Sabato 28 giugno il FLIP, il Festival della Letteratura Indipendente di Pomigliano d’Arco, ha ospitato la presentazione di Gente alla buona, l’ultimo libro di Mattia Grigolo.
Il FLIP è giunto al termine della sua quinta edizione, elaborata intorno alla parola esplorazioni. A partire dalla giornata introduttiva del 26 giugno, dedicata agli attraversamenti, l’esplorazione è stata declinata su più fronti, come la necessità di trovare una rotta nella propria vita (orientarsi), di ripartire e lasciare ciò che veniva considerato un punto d’approdo (reinventarsi) o la capacità di vivere il nascosto, l’invisibile (invisibilia).
Mattia Grigolo e il reinventarsi
Per il filone reinventarsi, sabato 28 giugno è stata organizzata la presentazione di “Gente alla buona” (Fandango, 2024), l’ultimo libro scritto da Mattia Grigolo. Nato e cresciuto nella provincia milanese, Grigolo si trasferisce a Berlino, dove da dieci anni lavora nel settore culturale. Nel 2022 ha esordito con il romanzo breve “La Raggia” (Pidgin Edizioni). Nel 2023 è uscita “Temevo dicessi l’amore” (TerraRossa Edizioni), la sua prima raccolta di racconti. In “Gente alla buona”, Grigolo racconta in salsa noir la provincia italiana, la vita di paese, fatta di genitori legati alla terra e di figli che la lasciano.
Gente alla buona al FLIP 2025
“In un paese della Bassa padana vivono tre amici a un passo dall’adolescenza ma ancora bambini, Brando, Sara e Larcher. Prima di loro ci sono tre adulti, che sono i loro padri, che ugualmente sono amici, il Toni, Sander e Marione. Di generazione in generazione il paese stringe legami, crea famiglie, i figli crescono insieme come hanno fatto i padri, in attesa di imparare i ritmi della vita adulta e proseguire la catena. Solo che nel Natale del 1995 qualcosa si rompe, perché i ragazzini erano quattro, l’ultimo vertice di un quadrato diventato triangolo era Mighè, ma il figlio di emigrati dal Sud muore in modo tragico e poco chiaro”. Si sviluppa una storia su più piani temporali, legati dal segreto e dalla ricerca, dove a fare da protagonista non sono i personaggi in sé ma il paese quale luogo definito e chiuso.
A moderare l’incontro e a dialogare con l’autore è stata Mariana Branca. Secondo quest’ultima, “Gente alla buona” possiede un suono preciso, distinto, tipico di “un qualcosa lasciato a macerare”. In questo processo, emerge un paese che soffre, conscio di star sparendo sotto i colpi del tempo. Gli abitanti si consumano in loro stessi e soffrono coralmente. L’immagine che restituisce il dialogo, e per estensione il libro, è quella delle rovine, delle macerie, tipiche di un luogo incapace di rinnovarsi. Secondo Mattia Grigolo, infatti, a reinventarsi non sono tanti i luoghi quanto le persone che li abbandonano per trasferirsi altrove.
Il destino della provincia
Si lascia così quel luogo chiuso, autoreplicante e poco incline al confronto col diverso, per abbracciare nuovi orizzonti e aprirsi al mondo. L’autore lo descrive come un processo non privo di difficoltà e resistenze, paragonandolo a un’armatura che pezzo dopo pezzo si stacca e cade sviluppando allo stesso tempo un sentimento di nostalgia. È una strada sempre più frequentemente percorsa dalla provincia e dai suoi abitanti, in un processo non limitato territorialmente a qualche realtà precisa ma all’intero tessuto sociale italiano, storicamente legato a esperienze di prossimità. In questo equilibrio tra partenza e resistenza non va sottovalutato quello che può essere definito effetto elastico, quindi il ritorno dopo aver cercato di riempire le proprie mancanze e quelle del paese.
Crediti immagine: archivio personale