Betty Boop: storia, successo e censura del primo sex symbol animato

9 agosto 1930

Il 9 agosto 1930, Betty Boop fece il suo debutto, stravolgendo per sempre l’idea di cartone animato. Nata dalla penna di Grim Natwick per i Fleischer Studios, divenne in breve tempo uno dei personaggi più iconici e controversi della storia dell’animazione, rivolgendosi per la prima volta a un pubblico adulto. Scopriamo la storia di questo personaggio e l’importanza che lo mantiene vivo ancora oggi.

L’evoluzione di Betty Boop: dalla cagnolina al sex symbol

Anno Evento chiave Caratteristiche del personaggio
1930 Debutto nel cortometraggio “Dizzy Dishes”. Aspetto antropomorfo di un barboncino francese, con lunghe orecchie e naso nero. Ruolo di spalla.
1932 Trasformazione completa nel corto “Bamboo Isle”. Diventa completamente umana. Le orecchie da cane diventano orecchini a cerchio, il naso un bottone. Diventa la protagonista.
1934 Applicazione del Codice Hays. La sua carica erotica viene smorzata. Indossa abiti più lunghi e assume ruoli più tradizionali (casalinga, zitella).
1939 Ultima apparizione nel corto “Yip Yip Yippy”. Il personaggio ha perso la sua originalità e la serie viene interrotta.

Le origini: un debutto da barboncino e le controversie sull’ispirazione

Betty Boop apparve per la prima volta il 9 agosto 1930 nel cortometraggio “Dizzy Dishes”. In questa sua prima apparizione, non aveva le sembianze umane che conosciamo: era un barboncino antropomorfo, interesse amoroso del protagonista Bimbo, anche lui un cane. La sua creazione è spesso attribuita all’attrice e cantante Helen Kane, che fece causa ai Fleischer Studios sostenendo che fosse stata caricaturata la sua immagine, incluso il suo tipico modo di cantare con la “voce da bambina” e la sua catchphrase “Boop-oop-a-doop”. Tuttavia, durante il processo emerse che la stessa Kane si era ispirata a Baby Esther, un’artista afroamericana. La causa fu persa, ma la controversia rimane un capitolo significativo della storia del personaggio.

Il successo: l’icona della flapper e la rottura con la morale

Fu nel 1932, con il cortometraggio “Bamboo Isle”, che Betty Boop assunse le sue caratteristiche umane definitive: caschetto alla moda, bocca a cuore, abito corto e giarrettiera in vista. Divenne un clamoroso sex symbol dell’ animazione cinematografica, incarnando l’archetipo della flapper degli anni ruggenti: una donna indipendente, alla moda e sessualmente libera, in netto contrasto con i valori della Grande Depressione. I suoi cartoni, spesso surreali e con sfumature jazz, affrontavano temi adulti. Il corto “Minnie the Moocher” (1932), ad esempio, la mostra come un’adolescente moderna che scappa di casa e affronta i pericoli della città, una metafora del degrado urbano dell’epoca.

La censura del Codice Hays e il declino del personaggio

La carica erotica esplicita di Betty Boop provocò il malcontento del pubblico conservatore, abituato a un’animazione popolata da animali parlanti e innocui. Nel 1934, con la rigida applicazione del Codice Hays, un insieme di linee guida che imponeva una severa censura morale sulle produzioni cinematografiche, gli autori furono costretti a ridimensionarne l’audacia. Come documentato da fonti storiche come l’enciclopedia Britannica, il suo iconico vestito fu allungato e le fu dato un ruolo più convenzionale da casalinga o zitella. Questa censura snaturò il personaggio, portando al suo declino. L’ultimo film risale al 1939. Nonostante il breve periodo di gloria, Betty Boop è entrata nella storia: il suo successo e il suo declino sono legati al coraggio di essersi rivolta per la prima volta a un pubblico adulto.

Fonte dell’immagine per “9 agosto 1930, Esordio di Betty Boop”: https://snl.no/Betty_Boop

Articolo aggiornato il: 19/09/2025

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