Una camicia a quadri, un paio di jeans e un codino. Una chitarra e una voce intima, quella di Claudio Domestico, in arte Gnut. Ieri, 23 maggio, tra il velluto rosso e i palchetti dello storico Teatro Sannazaro di Napoli, si è consumata una serata interessante, che più che un concerto, sembrava una chiacchierata tra amici. A renderlo possibile la semplicità del cantautore napoletano, che, con timidezza e simpatia, impugnando la sua chitarra, Ciaccarella, che, a occhio e croce, ha cinquant’anni, non ha soltanto cantato i suoi pezzi, ma ha raccontato cosa ci fosse dietro le parole e le note che lo hanno reso noto e tanto amato tra i giovani, e non solo. E così, ci ha fatto entrare nella sua stanza, ci ha portato sul suo letto, dal quale, mentre fuori pioveva a dirotto, è dovuto scappare perchè si stava “scrivendo sotto”. Ha raccontato tanti aneddoti, storie di vita familiare, nonni “cantanti” e nonne “manager”, amicizie. Perchè è vero che l’arte e la musica nascono così, per strada, nutrite dalla vita che ci capita, mentre nemmeno ce ne accorgiamo.
Gnut, chitarra e cuore sul palco
La prima parte del concerto, ha visto Gnut cantare e suonare accompagnato dalla sua band, e poi, in solitaria, nei suoi “never green”. Pezzi che raccontano la nostra generazione, sogni, speranze, delusioni. Pezzi in cui è facile scorgersi e riconoscersi, in nome di quei sentimenti semplici e universali che Claudio mette in musica, come l’amore.
E proprio il parlare dell’amore ha risucchiato sul palco un ospite speciale, l’amico e poeta Alessio Sollo e la sua verve inconfondibile. A ritmo di battute e risate complici su quell’amore, che, a detta di Sollo, “se l’avessa fa nu’ poco con l’amicizia e dovrebbe imparare qualcosa da questa“, è partita la canzone L’ammore over, una delle quattro perle dell’EP Hear My Voice, nato proprio dall’incontro fortunato tra la musica di Gnut e le parole di Sollo. Ambizioso progetto registrato alla fine del 2017 in uno studio a Cevennes, in Francia. Con una timbrica che rimanda a nomi come Elliot Smith e Bon Iver, vi prendono vita sono storie d’amore, tradimenti, serenate e il fascino inconfondibile di una città come Napoli che fa da irrinunciabile scenario. Immancabile la presenza di altri nomi noti agli amanti del genere, come Andrea Tartaglia e Roberto Colella, che, uniti in un abbraccio, prima ancora che in un coro, hanno chiuso una di quelle serate che dovrebbero ripetersi più spesso, che ti fanno capire quanto di bello può fare la musica quando va oltre la musica stessa.