L’abusivismo edilizio è un problema in molti paesi ma in Egitto sta assumendo dimensioni enormi. Un esempio è dato dal crollo di un palazzo nel quartiere “Azarita” di Alessandria d’Egitto. Il 31 maggio (o il 1 giugno, le notizie sono discordi) un palazzo di tredici piani si è inclinato al punto da schiantarsi nell’edificio antistante.
Miracolosamente non vi sono stati né morti né feriti e i due edifici sono stati evacuati. Il palazzo crollato, una sorta di “torre pendente” alessandrina, è rimasto in tale stato per 21 giorni finché non è stato demolito da squadre dell’esercito: queste hanno affermato che è stata una delle demolizioni più difficili che abbiano mai affrontato. Secondo i residenti il palazzo è diventato instabile dopo il crollo di un edificio vicino che fungeva da supporto: la “torre pendente” era stata costruita come edificio di quattro piani, aumentati poi a tredici.
Secondo l’Egypt Indipendent l’edificio era stato costruito nel 2002 e già nel 2004 era stato oggetto di un’ordinanza di demolizione per motivi di sicurezza, mai eseguita. Ora i residenti sono stati sfollati in una vicina moschea, con un sussidio per provvedere ad un alloggio temporaneo e 21 case sono state finora assegnate ai coinvolti nel crollo.
La “torre pendente” di Alessandria d’Egitto
Questo crollo è però solo la punta di diamante dell’emergenza edilizia egiziana. Secondo il Built Environment Observatory, gruppo di ricerca egiziano, ogni anno in Egitto ci sono circa 400 crolli, con 200 morti e 800 famiglie sfollate: nella sola Alessandria d’Egitto si stima che gli edifici non sicuri siano oltre 14,000.
Le cause di questo disastro vanno ricercate nella corruzione e nell’aumento della domanda di alloggi. Da un lato la popolazione è in crescita e ciò porta ad un aumento della domanda, inoltre spinge anche gli abitanti ad ignorare eventuali illegalità pur di avere una casa. La causa principale è però la corruzione, anche secondo fonti interne agli ispettori edili governativi. In Egitto le normative sull’edilizia esistono e sono anche piuttosto stringenti, ma non vengono applicate. In particolare capita che, spesso dietro mazzetta, i funzionari decidano di infliggere una multa al proprietario dell’edificio non a norma piuttosto che emettere un’ordinanza di demolizione.
Il proprietario così ripaga la multa con i soldi derivanti dall’affitto dei piani abusivi e in caso di disastri la responsabilità è del un cosiddetto kahool, un prestanome con nulla da perdere che figura come proprietario dell’edificio in cambio di denaro. Nonostante la risonanza del caso della “torre pendente” d’Alessandria d’Egitto sono però in molti a credere che non cambierà niente e che continueranno ad accadere episodi simili.
Francesco Di Nucci