Dopo 58 anni di assenza, un rappresentante di Damasco torna a sedere tra i banchi del Palazzo di Vetro: l’ex jihadista, e ora leader riconosciuto della Siria, Al-Jolani, cattura l’attenzione globale all’ONU.
Era lo scorso dicembre quando l’ultradecennale guerra civile in Siria subiva una svolta improvvisa con la caduta di Bashar al-Assad e del suo regime, e l’ascesa al potere dell’ex Al Qaida, Al-Jolani. Una figura non del tutto sconosciuta alle cronache internazionali: sulla sua testa pendeva da tempo una taglia da ben 10 milioni di dollari, revocata solo di recente, dopo il riconoscimento del suo governo.
Chi è il presidente della Siria Al-Jolani
La storia di Aḥmad Ḥusayn al-Sharaʿ, noto come Al-Jolani e oggi come Al-Sharaa, originario delle alture del Golan, si intreccia da oltre 25 anni con la politica mediorientale e occidentale, come analizzato da diversi istituti di politica internazionale, tra cui l’autorevole ISPI (Istituto per gli Studi di Politica Internazionale).
Dalla tradizione familiare laica alla deriva estremista
Nato a Ryad, in Arabia Saudita, nel 1982, in una famiglia borghese e laica siriana, Al-Jolani prende ben presto le distanze dai suoi cari, abbracciando il jihadismo in giovane età e radicalizzandosi definitivamente in seguito agli attentati dell’11 Settembre 2001. Lascia, così, l’università per trasferirsi, nel 2003, in Iraq, dove si unisce ad Al Qaida per combattere contro gli Stati Uniti.
Arrestato e detenuto dagli americani, dopo il rilascio, nel 2008, torna alla lotta armata sotto la protezione del noto terrorista Abu Bakr al-Baghdadi.
La creazione di Al Nusra
Con lo scoppio del conflitto civile in Siria nel 2011, per contrastare il regime di Assad, Al-Jolani dà vita a un nuovo gruppo armato, Al Nusra, che avrebbe dovuto fungere da cellula di Al Qaida a Damasco.
Quando Al-Baghdadi invoca, però, l’unione delle ramificazioni irachene e siriane di Al Qaida, dando vita all’ISIS (sigla di Islamic State of Iraq and Syria), Al-Jolani si oppone, prendendone le distanze.
Il Fronte Al Nusra combatterà contro lo stesso ISIS e contro le truppe di Assad anche al fianco dell’Esercito Siriano Libero (composto perlopiù da ribelli).
La fine della guerra civile e la presidenza
Con l’evoluzione degli equilibri regionali, Al Nusra confluisce nell’HTS (Hay’at Tahrir al-Sham, “Organizzazione per la liberazione del Levante”). Di origine sunnita salafita, il gruppo è stato più volte accusato di violazioni dei diritti umani e di crimini di guerra.
Nel 2024, l’HTS guidato da Al-Jolani lancia un’offensiva che porta alla conquista di Aleppo, alla caduta di Damasco e alla fuga di Assad in Russia. Al-Jolani diventa, dunque, leader de facto del nuovo ordine siriano. L’ufficializzazione avviene a gennaio 2025, quando assume la presidenza con il nome di Al-Sharaa, guidando una Siria ancora frammentata.
L’intervento di Al-Jolani all’ONU
La revoca della taglia da 10 milioni di dollari e il visto rilasciato dagli Stati Uniti aprono le porte al ritorno della delegazione siriana a New York.
Prima del discorso al Palazzo di Vetro, Al-Jolani è impegnato in vari incontri istituzionali e informali. Tra gli appuntamenti spiccano il faccia a faccia con l’ex direttore della CIA, David Petraeus, e quello con vari leader, tra cui la nostra Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni.
Particolarmente significativo il colloquio con Petraeus, che sottolinea con ironia quanto sorprendente sia ritrovarsi a discutere pacificamente con chi un tempo era “sullo schieramento opposto”. L’episodio mette in luce il paradosso di un uomo che passa in pochi anni da ricercato internazionale a interlocutore legittimato nelle sedi globali.
Il discorso al Palazzo di Vetro
L’80ª Assemblea Generale dell’ONU è dominata dal tema palestinese, con il controverso discorso del premier israeliano, Benjamin Netanyahu, davanti a un’aula semivuota, in segno di protesta per la devastante offensiva su Gaza.
Anche l’intervento di Al-Jolani cattura l’attenzione: il leader siriano rivendica il ritorno del suo Paese al Palazzo di Vetro dopo quasi 60 anni e delinea la sua visione per la Siria post-Assad. Nel suo discorso, carico di richiami religiosi, definisce la vittoria sull’ex presidente come “il trionfo del bene sul male” e annuncia la volontà di perseguire i crimini commessi contro il popolo siriano.
Non manca la stoccata a Israele, accusato di occupare ancora territori siriani e di proseguire con i bombardamenti, oltre a pretendere la smilitarizzazione di alcune aree strategiche.
Al-Jolani sottolinea come questi attacchi compromettano la stabilità di un Paese che deve ancora affrontare una fase cruciale di ricostruzione, con inevitabili ripercussioni su tutta la regione mediorientale.
Il neopresidente invoca inoltre la revoca delle sanzioni che soffocano l’economia siriana, ricordando che dopo mezzo secolo di dittatura e decenni di guerra la popolazione ha bisogno di ossigeno per rialzarsi.
Pur adottando un atteggiamento rassicurante e istituzionale, le sfide che lo attendono restano enormi: minoranze etniche e religiose in costante apprensione, violenze settarie mai del tutto sopite, rapporti fragili con i vicini regionali. La Siria di Al-Jolani si trova così a un bivio delicatissimo tra ricostruzione e nuove fratture.
Dall’accusa di terrorismo alla legittimazione politica
Con il suo ingresso ufficiale al Palazzo di Vetro, Al-Jolani all’ONU diventa simbolo di un nuovo equilibrio internazionale, dove realpolitik e necessità strategiche prevalgono su giudizi morali e memorie recenti.
Il percorso del leader siriano mostra il valore strumentale dell’accusa di terrorismo, utilizzata dalla politica internazionale per conferire o negare legittimità a leader e movimenti che si frappongono agli interessi delle grandi potenze globali.
Gli equilibri geopolitici dei prossimi anni dipenderanno dalla capacità — o dall’incapacità — di distinguere tra giustizia e interesse, tra sicurezza collettiva e calcolo di potere.
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