La Traviata dell’OFB : eccellenza e bellezza a Benevento

“La Traviata” dell’ OFB : eccellenza e bellezza a Benevento

“La Traviata” dell’OFB a Benevento: una serata di eccellenza | Opinioni

Amore, dramma, pregiudizio, passione…poche opere hanno saputo colpire il cuore del pubblico e diventare “classici”, facendo sognare intere generazioni, mettendo in scena emozioni senza tempo, né collocazione spaziale, svelando le ipocrisie e le contraddizioni della società con una semplicità di forme unita ad una straordinaria intensità emotiva. Tra queste, un posto sul podio spetta senza dubbio a “La Traviata” di Giuseppe Verdi, opera in 3 atti tratta da “La signora delle camelie” di Alexandre Dumas figlio, su libretto di Francesco Maria Piave.

Ed è proprio “La Traviata” l’opera scelta per essere messa in scena, con coraggio e talento, sabato 28 luglio, con replica domenica 30, dall’Orchestra Filarmonica di Benevento (OFB) presso l’Hortus Conclusus.

La giornalista Melania Petriello ha accolto un nutrito pubblico per una serata carica di aspettative e di entusiasmo, definendo l’evento una “prima per molteplici aspetti”. Prima nazionale, innanzitutto, per un’opera che si è scelto in maniera inedita di allestire in un “museo a cielo aperto”, all’interno di un antico orto del convento medievale dei Padri Domenicani, in quanto già ospita di per sé un insieme di elementi scultorei dell’artista Domenico Paladino, configuranti un’unica opera compiuta che, pur tuttavia, si presta a varie interpretazioni.

Prima volta che l’Orchestra Filarmonica di Benevento è riuscita a produrre, promuovere e dirigere un’opera, dopo 4 anni di attesa, che hanno permesso all’OFB di raggiungere una maturità musicale, organizzativa ed artistica tale da organizzare una stagione varia ed in grado di abbracciare i gusti più disparati, fino al debutto con un’opera lirica che è un “piccolo atto di eroismo”, degno di quella che l’Ansa ha definito “una piccola impresa meridionale”.

Debutto di regia con un’opera che farebbe impallidire qualsiasi neofita per Maya Martini ma che la regista, componente del direttivo dell’OFB,  ha scelto di riproporre con un allestimento ossequioso della tradizione, nel rispetto della partitura originale di Verdi.

Debutto di ruolo, infine, anche per il soprano a cui è stato affidato il ruolo principale di Violetta Valery, Marilena Ruta, che, insieme al tenore Giuseppe Tommaso, nel ruolo di Alfredo Germont, al baritono Oliviero Giorutti, Giorgio Germont, al mezzosoprano Anna RussoFlora Bervoix, al soprano Ninfa RussoAnnina, ai tenori Giuseppe Vincenzo Spinelli e Gerardo Dell’Affetto nel ruolo di Gastone, visconte di Letorières, al basso Adolfo Corrado, il dottor Grenvil, al baritono Francesco Dell’Orco nel ruolo del barone Douphol ed al basso Pierpaolo Martella in quello del marchese D’Obigny, hanno conquistato il pubblico in maniera trascinante ed inequivocabile.

“La Traviata” dell’OFB

L’opera, operazione artistica estremamente complessa per la moltitudine di ruoli e di presenze che prevede, è anche uno “straordinario esercizio di lingua italiana nel mondo: uno dei motivi per cui la lingua italiana è, a livello artistico, ancora oggi parlata nel mondo è l’opera, che da centinaia di anni è patrimonio dell’umanità”, ha fatto notare Melania Petriello. Nello specifico “La Traviata”, scelta dall’OFB per il suo debutto operistico, è stata riproposta senza il sostegno di un teatro alle spalle ed ha previsto la partecipazione straordinaria del Maestro Marco Attura, come direttore d’orchestra, e la partecipazione dell’”Accademia Germogli d’Arte” di Salvatore Cordella, del “Coro Città di Benevento”, diretto dal Maestro Daniela Polito, della “Compagnia del Balletto di Benevento” di Carmen Castiello, dell’assistente alla regia Elisa Vito, del maestro collaboratore Carla D’Onofrio, di Gianluca Bocchino alle luci e di Antonio Lopopolo al trucco.

