Dalì con uno di questi visori.
Precursore anche nel rapporto con la stampa, ha subito compreso l’importanza dei nuovi mezzi di comunicazione e ha saputo utilizzarli a proprio vantaggio. Ha “pubblicizzato” la sua figura, portando l’arte a tutti ma senza sminuirla, destando stupore e creando enigmi. I mass media lo hanno aiutato ad elevare la sua persona e a trasformarla nel simbolo del surrealismo. Ogni apparizione televisiva era sapientemente meditata dall’artista che si dava al pubblico a piccole dosi. La vita pubblica e quella privata ed artistica erano ben diverse. La mostra passa in rassegna non solo molti filmati che lo ritraggono, ospitate televisive ed interviste, ma anche le foto che Philippe Halsman ha potuto scattare ai suoi lunghi baffi e agli enormi occhi, due attributi semplici che lo hanno potuto identificare agli occhi del grande pubblico. Infine un’intera stanza è stata dedicata al Teatro-Museo Dalì con un lungo filmato. Il museo rappresenta esso stesso un’opera, un autoritratto gigantesco che contiene molte creazioni e che contribuisce alla desiderata immortalità sia dell’artista che del personaggio.