In un’epoca segnata da spopolamento e desertificazione culturale, soprattutto nei piccoli centri, i presidi come la BAM! e lo SteamPort rappresentano ancore di salvezza. Sono i fari dell’aggregazione, i luoghi dove nascono idee e si costruisce comunità. Dove i semi di arte e cultura trovano riparo e spazio per sbocciare. Per questo, la notizia che proprio questi due poli vitali di Sapri siano costretti a fermarsi suona non solo come una beffa, ma come un preoccupante segnale di miopia amministrativa. Il tutto, per far spazio a un progetto di “rigenerazione urbana” che, paradossalmente, come prima mossa mette alla porta chi, quel tessuto sociale, lo anima da anni.
‘Ci vediamo alla BAM! tra 15 minuti’: cronaca di una chiusura annunciata
L’epilogo di questa vicenda surreale è arrivato con la freddezza di una burocrazia che non guarda in faccia a nessuno. A raccontarlo è Massimo Ferrara, uno dei responsabili della BAM!: «dopo due anni di richieste di accesso agli atti e garanzie scritte negate, ricevo una telefonata da un dipendente comunale: ‘ci vediamo fra 15 minuti alla BAM! che iniziamo i lavori’. È andata proprio come mi aspettavo: un giorno all’improvviso, con il vano tentativo di parlare con una serie di persone nascoste dietro un grande foglio di carta, troppo impegnate a capire come iniziare il prima possibile».
Su quel foglio, spiega Ferrara, c’è il progetto che prevede la demolizione di quasi tutti gli edifici dell’area, per far posto a nuove case-bottega. «tutti gli edifici, tranne la BAM!, la cui demolizione è stata scongiurata. La stessa sorte non è toccata allo SteamPort e allo SteamForge, costole della BAM!, che invece andranno giù insieme al resto». Una magra consolazione che non cancella la desolazione per la perdita di spazi fondamentali e la totale incertezza sul futuro.
Sopravvivere tra le macerie: il futuro incerto per la BAM! e la cultura
Le rassicurazioni verbali del sindaco Antonio Gentile, infatti, non bastano più. La comunità e le associazioni chiedono atti formali, non promesse destinate a svanire. «ad onor del vero, grazie a una di queste promesse l’edificio della BAM! rimarrà in piedi», ammette Ferrara, «ma non abbiamo ottenuto niente riguardo a richieste di co-progettazione e garanzie per l’affidamento futuro degli spazi».
Il risultato? Un disastro per la programmazione e la sostenibilità delle attività. «nel bel mezzo dell’estate ci ritroviamo con un cantiere di demolizione tutt’intorno, con polvere e detriti al posto dei nostri concerti, proiezioni e talk. Per il futuro sarà primario avere garanzie scritte sul riaffidamento degli spazi». L’intenzione è quella di delocalizzare gli eventi, magari nel giardino pubblico richiesto al Comune, ma la sopravvivenza economica è a rischio. I servizi offerti in sede garantivano l’autosostentamento; ora, per andare avanti, si è dovuto riattivare il crowdfunding.
Ma perché questa chiusura è una ferita così profonda per Sapri? Ferrara lo spiega senza giri di parole: «la BAM! è un baluardo culturale del basso Cilento da quando ero ragazzino. È l’unica sala prove in zona, offre una programmazione d’avanguardia. Ma il vero cuore sono le persone: abbiamo un’utenza che va dai 15 ai 70 anni. Qui si parlano linguaggi inclusivi, si pratica autogestione, si dialoga su pratiche alternative dello stare bene».
È questo che l’amministrazione sembra non capire. Non si tratta di sgomberare quattro mura, ma di mettere a tacere un motore di cittadinanza attiva e di coesione. Un processo che, come sottolinea con orgoglio Ferrara, «si è messo in moto più di 10 anni fa e ormai trama all’interno delle vie cittadine in maniera ecosistemica». Un processo che, nonostante tutto, non si può arrestare con una ruspa. Ma lasciarlo senza casa è un pessimo segnale, un vuoto che Sapri non meritava.
Foto di Cosimo Di Giacomo