L’allestimento, altra sfida decisamente vinta, è stato realizzato in maniera minimale, armonica ma incisiva, nell’assoluto rispetto della cornice artistica delle opere di Paladino; i costumi, realizzati dalla sartoria teatrale Arrigo Costumi di Milano, sono stati resi completamente atemporali da Valentina Bianchini e Maria Cecilia Marini, forse a dare ancor più incisività alla contemporaneità dell’opera di Verdi.

“La Traviata” di Verdi

Il fascino dell’opera di Verdi, che, insieme alla “Carmen” e a “La Bohème” è la più rappresentata al mondo, è grandissimo.

Essa si basa sulla storia di Marie Duplessis, pseudonimo di Alphonsine Rose Plessis, una celebre cortigiana vissuta a Parigi ai tempi di Luigi Filippo.

Nata in un paesino della Bassa Normandia  da una famiglia molto povera, a quindici anni si trasferì a Parigi, dove la sua bellezza e la sua intelligenza le aprirono le porte del bel mondo: a soli sedici anni era la cortigiana più richiesta di Parigi. Portava sempre con sé un mazzo di camelie, bianche 25 giorni al mese, rosse gli altri 5, per indicare la sua ‘disponibilità’ ai suoi amanti. Per questo motivo fu soprannominata ‘la signora dalle camelie’. Il conte Edouard de Perrégaux, dopo esserne stato l’amante, decise di sposarla ma le ingerenze del padre di lui, che non sopportava di avere per nuora una cortigiana, misero fine all’unione. Dopo la separazione Marie si lasciò andare ad una vita disordinata: a soli 23 anni morì di tisi. Era il 1847.

Alexandre Dumas figlio, che aveva avuto una storia d’amore con lei e ne serbava un caro ricordo, le rese omaggio nel suo romanzo La signora dalle camelie. Nel 1848 pubblicò l’opera, in seguito ne ricavò un dramma per il teatro ma, per rappresentarlo, dovette attendere il 1852, a causa dei problemi che ebbe con la censura.

Giuseppe Verdi, che in quegli anni si trovava a Parigi, vide al Theàtre du Vaudeville la rappresentazione teatrale e ne rimase folgorato, prendendola a modello per la sua ventesima opera. Questo accadde probabilmente anche perché Verdi, in quel periodo, conviveva con Giuseppina Strepponi, una ex cantante lirica ritiratasi dalla scene, che dava lezioni di canto a Parigi. Verdi la condusse a vivere con sé nella sua casa di campagna ma il loro rapporto non era ben visto ed anche il suocero di Verdi, padre della sua precedente moglie defunta, provò a metterlo in guardia, ricevendo dall’artista una brusca risposta.

La prima dell’opera di Verdi non ebbe il successo sperato, probabilmente a causa dello scarso talento dei cantanti. Solo successivamente, nel 1854, dopo un’attenta selezione degli interpreti, Verdi si convinse a riproporre “La Traviata”, che questa volta suscitò una risposta ancor maggiore di quella auspicata, sia per l’originalità dello schema adottato da Verdi, sia per la storia, struggente, sia per la novità del tema, perché fino ad allora le opere avevano trattato argomenti e personaggi della storia antica.

Un trionfo per l’OFB

Lo spettacolo beneventano è riuscito a riproporre sulla scena ed in musica tutta la potenza dell’opera verdiana: dal dramma interiore che scava nelle profondità della protagonista e ne segna il destino, ai goffi scrupoli ed alle costrizioni rigide della morale ipocrita del tempo, dalla passione impossibile che divora i due protagonisti, facendoli oscillare tra ardore, dolcezza, rabbia, disperazione, all’eroismo di una donna, che si illude di poter abbandonare la sua vecchia vita di cortigiana, per poi ritornarvi, salvando in tal modo l’onore di una famiglia rispettabile, che l’ha respinta, e pagando il prezzo più alto per un “attimo di vita rubato, che l’ha resa veramente viva”, come è stato il suo amore per Alfredo.

