Gladiatori in mostra al MANN fino al 06/01/2022

Gladiatori in mostra al Mann fino al 06/01/2022

La mostra “Gladiatori”, il grande evento della programmazione 2021 del Museo Archeologico Nazionale di Napoli, intende presentare il lato meno noto della figura complessa e affascinante dei combattenti dell’arena. Il progetto, curato da Valeria Sampaolo e Laura Forte e promosso con il sostegno della Regione Campania, coniugando archeologia e tecnologia, si compone di centosessanta reperti distribuiti in sei sezioni ubicate nel Salone della Meridiana, unitamente a una sezione tecnologica di taglio divulgativo, che ripercorrono con rigore metodologico i vari momenti di vita degli antichi campioni, dalla lotta sul campo alla loro alimentazione.

Un po’ di storia: i gladiatori e i munera gladiatoria

All’origine delle esibizioni di gladiatori vi sono le gare o i duelli combattuti in onore di defunti, come quelli tenuti in occasione del funerale di Patroclo (Iliade, XXIII) durante il quale Achille fa svolgere corse di carri, incontri di pugilato, di lotta e un duello armato tra Aiace e Diomede per placare lo spirito dell’amico defunto. Le numerose raffigurazioni di questo tipo di scontri, dipinte sulle pareti interne di tombe della prima metà dei IV secolo a.C., scoperte a Paestum, testimoniano l’acquisizione di tale usanza greca da parte delle popolazioni osco-sannitiche. Probabilmente i Romani appresero la gladiatura, come rituale funerario, dalla Campania. Nel 264 a.C. a Roma i figli di Giunio Bruto Pera, in occasione del funerale del padre, fecero combattere tre coppie di schiavi, dando così inizio all’usanza di esibizioni di gladiatori che, pur mantenendo un carattere privato e funerario fino alla fine del I secolo a.C., videro crescere notevolmente il numero degli uomini impegnati. La popolarità degli spettacoli e dei loro protagonisti, documentata dalle scritte sui muri delle città antiche e da tanti oggetti di uso comune, era dovuta certamente al tifo di tipo sportivo, ma derivava soprattutto dall’ammirazione per chi, con coraggio e in leale duello, metteva a rischio la propria vita per ottenere vittoria e successo, come emerge dalle iscrizioni funerarie.

I gladiatori provenivano dalle più diverse province dell’impero, potevano essere prigionieri di guerra, schiavi destinati a tali spettacoli, criminali condannati a morte da inviare disarmati nell’arena, liberti, ma anche uomini liberi che volontariamente si sottomettevano al lanista. Se il nome di tali combattenti, conservato dalle iscrizioni su pietra e dai graffiti, è ridotto al solo cognome, vuol dire che si trattava di uno schiavo, venduto dal padrone al lanista, o condannato a quel mestiere per scontare una pena; alcuni liberti hanno un prenome e un gentilizio imperiali, come C. Iulius Secundus, T. Flavius Incitatus; si trovano anche nomi non servili, ma non vi è mai l’indicazione del patronimico o della tribù di appartenenza. Alcuni avevano assunto un nome “di battaglia” che richiamava doti o qualità fisiche come Leo, Tigris, Ferox, Invictus, si erano ispirati a figure mitologiche (Castor, Diomedes, Hercules) oppure al nome di qualche gladiatore famoso (Columbus, Triumphus). Erano reclutati intorno ai 17-18 anni, vivevano fino a circa 30 anni e combattevano nell’arena non più di due volte all’anno; pochi, infatti, sono coloro che possono vantare più di venti vittorie ed eccezionali sono i casi di Massimo, del ludus di Capua, che conquista 36 corone. Alcuni riuscivano anche ad avere una famiglia: più volte, infatti, alla sepoltura del gladiatore ha provveduto la moglie, così come non mancano attestazioni di gladiatori che hanno fatto erigere la tomba per la loro compagna. Più spesso, come capitava per i soldati, erano gli amici e i colleghi che provvedevano al funerale e all’epitaffio, sul quale era riportato il nome, la categoria di appartenenza, la patria, il numero di incontri sostenuti e gli anni di vita.

Superare lo stereotipo del morituri te salutant

L’evento si propone, dunque, il fine di superare lo stereotipo del morituri te salutant come esclusivo movente dei combattimenti nell’arena e presentare quegli spettacoli tipici del mondo romano con l’aiuto delle fonti letterarie ed epigrafiche, dalle quali emerge l’importanza che ebbero, per decretarne lo straordinario successo, l’addestramento e la formazione professionale dei gladiatori.

I combattimenti tra gladiatori, offerti gratuitamente dai magistrati e perciò definiti munera, ossia doni, per gli spettatori antichi erano manifestazione di forza, di disciplina, di abilità tecnica e di coraggio, per questo motivo suscitarono il sempre crescente entusiasmo del pubblico. Si diffusero in tutte le città del mondo romano e divennero uno strumento di propaganda politico-elettorale, al punto che per la loro perfetta riuscita furono creati appositi funzionari e fu istituita una legge che vietava ai candidati di organizzare spettacoli nei due anni precedenti le elezioni. In età imperiale, a Roma, gli spettacoli divennero sempre più costosi per il numero crescente dei giorni di esibizioni, delle coppie di gladiatori e degli animali, sicché furono offerti sempre dall’imperatore con grande sfarzo e come esibizione della sua munificenza a favore del popolo.

 

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A proposito di Adele Migliozzi

Laureata in Filologia, letterature e civiltà del mondo antico, coltivo una grande passione per la scrittura e la comunicazione. Vivo in provincia di Caserta e sono annodata al mio paesello da un profondo legame, dedicandomi con un gruppo di amici alla ricerca, analisi e tutela degli antichi testi dialettali della tradizione locale.

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