Uno dei temi che ha spaccato in due il dibattito accademico internazionale è quello della Guerra fredda. Questa ha rappresentato la cornice politico-sociale dentro cui si sono sviluppate le dittature civico-militari in Sud America. Gli Stati Uniti, spaventati dall’avanzata del comunismo nel continente, sostennero regimi che si presentavano come antagonisti dell’Unione Sovietica. In questo senso, la logica della “sicurezza nazionale” giocò un ruolo cruciale: fu una giustificazione per politiche autoritarie che miravano a sopprimere ogni forma di dissenso.
La sovversione interna veniva considerata una minaccia enorme nei confronti del capitalismo: studenti, sindacalisti, giornalisti e oppositori politici furono, attraverso tecniche illegali, catalogati come nemici interni da neutralizzare. Dunque, la guerra controinsurrezionale non si limitò solo all’aspetto militare, ma coinvolse anche la società civile, trasformando il dissenso in pericolo e la repressione in un atto normalizzato.
Brasile, Cile, Uruguay e Argentina: laboratori della repressione
Molti paesi del Sud America vissero situazioni diverse. Tuttavia, il fattore comune delle dittature civico-militari fu la violazione sistematica dei diritti umani. In paesi come il Brasile, la dittatura, cominciata nel ’64, impose una censura sulla libertà di pensiero e una persecuzione degli oppositori politici con due principali metodi oppressivi:
- Torture
- Incarcerazioni arbitrarie
In Cile, il colpo di Stato del 1973 guidato da Augusto Pinochet rovesciò Salvador Allende e inaugurò un vero e proprio regime di terrore: migliaia di persone furono uccise, torturate o fatte sparire.
L’Uruguay, pur avendo dimensioni territoriali ridotte, si trasformò in una delle società più militarizzate del mondo, registrando tassi altissimi di incarcerazione politica.
L’Argentina, infine, è ricordata per la cosiddetta “guerra sporca”, una delle esperienze più drammatiche a livello internazionale: circa 30.000 desaparecidos rappresentano tutt’ora una piaga per tutta l’umanità.
La conseguenza fu l’esilio politico: decine di migliaia di intellettuali, artisti e attivisti furono costretti a lasciare il proprio paese. Queste azioni contribuirono, tuttavia, a diffondere nel mondo la denuncia delle violenze. Le comunità di esuli divennero infatti cruciali simboli di resistenza culturale e politica.
Politica estera e solidarietà transnazionale
Le dittature civico-militari in Sud America non furono eventi isolati, ma erano ben orchestrate attraverso una rete di “solidarietà militare”, con l’approvazione di grandi Paesi come gli Stati Uniti d’America: Henry Kissinger ne fu un esempio lampante.
Nella pratica, molte dittature militari cooperarono secondo il cosiddetto Piano Condor: una terribile operazione coordinata tra Cile, Argentina, Uruguay, Paraguay e Brasile con lo scopo di eliminare, torturare e far sparire gli oppositori politici anche oltre i confini nazionali. Questo piano fu la dimostrazione pratica della dimensione transnazionale della repressione, un’alleanza del terrore che segnò profondamente la politica estera dell’epoca.
In parallelo, si sviluppò una rete di solidarietà internazionale. I protagonisti principali furono organizzazioni non governative, chiese, comitati per i diritti umani e istituzioni (come Amnesty International). Questi si mobilitarono per denunciare le violazioni e sostenere la resistenza per la democrazia.
I rapporti di queste organizzazioni furono un tassello importante nel costringere i regimi a confrontarsi con una crescente pressione esterna.
Di conseguenza, la politica estera delle dittature (incentrata su relazioni militari e commerciali con gli Stati Uniti e alcune potenze occidentali) iniziò progressivamente a incrinarsi sotto il peso delle denunce internazionali.
Il ritorno alla democrazia e la difficile memoria storica
A partire dagli anni Ottanta, ci furono vari eventi che segnarono il Sud America:
- Crisi economiche
- Mobilitazioni popolari
- Mutamenti geopolitici
Tutto ciò segnò l’inizio della fine delle dittature civico-militari in Sud America. In Brasile, la campagna per le elezioni dirette rappresentò un passo decisivo verso la transizione democratica.
In Argentina, la sconfitta nella famosa guerra delle Falkland/Malvinas accelerò il crollo del regime.
Altri Paesi, come il Cile e l’Uruguay, seguirono percorsi graduali, con referendum e negoziati che portarono al ritorno della politica democratica.
Tuttavia, il ritorno alla democrazia non cancellò il passato. L’elaborazione della memoria storica si è rivelata un processo estremamente difficile. Un passo importante fu l’istituzione delle commissioni per la verità, nate in diversi paesi per cercare di dare un volto e un nome alle vittime, ma che incontrarono ostacoli enormi.
Chiaramente, il tema dei desaparecidos e delle responsabilità militari e civili divide ancora oggi le società del Cono Sud, combattute tra la ricerca di giustizia e le spinte alla riconciliazione.
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