Violetta è l’eroina indiscussa dell’opera. Marilena Ruta, splendida nella sua interpretazione e dalla straordinaria vocalità, affida al suo personaggio profondità e colore, sia quando il suo canto si avvicina ai canoni del melodramma, assai ornamentato con una melodia ricca di fioriture, che sembra essere il riflesso della maschera che indossa il personaggio stesso, sia quando il suo canto diventa strumento di narrazione. Scena emblematica in questo senso è quella che vede Violetta scrivere una lettera ad Alfredo, nella quale gli comunica che la loro relazione è terminata: il pubblico non conosce il contenuto della lettera ma la Ruta ce lo fa percepire attraverso la musica, che diventa narrazione del sacrificio che lei sceglie di compiere per il bene dell’amato.

La voce della Ruta, perfetta in ogni registro, le permette di passare con noncuranza dalle arie mondane a quelle che esprimono la passione lirica dell’amore, da quelle tese e drammatiche della scena del gioco e dell’ultimo atto all’ “Amami, Alfredo”, che inizia e termina in un battito di ciglia, dando tuttavia perfetta espressione al pathos che lo permea.

La Ruta riesce ad essere non solo convincente ma anche coinvolgente con la sua interpretazione di Violetta, di cui esprime appieno l’evoluzione nell’arco dell’opera, ed ogni suo atteggiamento, ogni sguardo, ogni carezza, ogni gesto trattenuto diventano attraverso di lei attimi eterni, in cui sembra che il tempo si fermi.

Nel confronto con Germont, scena cruciale dell’opera, il personaggio raggiunge la sua massima dimensione: nell’interpretazione della Ruta, Violetta diventa addirittura regale nella sua tragicità, nella sua rassegnazione, nella sua pena.

E da Violetta doveroso risulta il passaggio a Giorgio Germont, antagonista improprio della protagonista, soprattutto nel lungo e prosciugante duetto che sembra distruggere entrambi. Nella sua parca dignità, con il tight, il bastone col pomolo e lo chapeau claque, la schiena curva e lo sguardo perso, Giorgio Germont non è affatto un uomo malvagio, e Giorutti è stato bravissimo nel rendere questa sua caratteristica in tutta la sua malinconica semplicità, con una mimica perfetta e una grandissima padronanza vocale, che rende possibile seguire il conflitto interiore di questo personaggio, che si esprime attraverso un susseguirsi di disagio, sospetto, rigidità, inquietudine, indugi, smorzamenti, picchi emotivi, rimorsi, intervalli, che ne seguono l’imprevedibile trasformazione.

Egli è solo un padre affranto, che si fa portavoce della morale comune, intransigente nei confronti di una donna che cerca di cambiare la sua vita e totalmente iniqua nella sua cecità, ma in realtà si commuove di fronte alla bontà d’animo di Violetta e “ritorna sui suoi passi, cambia idea”, dimostrando che neanche lui crede realmente a quella morale per cui sta chiedendo un sacrificio alla giovane e per questo risulta, a sua volta, un vinto, al contrario di Violetta che, sebbene destinata ad una tragica fine, non si pente del suo amore ma si sacrifica per esso.

L’interprete di Alfredo, il tenore Giuseppe Tommaso, delinea un personaggio vibrante nella sua semplicità, nella trasparenza delle sue azioni e dei suoi ideali, convinto che l’amore può vincere su tutto: sul passato di Violetta, sulla società, sulla sua famiglia. È con intensità ed emozione che la sua voce piena ed il suo bellissimo timbro rendono partecipe il pubblico del suo imbarazzo alla festa di Violetta del primo atto, della felicità e del disagio quando scopre che Violetta sta vendendo i proprio beni nel secondo, dell’intensità della sua rabbia, quando vede Violetta con il barone e, successivamente, della disperazione al capezzale dell’amata.

Un trionfo per l’OFB ed un trionfo per “La Traviata”. Impossibile rimanere indifferenti ad uno spettacolo di tale eccellenza e di grande intensità. “La Traviata” di Benevento ha regalato al suo pubblico una serata indimenticabile, nella quale è stato possibile commuoversi, emozionarsi, sperare, illudersi, sognare.

 

 

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